sabato 28 novembre 2009

Un pasto di ordinaria follia

Devo ringraziare uno di quei raptus che colgono noi donne più o meno una volta al mese se ieri a pranzo sono entrata in un famoso fast food. Il mio istinto (?) mi ha spinta verso il trash, dovevo riempire il mio corpo di robe che terrò in corpo per almeno una settimana, vista la difficoltà che avrà il mio sistema digestivo a smaltirle. Così almeno ci sarà qualcosa a farmi compagnia durante la "settimana santa".

Arrivo alla cassa, sperando di trovare un pasto (leggasi panino) vegetariano che ovviamente non c'era, prendo un hamburger e patatine.

Il primo morso dell'hamburger è stato terrificante. Giuro. Un bolo di carne non ben identificata mischiata a insalata, pomodoro e salsa mi è arrivato in bocca e poi in gola graffiandomi. Acidissimo, il sapore più rancido che abbia mai provato ultimamente; senza voler esagerare, mi ha provocato la stessa sensazione di bruciore del vomito a stomaco vuoto. Una persona normale avrebbe buttato il panino, ma oggi la mia razionalità e il mio istinto sono andati a farsi benedire. Io invece mi sono fatta dominare dal marketing e dall'industria degli aromi, e dopo il primo cloridrico morso, inspiegabilmente il panino ha iniziato a cambiare sapore, ed è diventato gradevole. Tanto ha potuto quel mix, che alla fine e nonostante tutte le mie elucubrazioni etiche (stavo mangiando carne, e carne più che sfruttata, stavo mangiando cibo ecocida, stavo contribuendo ad inquinare il mio corpo per i prossimi sei giorni e il mondo per molto altro tempo), panino e patatine sono scomparsi.

Credo che il meccanismo  scattato nella mia mente e dentro la bocca non sia stato un caso; il fenomeno fast food è stato analizzato e rianalizzato in decine di ottimi libri (fast food nation, i figli di Mc Donald's, ecocidio, supersize me, eccetera), e non è necessario fare retorica su un argomento tanto sviscerato. Ma ritengo che per mangiare un certo tipo di cibo molto conta la strategia alimentare che c'è dietro le cucine (e dentro i laboratori).

La cucina dei fast food è ricca di esaltatori di sapidità e di aromi artificiali o naturali estratti artificialmente decisamente invitanti(Schlosser nel suo Fast food nation lo racconta egregiamente in un capitolo).

Come ho avuto modo di verificare oggi di persona, l'ingrediente principale di un fast-menu è il sale. Un panino ne contiene 2,6 grammi (che rappresenterebbe il 52% della dose giornaliera raccomandata), una confezione medio-piccola di patatine 2,2 gr (il 44%).

Un panino e una dose di patatine raggiungono la soglia strepitosa di 4,8 gr di sale, che è la percentuale massima giornaliera raccomandata per un adulto. Per non aggiungere poi lo zucchero della bibita (più o meno l'equivalente di 10 zollette di zucchero, 39 gr http://www.sugarstacks.com/) e l'acido ortofosforico che bene non fa assolutamente.

Attenzione però, abbiamo detto dose raccomandata per un adulto, ma anche qui sarebbe da specificare "consumare con estrema moderazione junk food ed evitare di arrivare a consumare ogni giorno 5 gr di sale".

E se fosse un bambino a mangiare questo cibo? E se il bambino lo consumasse, mettiamo il caso, una volta a settimana?

Rischieremmo di ritrovarci con futuri ipertesi, futuri diabetici, e con palati precocemente sfioriti e bruciati dal sale e dallo zucchero.

Proseguo con l'analisi del mio caro menù, e noto che il panino contiene 27 gr di grassi (ritengo per la maggior parte saturi in quanto provenienti da carne, similformaggio e salse) e le patatine addirittura 28 (tutti saturi o comunque rifritti). Cioè, l'82% di grassi giornalieri.

Mi sembra strano che nell'analisi del panino e delle patatine non sia menzionato lo zucchero, ma sono sicura (visto il sapore estremamente dolce) che almeno nel pane lo zucchero ci sia.

 

Insomma, con un solo pasto ho intasato il mio stomaco, ingerito una mole di sale e grassi impressionanti, e se voglio rimanere in linea con calorie e altre percentuali stasera dovrò limitarmi a guardare mangiare, mentre sgranocchio una lattuga dissalata.

Ma, almeno, so come dovrò comportarmi nei prossimi giorni o al prossimo raptus (chili e chili di frutta a portata di zampa).

Purtroppo, non sarà lo stesso per i tanti ragazzi che diverse volte a settimana mangiano questi pasti ipertutto; giorno dopo giorno, i loro organismi si riempiranno di calorie che non riusciranno a smaltire del tutto perchè i tessuti dei loro organismi saranno intrisi di liquidi che saranno "ritenuti" all'interno e non espulsi a causa del troppo sale. Il loro corpo inizierà a gonfiarsi e ad accumulare i troppi ingeriti grassi che non riuscirà a smaltire con la giusta velocità e precisione. Lo zucchero, amatissimo veleno, arriverà piano piano a superare la soglia minima di tolleranza per il nostro organismo, causando a più di qualcuno problemi diabetici.

Ma non è colpa dei fast food naturalmente. La colpa è dei genitori che non controllano quello che mangiano i loro figli e consegnano loro del denaro delegandogli la responsabilità del pasto , la colpa è delle scuole che non insegnano educazione alimentare.

No, la colpa non è dei fast food. Sebbene potrebbero fare qualcosa in merito abbassando quantomeno le quantità di sale, grassi e zuccheri dei pasti che offrono.

 

 

venerdì 27 novembre 2009

PERCHE' NON SI PUO' VIVERE SENZA GERMI

di Garry Hamilton per The Ecologist

Nella guerra contro i germi, siamo noi i veri sconfitti?

Esiste un qualcosa come l'essere troppo puliti?

Nell'estate del 2000, in America, ogni settimana ci furono novità sulla guerra ai batteri. Le storie seguenti erano erano le più visibili: una società di distribuzione di generi alimentari con sede a Seattle lancia sul mercato il pomodoro "one touch" (tocca una volta sola); la Federal Drug Administration degli Stati Uniti (FDA) annuncia piani per garantire la sicurezza dei formaggi fermentati a freddo; un'azienda leader nella produzione di collutori arricchisce la lista dei più di 700 germicidi in commercio (più di 700) con le sue strisce adesive di materiale antimicrobico per l'igiene orale, grandi come un pollice, che i consumatori devono mettersi sulla lingua; fu lanciato perfino un nuovo shampoo antibatterico, concepito per eliminare dai tappeti i germi che gli animali domestici lasciano dietro di sé. Naturalmente, un simile fuoco di sbarramento non è una novità. Fin da quando sono stati considerati responsabili delle malattie infettive, la gente ha intensificato i suoi sforzi per distruggere i germi, sognando il giorno in cui questi nemici invisibili non esisteranno più. Le battaglie finora vinte - la sconfitta della poliomielite, il drastico calo della mortalità infantile in Occidente, lo sradicamento del vaiolo in tutto il mondo - incoraggiano a continuare il combattimento verso mete più avanzate. Ma le recenti sconfitte, come la minaccia di nuovi agenti patogeni, il ritorno di vecchi nemici e lo sviluppo di ceppi resistenti agli antibiotici, ci ricordano che non dobbiamo mai abbassare la guardia. Saggezza vuole che, nella guerra contro i germi, non si possa mai riposare sugli allori. A onor del vero, però, questa definizione delle malattie infettive è troppo semplice. In primo luogo, non tiene conto del fatto che i batteri sono dovunque. Vivono nel terreno e nell'acqua, sono trasportati dalle correnti d'aria. Sopravvivono in assenza di ossigeno e di luce solare. Formano fitte colonie su ogni tipo di superficie artificiale. E la loro presenza non è affatto banale. La scoperta di batteri all'interno dei vulcani, negli acquitrini salati, nel granito solido, nelle fosse oceaniche a 345°C e nelle riserve di petrolio a migliaia di metri sotto la superficie terrestre, ha portato a calcolare che i microbi superano in peso tutte le altre forme di vita messe insieme! I batteri, inoltre, rappresentano una componente importante dell'organismo umano. Dalla nascita alla morte, siamo ricoperti da capo a piedi di un ricco tappeto vivente che è il frutto di migliaia, se non milioni di anni di coevoluzione fra corpo umano e microbi. Si crede che questi microbi siano concepiti per proteggerci da quelli nocivi ed interagiscano con le cellule del nostro organismo in modi sottili ma importanti che solo adesso stiamo imparando a conoscere. Infine, il nostro concetto di malattia ignora il fatto che la nostra posizione in questo brodo microbico è cambia continuamente. Un batterio che uccide una persona, può essere innocuo per un'altra. Un germe può essere benigno oggi e rappresentare un problema domani. Questi germi importanti che vivono nel vostro corpo nel posto e nel momento sbagliato diventano letali. Tutto ciò vuol dire che è profondamente falsato il significato che diamo ai batteri.

Riusciamo a capire quando ci fanno ammalare, ma non in che modo ci mantengono in salute. Consideriamo l'infezione una malattia quando non lo è: se lo fosse, saremmo già tutti morti. Perciò a combattere indiscriminatamente i germi può darsi che facciamo un gravissimo errore e cercando di rendere igienico il nostro ambiente, mettiamo in pericolo i fondamenti stessi della nostra sopravvivenza. Davanti all'intensificarsi della guerra contro i batteri alcuni ricercatori hanno cominciato a dire che è giunto il momento di considerarli da un punto di vista più ampio, che meglio rifletta la nostra posizione in un mondo pieno di batteri. Alcuni, addirittura, sostengono che siamo già andati troppo oltre. Ciò che occorre non è una minore esposizione ai microbi, ma al contrario abbiamo bisogno di essere più esposti. "Esiste un qualcosa come l'essere troppo puliti?", si chiede Stuart Levy, direttore del "Center for Adaptation Genetics and Drug Resistance" dell'Università di Tufts a Boston, "Penso di sì". Naturalmente, per la maggior parte dei microbiologi tale affermazione è un'eresia. Illuminati dalla moderna teoria sui germi essi, come la maggior parte di noi, considerano i batteri dei microrganismi unicellulari che seminano devastazione nel corpo umano. È un punto di vista basato su una serie di regole formulate per la prima volta da Robert Koch, scienziato tedesco del XIX secolo. Tali regole, oggi note come "postulati di Koch", forniscono i criteri per dimostrare che un determinato microrganismo è responsabile di una malattia. Primo, l'organismo deve essere sempre riscontrabile in una persona ammalata. Secondo, tale organismo deve essere isolato e in grado di crescere in colture pure. Terzo, se inoculato in cavie modello, il microrganismo deve provocare la malattia. Quarto, lo stesso organismo deve essere isolato da questi ultimi animali dopo la comparsa della malattia. Alla luce di queste regole, i moderni microbiologi sono diventati sostanzialmente cacciatori di microbi. Il loro compito è quello di snidare i batteri collegati ad una data malattia, studiarli nei minimi particolari - spesso fino all'ultima sequenza di nucleotide - ed orchestrare la loro eliminazione dal corpo umano o, meglio ancora, dal mondo intero. La storia dimostra che tale guerra contro i batteri non è stata una totale perdita di tempo. Ma, in realtà, la moderna teoria sui germi che la sorregge non è in grado di spiegarci chiaramente le malattie infettive...

 

 

Fonte: L'Ecologist Italiano

lunedì 23 novembre 2009

Incontri "diversi"

Quando vogliamo incontrarci con degli amici o dei familiari, la prima cosa che ci diciamo è "andiamo a mangiare/bere qualcosa insieme".

Queste due proposte vincono con larghissimo distacco tutte le altre successive (gite fuori porta, visita ai musei, passeggiate, incontri culturali, eccetera).

Certo, è bello e culturalmente accettato il condividere un pasto insieme a chi ci piace, ma come ho già avuto modo di dire, è limitante e sembra essere l'unica soluzione per passare del tempo insieme.

Da qui a tutto il mese prossimo e oltre, non mancheranno le occasioni per vedere tante persone, anche quelle che non vediamo per un intero anno.

E' proprio in questo momento che possiamo organizzare delle serate (o pomeriggi o mattinate) diverse, che ci lascino qualcosa in più dell'acidità di stomaco post prandiale.

Un "mercatino" di scambio che consenta, tra amici e parenti, di rimettere in uso oggetti, libri ma anche cibo che a noi non interessano o non servono più, può farci tornare a casa felici di aver passato del tempo in gradevole compagnia e contenti per essersi liberati di roba che altri invece avranno cura di utilizzare. Passare un oggetto a un'altra persona può darci modo di raccontare la storia di quell'oggetto nella nostra casa, un modo diverso di fare conversazione e che racconta di noi molto più della descrizione dello shopping del sabato o delle partite della domenica.

 

Si possono anche organizzare dei laboratori d'apprendimento, dove chi del gruppo ha la conoscenza di un argomento mette a disposizione degli altri la sua esperienza; soprattutto sui laboratori manuali è molto educativo il coinvolgimento dei più piccoli: fare un laboratorio di panificazione o di pasta fresca ad esempio, e consentire ai bambini di mettere le mani in pasta, sarà un'esperienza gratificante.

 

Un altro modo per incontrarsi in maniera alternativa è quello di visitare luoghi di interesse archeologico, o artistico. Tutti insieme, e se proprio vogliamo mangiare insieme portiamoci il pranzo al sacco e troviamo un posto per fare un piccolo pic nic.

 

Ancora in casa, o in qualche sala se il gruppo è nutrito, sarebbe bello tirar fuori l'idea del club del libro, o di qualsiasi altra attività/argomento che possa portare ad intavolare delle discussioni pacifiche. In questo caso saranno vietati il calcio, la politica e la religione :-)

 

Di idee ce ne sono veramente tante, e tutte a costi praticamente vicini allo zero.

E' un modo anche questo per risparmiare e rispettare il pianeta, la nostra persona  e per allenare la nostra mente.

venerdì 20 novembre 2009

Gli additivi alimentari - parte seconda

Classificazione degli additivi

 

 

COLORANTI - Definizione

I coloranti sono sostanze che conferiscono un colore ad un alimento o che ne restituiscono la colorazione originaria, ed includono componenti naturali dei prodotti alimentari e altri elementi di origine naturale, normalmente non consumati come alimenti né usati come ingredienti tipici degli alimenti.

EDULCORANTI - Definizione

Gli edulcoranti sono sostanze utilizzate per conferire un sapore dolce ai prodotti alimentari o per la loro edulcorazione estemporanea.


ADDITIVI DIVERSI DAI COLORANTI E DAGLI EDULCORANTI -
Definizioni
Si intendono per:

a)    "conservanti" le sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato da microorganismi;

b)      "antiossidanti" le sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato dall'ossidazione, come l'irranci-dimento dei grassi e le variazioni di colore;

 


c)     "coadiuvanti", inclusi i solventi veicolanti, le sostanze utilizzate per sciogliere, diluire, disperdere o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare senza alterarne la funzione tecnologica (e senza esercitare essi stessi alcun effetto tecnologico) allo scopo di facilitarne la manipolazione, l'applicazione o l'impiego;

d)      "acidificanti" le sostanze che aumentano l'acidità di un prodotto alimentare e/o conferiscono ad esso un sapore aspro;

e)      "correttori di acidità" le sostanze che modificano o controllano l'acidità o l'alcalinità di un prodotto alimentare;

 

f)        "antiagglomeranti" le sostanze che riducono la tendenza di particelle individuali di un prodotto alimentare ad aderire una all'altra;

g)      "antischiumogeni" le sostanze che impediscono o riducono la formazione di schiuma;

h)     "agenti di carica" le sostanze che contribuiscono ad aumentare il volume di un prodotto alimentare senza contribuire in modo significativo al suo valore energetico disponibile;

i)        "emulsionanti" le sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare;

j)        "sali di fusione" le sostanze che disperdono le proteine contenute nel formaggio realizzando in tal modo una distribuzione omogenea dei grassi e altri componenti;

k)     "agenti di resistenza" le sostanze che rendono o mantengono saldi o croccanti i tessuti dei frutti o degli ortaggi, o che interagiscono con agenti gelatificanti per produrre o consolidare un gel;

l)        "esaltatori di sapidità" le sostanze che esaltano il sapore o la fragranza o entrambi di un prodotto alimentare;

m)    "agenti schiumogeni" le sostanze che rendono possibile l'ottenimento di una dispersione omogenea di una fase gassosa in un prodotto alimentare liquido o solido;

n)     "gelatificanti" le sostanze che danno consistenza ad un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel;

o)      "agenti di rivestimento" (inclusi gli agenti lubrificanti) le sostanze che, quando vengono applicate sulla superficie esterna di un prodotto alimentare, gli conferiscono un aspetto brillante o forniscono un rivestimento protettivo;

p)      "umidificanti" le sostanze che impediscono l'essiccazione dei prodotti alimentari contrastando l'effetto di una umidità atmosferica scarsa o che promuovono la dissoluzione di una polvere in un ambiente acquoso;

q)      "amidi modificati" le sostanze ottenute mediante uno o più trattamenti  chimici di amidi alimentari, che possono aver subito un trattamento fisico o enzimatico e possono essere fluidificati per trattamento acido o alcalino, sbiancati;

r)      "gas d'imballaggio" i gas differenti dall'aria introdotti in un contenitore prima, durante o dopo aver introdotto in tale contenitore un prodotto alimentare;

s)       "propellenti" i gas differenti dall'aria che espellono un prodotto alimentare da un contenitore;

t)        "agenti lievitanti" le sostanze, o combinazioni di sostanze, che liberano gas aumentando il  volume di un impasto o di una pastella;

u)      "sequestranti" le sostanze che formano complessi chimici con ioni metallici;

v)      "stabilizzanti" le sostanze che rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare. Essi comprendono le sostanze che rendono possibile il mantenimento di una dispersione omogenea di due o più sostanze immiscibili in un prodotto alimentare ed includono anche sostanze che stabilizzano, trattengono o intensificano la colorazione esistente di un prodotto alimentare;

w)  "addensanti" le sostanze che aumentano la viscosità di un prodotto alimentare.

 

 

Gli additivi 'naturali'

Aceto
L'aceto è frutto della fermentazione del vino. Noto fin dal tempo dei Romani, veniva usato anche come dissetante.
L'aceto è impiegato come conservante per le verdure (sottaceti) e nella fase di preparazione delle verdure (scottatura o bollitura) per la successiva conservazione sotto'olio.

Alcool
L'alcool ha la proprietà di creare un ambiente poco favorevole allo sviluppo di microrganismi già da concentrazioni superiori al 15%. Puro o come liquore, es. grappa, viene impiegato per la conservazione di frutta come albicocche, amarene, ciliege, prugne, uva.

Limone
Il succo del limone è un buon antiossidante. Viene usato per evitare che verdure e frutta diventino nere dopo il taglio (es. carciofi, melanzane, macedonia di frutta ecc.)

Olio

Ottenuto dalla spremitura delle olive (o per estrazione dalle arachidi, girasole, mais, soia ecc.) permette la conservazione degli alimenti isolandoli dall'aria e quindi dai germi.Acciughe, funghi, ortaggi, sgombro e tonno sono i principali alimenti conservati sott'olio.

 

Sale
Uno dei metodi più antichi di conservazione degli alimenti. Usando il sale è possibile conservare gli alimenti in due modi:
Salatura: consiste nello stipare il prodotto alternando strati di sale all'alimento. La conservazione, in un periodo iniziale, deve avvenire pressando il prodotto.
La salatura è usata soprattutto per acciughe e baccalà, ma anche per i capperi, la bresaola ed altri insaccati.
Salamoia: consiste nel conservare il prodotto in una soluzione di acqua e sale (circa 10%).
La salamoia è usata soprattutto per olive ed ortaggi.

Zucchero
Lo zucchero in elevate concentrazioni impedisce la fermentazione. Con il 60-70% di zucchero le marmellate si riescono a conservare per lunghi periodi senza difficoltà.
Soluzioni zuccherine con concentrazioni più basse, circa 20-25%, consentono, previa sterilizzazione, la conservazione della frutta.
Vari sono i tipi di zucchero:
fruttosio - nella frutta e nel miele,
glucosio - nella frutta e nel miele,
lattosio - nel latte,
maltosio - dai cereali,
saccarosio - deriva dalla canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero, è il più usato nelle nostre case.

 

martedì 10 novembre 2009

Del (contagio) suino e d'altri demoni

Nell'avido di notizie panorama italiano, ritengo giusto che ci sia un post in questo blog sull'influenza suina, o aviaria, o Haccademica che dir si voglia.

Tranquilli, non sarò nè pro nè contro il temibile vaccino, sebbene nemmeno sulla sedia elettrica cederei alla lusinga di farmi una... siringa.

Sul web si trovano tantissimi link, interviste, servizi che spiegano come è nata quest'influenza (o meglio, progettata a tavolino) e su come Big Pharma abbia lucrato e stia lucrando con i suoi farmaci.

Voglio fare solo una piccola, sciocca considerazione sul tanto clamore mediatico che la morte di ogni singola persona suscita sulle testate giornalistiche e, presumo (poichè non vedo tv), televisive.

Ogni anno muoiono migliaia di persone a causa dell'influenza stagionale; ogni anno ne muoiono tantissime a causa dell'inquinamento.

Ma di questi poveri disgraziati se ne è saputo e se ne sa molto poco. Ogni anno muoiono centinaia di persone sul lavoro, alle quali non si dà mai spazio sufficiente per analizzare le cause e fare un culo come un secchio ai datori di lavoro.

Alla stampa il passato non interessa. Alla stampa interessa ora la pandemia, parolone apocalittico che suscita terrore, ricordi ancestrali di peste e tifo. La pandemia vende, vende paura, vaccini e audience. Vuoi mettere parlare di uno sfigato che si è rotto il collo cadendo da un'impalcatura con una "bella" morte causata da un mostro invisibile a tre teste?

Solo per citare qualche dato, la passata stagione sono morte in Italia circa 8000 persone, ad oggi  ci hanno lasciati 34 poveri cittadini, la maggior parte dei quali però aveva altre patologie più o meno gravi. Solo per citare alcuni dati, l'OMS prevede che entro il 2030 ci saranno oltre 12 milioni di morti per tumori (http://www.giornaledizona.com/notizie/salute/tumori-oms-12-mln-morti-nel-2030-di-cui-9-mln-in-paesi-poveri.asp).

Quello che dovremmo chiedere ai media è di non alimentare in alcun modo le paure delle persone per vendere vaccini o medicinali.

Le persone corrono in farmacia e si riempiono di medicinali e di antibatterici, e grazie anche ai timori che provano magari si rimpinzano di farmaci e trascurano di fare prevenzione.

Quale prevenzione, quella di Topo Gigio?

Assolutamente no.

La prima prevenzione è quella di staccare tv e smettere di comprare giornali,

La seconda è quella di iniziare a ragionare con la propria testa e cercare sempre prova dei fatti che ci raccontano da altre fonti

La terza, la più importante, è di mangiare cibi veri e esagerare con frutta e verdura. Ricordo che quando si sta male andrebbero assolutamente evitate le proteine animali, non si riuscirebbero a digerire e inoltre rallentano il processo di guarigione.

La quarta, piccola ultima, è essere sempre consapevoli di ciò che si è e non avere paura dei fantasmi.

lunedì 2 novembre 2009

Un impegno a settimana

Dalla tanta teoria oggi passiamo alla pratica.

Come possiamo in concreto fare qualcosa per l'ambiente e per la nostra salute? Attraverso un gioco, che non avrà vincitori nè vinti ma che potrebbe darci tante indicazioni sulla giusta strada da percorrere verso un mondo ecosostenibile.

Un gioco che coinvolge tutta la famiglia, anche i bambini, anche quelli appena nati; ognuno di noi sa che può fare qualcosa per risparmiare risorse e non inquinare, e sa che anche un gesto piccolo se moltiplicato per i milioni di abitanti che siamo può fare una grande differenza.

Le modalità per questo gioco potrebbero essere numerosissime, ma un modo carino per renderlo attivo e partecipativo può essere quello di riunirsi in piccoli gruppi (anche virtuali volendo) e enunciare il proprio impegno per la settimana.

Magari è utile durante il periodo fare ricerche su internet e cercare di capire quale impatto possa avere il gesto che noi senza pensarci compiamo più volte e per il quale ci siamo presi l'impegno; scoprire che, ad esempio, le bottiglie di plastica hanno cicli di vita secolari, consumano risorse e inquinano i nostri organismi, ci aiuta a renderci più consapevoli di quello che facciamo e ci responsabilizza nei nostri consumi (esempio).

Il che, in una civiltà disfatta come la nostra, che ci induce a comprare quantità industriali di rifiuti (anche psichici), sarebbe una bella ventata di novità.

Alla fine della settimana, sarà molto utile tirare le somme e discuterne in gruppo, cercando di capire anche i motivi o i blocchi che ci hanno portati a non mantenere l'impegno (capita e non c'è davvero nulla di male nel rendercene conto) e a trovare soluzioni alternative per superare gli ostacoli.

Coinvolgere i bambini poi sarà fondamentale: quello che per loro è un gioco diventerà in futuro uno stile di vita, migliore certamente di quello che stiamo attuando in questo periodo. E i neonati? I genitori potrebbero ad esempio provare per una settimana a preparare il cibo evitando quello confezionato; oppure si potrebbe provare a usare i pannolini di stoffa, o usare vestitini e accessori usati.

Non aggiungo, ma mi farebbe piacere avere dei feedback e sono a disposizione per qualsiasi suggerimento.