venerdì 30 marzo 2012

i costi sociali dell'aranciata

Un mese fa circa mi capita di ascoltare alla radio la discussione di un problema molto sentito in Calabria ma poco pubblicizzato in Italia. Due giorni dopo, vado sul sito di The ecologist (clicca qui) e noto con grande dispiacere che all'estero ne hanno fatto un'inchiesta che è stata presa molto sul serio, tanto da indurre la Coca Cola ad aprire un'indagine interna.


Il dispiacere deriva dal fatto che qui l'opinione pubblica ignora o se ne frega di problema che parte da noi e ha risonanza mondiale.


Ma veniamo ai fatti:


le arance calabresi vengono acquistate dalle grandi multinazionali delle bibite per farne il succo che verrà poi messo, in infima percentuale, nelle aranciate.


Il prezzo di acquisto è ovviamente stabilito dalle multinazionali, le quali per quest'anno hanno fissato un cartello di 7 centesimi per chilo. Si noti bene l'enorme differenza di prezzo tra quanto le paghiamo noi al dettaglio (tra i 70 centesimi e l'euro e 50), e si noti bene quanto costa un litro e mezzo di aranciata considerando che di succo ce n'è il 10% più zuccheri e aromi vari.


Qual'è il problema, direbbe il cittadino medio(cre)? E' una vendita all'ingrosso, viene garantito l'acquisto del raccolto, i coltivatori possono stare tranquilli con acquirenti del calibro di quelle multinazionali...


Il problema è che, a fronte di un ricavo di 7 centesimi al chilo, il costo di raccolta e quello di trasporto è di 10 centesimi (7+3). Non solo: i pagamenti vengono, a detta dei coltivatori, dilazionati a 365 giorni, il che significa che il ciclo di vita produttivo di un albero di arance mi darà un guadagno dopo due anni. Ovviamente, sempre che decidano di pagare, come dichiara un coltivatore nel video su youtube: clicca qui


Chi può permettersi di coltivare oggi per vedersi retribuire il 30 marzo 2014, o addirittura mai?


Cosa comporta questo, oltre che mandare sul lastrico centinaia di famiglie?


La maggior parte dei lavoratori,  che si dedicano alla raccolta delle arance è extracomunitario: molti di loro sono clandestini. Le loro condizioni di vita sono terrificanti, come denunciato da Emergency. Queste persone vengono spesso arruolate dai famosi caporali, i quali alla fine di una lunga giornata di lavoro pagata circa 25 euro, si prendono una lauta percentuale lasciando pochi euro nelle tasche.


Così, per poter vivere, si arrangiano in capannoni, tende, edifici fatiscenti. Non solo:  secondo i medici di Emergency molte malattie da contatto, dermatiti, congiuntiviti,  possono essere ricondotte all'uso improprio di anticrittogamici, pesticidi, etc.


La Coca Cola, una delle multinazionali che approfitta di queste produzioni, sta cercando di porre un qualche tipo di rimedio per rendere più eque le condizioni di lavoro, ma basterebbe semplicemente pagare equamente i produttori e con scadenze decenti per risolvere il problema senza dover ricorrere a idee creative. Molto semplice: se metti in condizione le persone di poter vivere, il degrado e la povertà si riducono.


 


Quando apriamo il frigorifero e stappiamo la nostra frizzante bibita con l'acquolina in bocca, pensiamo a cosa nascondono quelle invitanti bollicine: ingiustizie sociali, costi sociali elevatissimi seppur nascosti, decadimento del sistema economico italiano.


Cosa possiamo fare noi, per ovviare a ciò?


Come sempre molto, anzi di più.


Compriamo un chilo di arance da un coltivatore diretto, una bottiglia di acqua frizzante in vetro, e misceliamo il succo di un'arancia con un litro di acqua e un cucchiaino di malto di riso o orzo.


Agitiamo velocemente, aggiungiamo qualche cubetto e voilà: vitamine e gusto a costo sociale zero!

mercoledì 28 marzo 2012

La decrescita per vivere più sereni

Ormai lo sappiamo, la stiamo attraversando da anni: la crisi è con noi e a quanto dicono gli "esperti" ci farà ancora compagnia per un bel pò.


In Italia siamo tartassati ovunque ci muoviamo, non c'è momento della giornata in cui ognuno di noi non risenta di iva aumentata, benzina alle stelle, servizi privati e pubblici cari come il fuoco. Insomma, il nostro stipendio è davvero in balia di furiose ventate di uragano e non c'è verso di far quadrare i conti.


Siamo costretti a risparmiare, obbligati a tagliare alcune spese che prima potevamo permetterci: ma è davvero così?


In una città come Roma, intossicata dal traffico e oberata dai balzelli più cari d'Italia, abitanti e pendolari devono lavorare otto ore al giorno per ottenere la paga di tre ore e mezza. Le restanti cinque ore e mezza se ne vanno in irpef, iva, addizionali, immondizia, benzina. Aggiungiamoci i costi che dobbiamo sostenere per mantenere una vettura: bollo, tagliandi, assicurazioni, rabbocchi di liquidi vari, controlli. E già che ci siamo, mettiamoci pure i costi dei vari abbonamenti ai cellulari per garantirci un "contatto" con il resto del mondo mentre stiamo fuori di casa quelle dodici ore al giorno che non fanno mai male.


Se ci pensiamo bene, stiamo vivendo per mantenere un sistema economico che ci toglie salute, ricchezza, tempo e libero arbitrio. E che ci costringe a comprare cibo di scarsa qualità per poter arrivare a fine mese, e fare le file in farmacia per curare tutti quei sintomi/malattie che l'era moderna ci ha portato.


Bando alle tristezze e alle considerazioni di non poter fare nulla per "cambiare il mondo": almeno per ora una piccola parte di potere decisionale è ancora in nostro possesso, e con il solo sforzo della corenza e un pizzico di buona volontà possiamo fare molto per cambiare il nostro mondo e migliorare il nostro stile di vita.


Un segnale molto forte di attuazione della decrescita (forzata a dire il vero) è stato l'aumento degli abbonamenti Metrebus a Roma nel mese di marzo: oltre il 30% in più rispetto ai mesi passati. Le persone sono costrette ad utilizzare i mezzi perchè fare il pieno alla vettura ormai è diventata una pratica impossibile per molte famiglie. Il passo successivo sarà quello di vedere strade sempre più vuote: a quel punto, con poca spesa da parte del comune per approntare delle piste ciclabili, anche Roma potrebbe diventare una città piena di due ruote che si muovono con la sola forza delle gambe o un minimo di pedalata assistita.


Ma intanto che aspettiamo questo "miracolo" che spero sia alle porte, potremmo prendere l'abitudine di fare delle passeggiate in bici nei parchi durante i fine settimana: questo ci porterebbe a benefici fisici e psicologici non indifferenti, ma soprattutto ci terrebbe lontani dai centri commerciali.


Con un risparmio economico non indifferente: se andassimo ad analizzare le spese fatte durante la domenica, ci accorgeremo che per comprare due sciocchezze al supermercato spendiamo dalle dieci alle cento volte tanto: il gioco per i figli, il pasto all'interno della struttura, la maglietta indispensabile, l'accessorio di tendenza. Evitando questi luoghi di tentazione e preferendo acquistare il nostro cibo durante la settimana nei vari mercati e mercatini, il risparmio a fine mese sarà notevole, e magari ci scappa pure un sorriso di soddisfazione per cotanto virtuosismo a costo... zero.


La decrescita serena passa anche attraverso un uso mirato del cellulare. Quanti di noi hanno due numeri, due telefoni che cambiamo abbastanza frequentemente, e qualcuno che ci disturba chiamando in qualsiasi momento della nostra giornata?


Se la media italiana è quella di cambiare un cellulare ogni due anni al modico costo di 200 euro (e mi tengo bassissima viste i picchi dei vari smartphone), aggiungendo un minimo di 30 euro al mese di abbonamento o ricaricabile, otteniamo una cifra di euro 460 l'anno per restare sempre in contatto con il mondo. Serve davvero? E quanta ansia crea un cellulare quando lo teniamo sempre con noi? Facciamoci caso...


Un altro spunto per essere più sereni e avere le tasche meno sgonfie è quello di prendere in considerazione l'abbandono della palestra. Certo, un corso di ginnastica posturale, di yoga o di kick boxing necessitano di un luogo fisico ben definito, ma per il resto...abbiamo davvero bisogno di pedalare sulla cyclette o correre su un tapis roulant? O sollevare pesi?


A costo zero, e con il vantaggio di respirare aria fresca e stare all'aperto, nei mesi che vanno da marzo a ottobre potremmo risparmiarci tranquillamente il costo della palestra. E pagare magari solo quel corso specifico che tanto ci piace e arricchisce mente e fisico.


 


Questi sono solo alcuni degli aspetti di una decrescita che ci rende cittadini attivi, attenti e consapevoli. Ovviamente ce ne sono tantissimi altri, tutti molto efficaci e che nel giro di poco tempo ci porteranno a decrescere e diventare più sereni.


Buona decrescita a tutti!

lunedì 19 marzo 2012

Purea di fagioli cannellini con lenticchie croccanti

Questa è una ricetta creata pochi giorni fa un pò per sbaglio un pò per fortuna :-)


Il purea di fagioli cannellini, condito con un filo di olio e un pizzico di pepe, si sposa benissimo con le lenticchie verdi che, essendo già molto aromatiche, vengono solo rese più appetitose da una spadellata a fiamma viva con pochi aromi per dare al piatto una nota croccante.


Come procedere con questa ricetta ricca di proteine e bassa in colesterolo?



  • Ammolliamo in due contenitori diversi per 12 ore 400 gr di fagioli cannellini e 300 gr di lenticchie verdi di media dimensione, avendo cura di risciacquare due o tre volte l'acqua.

  • immergiamo i fagioli cannellini in acqua fredda salata con rosmarino e due spicchi di aglio in camicia e lessarli per almeno 40 minuti. Scolarli dall'acqua.

  • immergiamo le lenticchie in acqua fredda e sale e lessarle per 30/40 minuti, avendo però cura di tenerle leggermente al dente. Scolare anche loro.

  • Mettiamo in un pentolino i fagioli cannellini aggiungendo poco sale, un cucchiaio di olio e un bicchiere di acqua. Vanno stra-cotti per almeno 20 minuti. Qui dobbiamo fare attenzione alla giusta quantità di acqua, che non deve essere mai troppa altrimenti la purea diventa vellutata.

  • Nel frattempo, avremo saltato le lenticchie in una padella insieme a olio e pezzettini di aglio carote e sedano a fiamma sostenuta per dieci minuti circa.

  • Già che ci siamo, per dare l'equilibrio proteico, mettiamo a bruschettare qualche fetta di pane casareccio, meglio se integrale.

  • Una volta pronte le bruschette e le lenticchie, possiamo procedere frullando i cannellini e aggiungendo acqua se il composto rimane troppo asciutto.

  • Versiamo uno o due mestoli di purea di cannellini nel piatto, mettiamo olio e pepe secondo il gusto, aggiungiamo un buon mestolo di lenticchie e una fetta di pane croccante.


Il piatto è pronto per essere mangiato, anzi divorato dai vostri commensali.


Buon appetito!


ricette vegan,fagioli cannellini

giovedì 15 marzo 2012

Primo Giveaway su Biosipuò!

E' tempo di rinnovarsi, di primavera e di sorprese.


E visto che la primavera è in arrivo, i primi cinque lettori che sulla pagina facebook del blog (http://www.facebook.com/pages/Bio-Si-pu%C3%B2/226416774105601


lasceranno un messaggio, riceveranno in regalo uno dei 5 libri in "Giveaway"  su argomenti di decrescita,fitoterapia, crescita personale, alimentazione.


Che aspettate ordunque?


Il concorso finisce il 21 marzo, affrettatevi!!!


mercoledì 14 marzo 2012

Faccio un salto in biblioteca

A dire il vero, questo è ciò che il mio povero compagno si sente spesso dire durante il mese.


Non passa settimana senza che io faccia una piccola fermata alla biblioteca di quartiere: la giusta quantità di polvere, il gran numero di libri spesso introvabili e spesso risalenti a 40 anni fa, la copiosa quantità di riviste e quotidiani messi a disposizione, internet, i contenuti multimediali, il caffè... insomma, la bilbioteca sembrerebbe quasi un circolo ricreativo pubblico.


Ed effettivamente, le biblioteche romane sono diventate un punto d'incontro per i tantissimi ragazzi che ogni giorno ci si ritrovano per studiare (ebbene si, in quest'epoca duepuntozeroemezzo c'è ancora tanta gente che alza le mani dalla tastiera e va a studiare in luoghi pieni di carta frusciante), un centro multiculturale, e forniscono un ottimo servizio in termini di reperibilità di libri per circa l'80% delle ricerche effettuate. 


Non conosco esattamente la situazione economica nella quale versano queste istituzioni, ma c'è davvero, rubando la frase al signor Spock, da augurar loro lunghissima vita e prosperità: arrivare nel quartiere di Roma Quarticciolo e vedere un centro come il teatro/biblioteca è un bene per gli occhi e per la mente: tantissimi metri quadrati di meraviglioso open space a due piani, con adiacente teatro per rappresentazioni, eventi culturali, manifestazioni di ogni genere non lascia davvero indifferenti.


La mia biblioteca di quartiere è leggermente più modesta, ma ugualmente vi si organizzano letture, pomeriggi per bambini, incontri. Effettivamente interpretare la biblioteca come un punto d'incontro fisico, reale, dove creare amicizie e scambiare idee la rende decisamente più accattivante dell'idea antica che abbiamo nelle nostre teste raffigurante vecchi bibliotecari impolverati preda di oscure ragnatele giganti, o di ectoplasmi verde fluorescente!


In questo contesto, la biblioteca aiuta ad uscire dal paranoico isolamento dato dal comunicare attraverso interfacce tecnologiche, le quali molto spesso ci fanno fraintendere o non cogliere appieno i significati di chi abbiamo virtualmente di fronte.


Ma nella biblioteca moderna c'è anche un altro aspetto da non trascurare: almeno a Roma, abbiamo la meravigliosa possibilità di usufruire del prestito interbibliotecario. Cosa significa, in parole povere?


Ottenendo la tessera della biblioteca con un piccolo contributo di 5 euro l'anno, e accedendo al portale www.bibliotu.it, possiamo ricercare l'autore o il libro desiderati su tutto il territorio di Roma e provincia, aumentando di molto la possibilità di trovare quello che cerchiamo in un catalogo di decine di migliaia di libri distribuiti su oltre 35 biblioteche.


Una volta trovato il libro, possiamo con un click chiedere il prestito interbibliotecario metropolitano (PIM) e farcelo recapitare alla biblioteca che desideriamo.


Con questo servizio, sono riuscita a trovare testi di qualsiasi tipo per i miei studi e il mio tempo libero, partendo dalla psicologia del lavoro per passare alla medicina naturale o a trattati di storia delle religioni, piuttosto che qualsiasi altra cosa ci passi per la mente.


Molti libri sono nuovissimi, appena usciti, altri (come dicevo prima), rare pubblicazioni ormai uscite dai cataloghi degli editori e perciò introvabili.


In questi tre anni di assiduo sfruttamento del servizio bibliotecario romano, con 15 euro ne ho risparmiati almeno 2000, e accresciuto la mia considerazione verso un servizio talmente efficiente da far invidia a molte aziende private.


Ma attenzione: essendo un servizio pubblico, vive anche dei contributi che i cittadini possono apportare. In poche parole, la biblioteca vive e ci offre tutto quello che ha se noi interagiamo con essa, la sfruttiamo e laddove serve la aiutiamo economicamente.


Le biblioteche di Roma sono un bene preziosissimo, manteniamole vive e ogni tanto facciamoci un salto!

venerdì 9 marzo 2012

Se la tecnologia...

« Se la tecnologia mi serve per lavorare 2 ore al giorno e non otto ed avere lo stesso tenore di vita, la tecnologia "mi serve". Se la tecnologia fa guadagnare miliardi alle banche e mi costringe a lavorare 12 ore al giorno per sopravvivre, sono io che "servo" alla tecnologia! » -- Nando Dicè



Questa frase, letta pochi giorni fa su Facebook, sintetizza in maniera egregia il mio pensiero e quello di tantissime altre persone sull'utilità della "tecnologia" e dello stile di vita che ci spinge "avanti a tutti i costi".


Quando i primi elaboratori elettronici entrarono nelle grandi aziende, il nostro futuro appariva roseo, splendente: chi più chi meno, ci eravamo tutti convinti che a breve il lavoro di una intera giornata sarebbe stato svolto in pochi minuti, forse ore. Questo ci avrebbe reso liberi di lavorare meno, con una qualità e precisioni maggiori, e ci avrebbe regalato tante ore in più da dedicare al nostro benessere, alla famiglia, ad altre attività in generale.


Ricordo, da piccola, che vedevo mio padre lavorare 4 ore la mattina e 4 la sera, con due ore di pausa pranzo e una faccia stanchissima alla fine della giornata. E anche se qualche volta faceva gli straordinari o non dormiva per la preoccupazione di dover gestire una importante filiale di un noto marchio di mezzi di trasporto, mio padre non tirava notte con gli arretrati sul lavoro e raramente si portava il lavoro a casa da svolgere nei week end.


La tecnologia ci renderà liberi, pensavamo: liberi di muoverci, liberi di pensare a molte più cose, liberi di dedicarci ai nostri cari. Già immaginavamo le nostre giornate sdraiati sui prati con un soft drink in mano a risolvere con qualche click eventuali problemi di lavoro.


Ci ha traditi, la tecnologia. Ci ha traditi tutti.


Ecco alcuni esempi...


Lavoriamo di meno? Difficile affermarlo. Le nostre giornate lavorative si protraggono sempre oltre le otto ore, e se proprio dobbiamo andare a casa niente paura! Basta una chiavetta o una rete wireless per "consentirci" di terminare i nostri compiti anche fino a tarda notte. Se poi non dovesse bastare, ci sono sempre i fine settimana per portarci avanti con il lavoro.


Ah, quante email mi sono giunte in orari davvero bizzarri o in date sinceramente imbarazzanti: ma cosa induce la gente a tentare di chiamarti all'una di notte o scriverti il 26 dicembre?


Siamo più liberi? Non mi pare. I cellulari e le loro evoluzioni "furbe" ci "permettono" di restare collegati h24, 7 giorni su 7 con l'ufficio. Ci arrivano telefonate e email ovunque ci troviamo, sulla spiaggia come in montagna, in viaggio di nozze come ad un funerale. Siamo diventati tutti indispensabili (tranne quando andiamo a chiedere l'aumento di stipendio), colleghi e clienti hanno perso di vista il concetto che potremmo anche avere una vita privata, e senza nessun rispetto per noi e loro stessi pretendono la disponibilità infinita.


Una mia ex collega è stata contattata sulla soglia della sala parto, a quanto pare per una cosa urgentissima, io che sono stata più fortunata una volta sono stata contattata a casa da un cliente che aveva cercato il mio telefono di casa sull'elenco nonostante sapesse che ero a letto con un'otite e la febbre a quaranta.


Non solo: se hai un telefono aziendale sei tenuto ad assicurarti di averlo sempre funzionante nell'orario di lavoro, e invitato a lasciarlo acceso fuori di tale orario. Questo significa che se per caso hai la necessità di andare in bagno e qualcuno ti chiama al fisso e non ti trova, rischi nel bel mezzo di un bisogno di sentirti squillare la suoneria del cellulare (e che fai, non te lo porti al bagno? Dovesse chiamare qualcuno...)


La tecnologia ci facilita il lavoro, ci serve? Senza dubbio alcune pratiche che prima impiegavano mesi per viaggiare da un ufficio ad un altro sono state facilitate dalla tecnologia. Ergo, in molti casi, serve.


Ma la maggior parte delle persone non è facilitata da sistemi malfunzionanti che fanno perdere tempo e dati preziosi, non è facilitata dai migliaia di contatti che pretendono di essere soddisfatti contemporaneamente. La maggior parte delle persone non è facilitata dalla grossa comodità che la tecnologia potrebbe regalarci e cioè lavorare da casa: non lo è almeno in Italia per la cecità della cosidetta "classe manageriale" che non ha nè classe tantomeno capacità di gestione e che quindi "preferisce tenerci tutti in ufficio così può controllarci". E che gli frega a loro, intanto ti fai due ore di macchina se ti va bene (e aiuti il mercato delle auto a lavorare e i petrolieri a lucrare), poi stai almeno otto ore in ufficio, mangi fuori casa così aiuti anche il mercato della ristorazione, e una volta a casa sei pure autorizzato a lavorare fuori orario da casa, magari aggratis che fa bene alla carriera.


Così, il vantaggio comune (di lavoratori e datori) offerto dalla tecnologia di risparmiare risorse, tempo, soldi  e stress se ne va in fumo e ci rende più schiavi di prima.


La tecnologia, utile per molti versi, ci rende simili a piccole macchine sempre disponibili, sempre reperibili, sempre pronte a lavorare o a rimanere in contatto con gli altri.


L'altro aspetto della tecnologia "marcia" infatti, è quello ludico: quanto tempo di vita reale perdiamo per stare appresso ai social network?


Quanto tempo rubiamo al nostro poco tempo libero, intenti come siamo a coltivare orti virtuali (salvo poi essere costretti a comprare verdure surgelate dell'ultimo momento), ad esprimere i nostri sentimenti sulle nostre bacheche, a battibeccare nei forum sull'ennesima discussione che non ci piace?




E poi: quante ore lavoriamo per poterci comprare l'ennesimo ultimo sfavillante smarphone, l'imprescindibile tablet ultraslim, la macchina fotografica supercompatta da un milione di pixel, il televisore a ultravioletti da 15000 pollici?




Siamo servi della tecnologia, schiavi di ogni suo aspetto. Dicè ha ragione, ma sbaglia sulla quantità di ore. Ormai, per far guadagnare banche e multinazionali, noi lavoriamo 24 ore al giorno.




Ma c'è sempre una via d'uscita: il tasto off. Basta saperlo usare!



mercoledì 7 marzo 2012

Less is more step 10: prepararsi i lupini in casa

Alzi la mano chi di noi non ha mai mangiato i golosissimi lupini in salamoia. Compagni di tanti snack, siamo abituati ad acquistarli già pronti al peso o in confezioni da 500/1000 gr.


Di solito non abbiamo la possibilità di determinarne il giusto grado di salatura (che dovrebbe sempre essere minima), e così ci ritroviamo a gustare questi deliziosi e proteici legumi insieme a quintalate di  sale che di sano ha ben poco.


E' un peccato, perchè le proprietà del lupino, legume poco usato se non appunto come merende o snack, sono molteplici: è una fonte di proteine eccellente (43% circa), un alimento con spiccate proprietà anti colesterolo, un valido aiuto nel controllo dell'iperglicemia. Last, but not least, non contiene tracce di glutine, e la sua farina può essere utilizzata dalle persone affette da celiachia o intolleranza al glutine. Oltre che da tutti noi, naturalmente.


Dopo venti anni circa di oblio, grazie a numerosi studi il lupino è tornato alla ribalta, e ora viene usato in numerose preparazioni simili al muscolo di grano e che sostituiscono benissimo la carne.


Il vantaggio proteico del lupino è che può essere mangiato fuori dai pasti e quindi come unico alimento durante una merenda o uno spuntino. Le proteine contenute quindi potranno essere elaborate ed assimilate senza che l'apparato digerente debba fare altri sforzi per altri tipi di cibo. Inoltre mangiandolo prima delle 17:00, non abbiamo la pesantezza digestiva che una proteina può darci all'ora di cena.


Naturalmente, se li consumiamo durante un aperitivo a base di birre o alcolici in genere... la pesantezza potrebbe assalirci proprio dietro l'angolo!


Il lupino preparato in casa però ha bisogno di attenzioni (poche ma necessarie): contenendo il legume crudo (fresco o secco) un alcaloide tossico ad alte percentuali (è quello che da lo spiccato sapore amaro), deve essere tenuto in ammollo con numerosi cambi di acqua prima del consumo. Ma non preoccupiamoci troppo: le dosi tossiche per "avvelenarci" vengono raggiunte con quantità considerevoli di prodotto.


La preparazione in ogni caso è semplice anche se non proprio immediata, e garantisce l'assoluta innocuità del lupino nel momento in cui lo mangiamo.


Il costo di un kg di lupini secchi è di 3/4 euro circa, nel Lazio si trovano in quasi tutti i mercati rionali e si vendono sfusi. Con un kg di lupini secchi si ottengono circa 2 kg di lupini cotti, che vi assicuro sono una quantità notevole!


Dopo aver trovato sul web diverse ricette, tra cui alcune che suggeriscono di tenerli sotto l'acqua corrente per diverse ore se non giorni, sono arrivata ad un giusto compromesso (rubato l'idea a Meristemi) che mi fa ottenere in 6 giorni dei gustosissimi, nutrientissimi e poco salati legumi.


Preparazione:


1) lavo e tengo in ammollo in acqua fresca e sale i lupini per 8/12 ore.


2) risciacquo, li metto in una pentola con acqua fresca e sale e faccio bollire per un'ora circa. (il suggerimento di meristemi qui è quello di cambiare l'acqua un paio di volte durante la cottura, secondo il principio di Le Chatelier). Una volta lessati, li lascio nell'acqua calda per due ore circa.


3) cambio l'acqua dell'ammollo almeno ogni 12 ore nei primi tre giorni, aggiungendo una quantità minima di sale ogni volta.


4) arrivati al quarto giorno, l'acqua va cambiata più spesso (ogni 8 ore) oppure tenuti in frigo in ammollo. A questo punto è possibile testare il grado di amarezza e di sapidità del lupino, e decidere di continuare con gli ammolli e/o con l'aggiunta di sale. Se risultano troppo salati, è sufficiente eliminare il sale negli ammolli successivi.


5) intorno al quinto/sesto giorno, i lupini sono pronti. Se la "partita" di lupini in vostro possesso è particolarmente amara, continuare con gli ammolli fino al settimo giorno.


Una volta pronti, metterli nel loro contenitore definitivo insieme ad acqua e poco sale e conservarli in frigo, avendo cura di consumarli entro una settimana. Possono durare più giorni, ma perchè mangiare qualcosa di conservato quando con un minimo di programmazione potremmo averli sempre freschi?


lupini.jpg


 


 


 


 


 


 


 


 


Link utili:


http://forum.promiseland.it/viewtopic.php?=&p=160916


http://www.newsfood.com/q/205/lupino_un_ingrediente_speciale/


http://www.esserevegetariani.it/il-legume-del-cuore.html


http://www.compronatura.it/new/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=146


http://forum.promiseland.it/viewtopic.php?f=36&t=26155

giovedì 1 marzo 2012

Il marketing all'assalto del malfermo...

di idee.


Non me ne vogliano i miei amici laureati in Scienze della Comunicazione e marketers di professione, ma la pubblicità gioca brutti scherzi a chi la subisce.


In questo blog ho scritto di tutto, ma niente ha suscitato più ire del post nel quale parlo male anzi malissimo di uno "yogurt" liofilizzato proveniente dalla Nuova Zelanda.


Il post in questione è questo: clicca qui


Qualcuno mi ha scritto parlando in termini miracolistici del prodotto, un altro mi ha scritto che se pensiamo di farci lo yogurt in casa torneremo indietro di cento anni, un'altra ancora voleva che io comparassi le cose in una certa maniera piuttosto che come ho fatto io e mi suggeriva, se fossi stata onesta, di consigliare il prodotto nella versione naturale piuttosto che non consigliarlo affatto. La stessa persona è arrivata ad accusarmi di promuovere (?) marchi bio con i quali lei non si è trovata bene... a mio avviso aveva ingerito una dose eccessiva di quello yogurt che le ha annebbiato temporaneamente le idee.


Le cose sono due:


- o taluni di loro sono alle dipendenze di chi promuove il dessert in questione


- o è colpa della pubblicità.


 


Leggevo giusto ieri un interessante articolo sul calcio nel quale l'arguto autore commentava che finchè sono i calciatori a mentire su determinati eventi, è comprensibile. In fondo, ricevono un lauto compenso, non possono danneggiare l'immagine della società, etc etc.


Ma quando lo fanno i tifosi, a titolo gratuito e infervorandosi/spergiurando su argomenti che non dovrebbero nemmeno sfiorarli una volta finita la partita, beh... questo fa davvero pensare.


 Ecco... a me fa pensare il "clamore" che un post come tanti altri possa aver suscitato nei "sostenitori" di un prodotto caro come pochi e che i venditori propongono come la panacea di tutti i mali.


Non c'è verso di far capire a queste persone che il mio blog parla di decrescita, biologico, autoproduzione e stili di vita salutari: probabilmente, se riuscissero a recepirlo non comprerebbero mai certe cose.


Ma d'altra parte, i malfermi di idee (occhio che questo è un termine che finito il post andrò subito a registrare) dipendono in molti ambiti da quello che il mainstream propone loro: attraverso la tivù acquisiscono il loro stile di vita, attraverso le pubblicità che sempre più vanno a toccare le emozioni o le preoccupazioni sanno cosa è meglio per loro.


Ci sono libri interessantissimi su questo argomento, uno su tutti, di qualche anno fa, è Il marketing all'assalto dell'infanzia (clicca qui per saperne di più).


Il libro, che consiglio a chiunque di leggere, ci descrive in maniera molto chiara come le aziende ci indirizzino fin dalla culla (e fino alla tomba) verso la fidelizzazione al loro brand. 


Questa fidelizzazione però a noi che vantaggi porta? E invece, che svantaggi porta?


I malfermi di idee non hanno dubbi in proposito. I prodotti e i marchi hanno sempre ragione, e non importa se costano l'ira di dio o fanno milioni di km prima di arrivare a noi: ci sarà sempre un esercito di crociati che gratuitamente difenderanno fino alla morte (del fegato o del conto in banca, dipende) il loro amato brand.


I malfermi di idee si scaglieranno sempre contro coloro che osano smontare le loro convinzioni: d'altronde, se le mie certezze poggiano su frasi dette da chi vuole vendermi qualcosa, anche io mi incazzerei con chi me le demolisce.


I malfermi di idee sono prede facili del marketing, che si nutre delle loro paure e propone  quintalate di farmaci per guarire tutto (pure la tristezza), che si fa l'aperitivo con le loro insicurezze e propina una moda costosa volubile e castrante, che prospera con la poca voglia di approfondire e fornisce loro pappe pronte in tutti i colori e milioni di cazzate che i malfermi consumatori compreranno a occhi chiusi.


Non osate mai toccare i totem a queste persone: saranno pronti a scrivere/dire qualsiasi cosa anche fuori dalla logica pur di difendere le loro labili stampelle che anche solo per un attimo li tengono in equilibrio sul mondo.


I malfermi di idee vogliono rimanere tranquilli e continuare a credere che basta un gioco di parole per trasformare una polverina magica proveniente da migliaia di km in un prodotto a km 0: vogliono credere che questa sia l'ecologia e che stanno facendo davvero qualcosa di ottimo per il pianeta e la salute, un pò come la simpaticissima Becky della saga I love shopping. Se ne sono convinti loro, chi siamo noi per pronunciare opinioni differenti?


Eppure, a queste persone servirebbe poco per tirare la testa fuori dalla sabbia. Due conti in tasca per capire che farsi in casa certe cose costa dieci volte meno e non ruba tempo, una lettura qua e là anche a prestito dalla biblioteca per allargare gli orizzonti mentali, un mesetto di alimentazione esclusivamente con prodotti freschi del contadino dietro casa.


Sempre che riescano a liberarsi dai condizionamenti mentali....


 


Letture stra-consigliate:


Susan Linn - il marketing all'assalto dell'infanzia  ---- qui


Thomas Hine - Lo voglio! Perche siamo diventati schiavi del supermercato --- qui


Noemi Klein - No Logo


Sophie Kinsella - I love shopping con mia sorella