Poi è diventato, per la costituzione, un popolo di lavoratori, per trasformarsi gradualmente in un popolo di allenatori di calcio, politici da salotto, radicalchic, opinionisti.
Da qualche anno però, siamo diventati anche il popolo dei facebookers, e iconizziamo le nostre vite attraverso infiniti scatti/autoscatti da tramandare ai posteri. Vista la qualità media, potremmo solo tramandarla ai nostri posteriori...
Comunque sia...chiunque di noi sì è fatto almeno un selfie o ha messo una sua foto su una qualsiasi piattaforma web, in questo non c'è nulla di strano; la cosa interessante da notare non è tanto la foto in sé, che potrebbe essere un capolavoro artistico come una cagata pazzesca, quanto il "backstage" che spesso si nasconde dietro troppi, numerosi sorrisi di plastica.
Quando qualcuno sorride, non si limita a tirare in su le labbra e mostrare i denti: quello lo sanno fare anche gli animali, che utilizzano i nostri stessi muscoli appositamente per mostrare le aguzze armi che hanno in bocca e trasmettere aggressività. Se ci fate caso, in molte foto che vediamo (di selfie o meno) possiamo riconoscere un sorriso finto semplicemente dal fatto che chi lo "regala" al mondo arriccia il naso e mostra i denti: esattamente come fa un animale in procinto di attaccare o che sta portando avanti una minaccia.
Ci sono persone che riempiono i loro spazi virtuali con queste foto terribili, che mettono paura e che le rendono più simili a degli squali piuttosto che alle persone felici e spensierate che vorrebbero apparire.
Ho visto foto con sorrisi talmente disperati da farmi salire le lacrime, con occhi che facevano trapelare l'inferno ma con la bocca all'insù.
Ma nella netiquette dei social network, falsa proprio come la serie di regole che ci portiamo appresso nel mondo fisico, ci affrettiamo a mettere i nostri like per compiacere il prossimo. Quel prossimo che, una volta scattato il selfie o fattosi fare la foto, ritorna nel suo mondo assolutamente diverso da quello che si è dipinto come "immagine di copertina" (o di facciata).
C'è una frase, attribuita a Benigni, che desidero riportarvi:
"Ridi sempre, ridi. Fatti credere pazzo, ma mai triste. Ridi anche se ti sta crollando il mondo addosso, continua a sorridere. Ci sono persone che vivono per il tuo sorriso e altre che rosicheranno quando capiranno di non essere riuscite a spegnerlo"
Se posso permettermi, e con tutto il rispetto per Benigni, questa è una clamorosa, emerita, gigantesca stronzata.
Una stronzata creata dai condizionamenti che la cultura ci impone: è così brutto, quando siamo tristi, se gli altri scorgono il nostro vero stato d'animo? Magari potrebbero darci una mano, aiutarci se capiscono che abbiamo un problema.
E' meglio un sorriso mostruoso, che essere sé stessi una volta tanto?
Ma soprattutto, siamo proprio sicuri che chi ha spento il nostro sorriso sià lì a rosicare e a vedere quelli finti che propiniamo per facciata?
Non sarebbe meglio essere onesti, ogni tanto?
Il sorriso di una persona è sacro, è la conseguenza di uno stato d'animo positivo, di un'idea brillante, di una battuta appena sentita, di un'emozione che accende il cuore. Il sorriso di un essere umano viene da dentro e porta fuori queste sensazioni: gli occhi si illuminano, il viso si distende, e i denti mostrati appaiono come un invito alla pace piuttosto che all'attacco.
Il sorriso vero contagia chi ci sta intorno, e lo riconosciamo subito.
Ma per "educazione" e condizionamenti culturali, accettiamo anche quelli finti che "non sta bene far notare le cose che stonano".
E' meglio un sorriso vero ogni cento anni che diecimila sorrisi finti ogni tre secondi.
E' meglio una singola foto che cattura la nostra attenzione delle tante che cercano di ostentare ciò che non si ha dentro.
Chi si scatta foto con finti sorrisi, avvelena anche te.
Se non hai il coraggio di dirgli di smettere, abbi la dignità di non compiacerla con dei pietosi like.