Stamattina stavo leggendo il libro di Tristram Stuart, Sprechi. Non l'ho ancora finito per fare una recensione, ma il capitolo che scorreva sotto i miei occhi mi ha colpita e riportata ad una realtà dalla quale ultimamente mi ero un po' tanto discostata.
Poi, per la infallibile legge della sincronicità, ricevo un messaggio da bibi e leggo un post del suo bellissimo blog. Il post ( http://correndomiincontro.blogspot.com/2010/05/con-questo-post-mi-rendero-decisamente.html) in questione mi ha riportata alle considerazioni di stamattina, e cioè: quanto facciamo in rapporto alla indignazione/compassione/partecipazione che le notizie che leggiamo o guardiamo o sentiamo suscitano in noi?
Quanto in realtà la spinta emotiva che abbiamo si tramuta in azioni concrete?
E veniamo a quanto ho letto: le analisi che Stuart fa sugli sprechi alimentari (nel capitolo in questione si parla di sprechi casalinghi e al dettaglio, e non industriali), sono agghiaccianti. "Se si sommano i cereali come grano, riso e mais usati per produrre la carne e i prodotti caseari che negozianti, ristoratori e famiglie inglesi buttano via, ci sarebbe abbastanza cibo per sfamare 1,5 miliardi di persone, un numero superiore al totale dei malnutriti del pianeta".
In pratica, solo gli sprechi di due nazioni sfamerebbero il mondo intero.
A fronte di questa notizia sconcertante, e alla quale ognuno di noi partecipa nel suo piccolo quando fa la sua pulizia periodica di frigorifero e dispense, cosa possiamo fare noi?
Mi rendo conto che, come dice il blog succitato, molti potranno sgranare gli occhi allibiti e non credere a ciò che leggono, altri impressionarsi, altri partire lancia in resta per fermarsi poco prima della porta di casa. Molti pochi inizieranno un percorso di revisione delle risorse che hanno si a propria esclusiva disposizione ma che in realtà sono beni dell'umanità intera.
Ma per tornare al concreto, cosa possiamo fare?
Potremmo, ad esempio, comprare meno, comprare più spesso. Quando da bimba facevo le vacanze scolastiche, io mamma e nonna andavamo 4/5 giorni su sei al mercato, comprando lo stretto necessario per il pranzo, la cena, ed eventualmente i soli pasti del giorno successivo: non avanzava quasi niente e in più mangiavamo sempre cibo freschissimo. Mi rendo conto che fare la spesa tutti i giorni è poco applicabile in una società come la nostra, ma prima di arrivare a chiedere di lavorare meno ore rispetto alle 12 minimo che il sistema pretende da noi, potremmo ricorrere a piccole astuzie che ci faciliterebbero la vita.
Per esempio, chiedere a parenti e amici che ci abitano vicini di fare a turno per andare al mercato la mattina. Se siamo sfortunati con parentele e amicizie, organizzare con i vicini di casa la stessa cosa. Potrebbe essere anche un modo per socializzare e allentare eventuali tensioni, e sviluppare in embrione piccole forme di co-housing.
Potremmo comprare cibo sfuso, da prendere a peso e non confezioni già pronte (e piene di inquinantissimo packaging) e sovradimensionate.
Potremmo cucinare porzioni leggermente più piccole di cibo, che alzi la mano chi non ha avanzi a fine pasto.
Potremmo prendere in considerazione l'idea che per avere sulle nostre tavole un chilo di carne edibile, c'è bisogno di 22 chili di grano: solo questo ci farebbe capire quanto è sproporzionata la resa delle proteine animali in termini di consumo di risorse terrestri, e magari indurci a mangiare una volta di meno quella bistecca sanguinolenta (fonte proporzioni: agireora)
Potremmo cucinare il cibo più vicino alla scadenza invece di quello fresco comprato giusto due minuti fa, e conservarlo in frigo magari per un altro giorno.
Sono tanti i piccoli e grandi gesti che possiamo fare, non c'è giustificazione per coloro che, leggendo questa lista tutt'altro che completa, decidono che "in fondo da solo cosa posso fare?".
Quindi, per una volta, pensiamo a tutta quella gente che muore di fame mentre noi abbiamo il problema dell'eccesso di rifiuti, facciamo lavorare la nostra coscienza in maniera concreta e AGIAMO.