martedì 28 giugno 2011

Comfort food...

Quando si è stressati si perde il contatto con quanto il nostro corpo ci trasmette: dimentichiamo di andare in bagno, di bere, e mangiamo quello che ci capita a tiro. Se siamo chiusi all'ultimo piano di in un bunker di acciaio nero e cristalli fumè, e senza la possibilità di fare una pausa al piano terra in un bar o in un posto semi-civile, l'unica alternativa per rilassarci da un devastante quanto tediosissimo corso di formazione è rifugiarci nel locale dove ci sono i distributori.


E' qui che, annientati nello spirito, con nemmeno la forza necessaria ad aprire la porta del bagno, ci rifugiamo alla ricerca di quella carica energetica che oscuri vampiri ci hanno succhiato con diecimila pagine di presentazione in pps.


Non c'è scampo, nemmeno i più virtuosi e coloro che sono a dieta stretta ce la fanno a resistere, nemmeno quelli come me che per una settimana e mezza hanno resistito stoici con la loro bustina/ona di frutta... alla fine la macchinetta è l'unico conforto che resta e il cibo morbido, saporito, grasso, a buon mercato e killer ci dona l'effimera sensazione di poter proseguire fino alle due e oltre. 


E così, quella che nasce come un'esigenza nata durante una situazione di emergenza, rischia poi di cronicizzarsi, cristallizzarsi in efferata abitudine pluriquotidiana. Quello che in termini aziendali potrebbe essere rappresentato da un risparmio di tempo e quindi (pensano loro) in aumento di produttività, si rivela un temibile boomerang per le nostre arterie, i nostri stomaci, il nostro organismo in generale.


E, alla lunga, si trasforma in una spesa quotidiana di un certo livello, dal momento che cercheremo più volte al giorno di fuggire da quell'assurda alienazione che noi accettiamo sotto il comune nome "lavoro di ufficio" e rifugiarci in quel finto, energivoro, succhiavita angolo delle tentazioni che noi chiamiamo zona relax...

Nessun commento:

Posta un commento