venerdì 9 marzo 2012

Se la tecnologia...

« Se la tecnologia mi serve per lavorare 2 ore al giorno e non otto ed avere lo stesso tenore di vita, la tecnologia "mi serve". Se la tecnologia fa guadagnare miliardi alle banche e mi costringe a lavorare 12 ore al giorno per sopravvivre, sono io che "servo" alla tecnologia! » -- Nando Dicè



Questa frase, letta pochi giorni fa su Facebook, sintetizza in maniera egregia il mio pensiero e quello di tantissime altre persone sull'utilità della "tecnologia" e dello stile di vita che ci spinge "avanti a tutti i costi".


Quando i primi elaboratori elettronici entrarono nelle grandi aziende, il nostro futuro appariva roseo, splendente: chi più chi meno, ci eravamo tutti convinti che a breve il lavoro di una intera giornata sarebbe stato svolto in pochi minuti, forse ore. Questo ci avrebbe reso liberi di lavorare meno, con una qualità e precisioni maggiori, e ci avrebbe regalato tante ore in più da dedicare al nostro benessere, alla famiglia, ad altre attività in generale.


Ricordo, da piccola, che vedevo mio padre lavorare 4 ore la mattina e 4 la sera, con due ore di pausa pranzo e una faccia stanchissima alla fine della giornata. E anche se qualche volta faceva gli straordinari o non dormiva per la preoccupazione di dover gestire una importante filiale di un noto marchio di mezzi di trasporto, mio padre non tirava notte con gli arretrati sul lavoro e raramente si portava il lavoro a casa da svolgere nei week end.


La tecnologia ci renderà liberi, pensavamo: liberi di muoverci, liberi di pensare a molte più cose, liberi di dedicarci ai nostri cari. Già immaginavamo le nostre giornate sdraiati sui prati con un soft drink in mano a risolvere con qualche click eventuali problemi di lavoro.


Ci ha traditi, la tecnologia. Ci ha traditi tutti.


Ecco alcuni esempi...


Lavoriamo di meno? Difficile affermarlo. Le nostre giornate lavorative si protraggono sempre oltre le otto ore, e se proprio dobbiamo andare a casa niente paura! Basta una chiavetta o una rete wireless per "consentirci" di terminare i nostri compiti anche fino a tarda notte. Se poi non dovesse bastare, ci sono sempre i fine settimana per portarci avanti con il lavoro.


Ah, quante email mi sono giunte in orari davvero bizzarri o in date sinceramente imbarazzanti: ma cosa induce la gente a tentare di chiamarti all'una di notte o scriverti il 26 dicembre?


Siamo più liberi? Non mi pare. I cellulari e le loro evoluzioni "furbe" ci "permettono" di restare collegati h24, 7 giorni su 7 con l'ufficio. Ci arrivano telefonate e email ovunque ci troviamo, sulla spiaggia come in montagna, in viaggio di nozze come ad un funerale. Siamo diventati tutti indispensabili (tranne quando andiamo a chiedere l'aumento di stipendio), colleghi e clienti hanno perso di vista il concetto che potremmo anche avere una vita privata, e senza nessun rispetto per noi e loro stessi pretendono la disponibilità infinita.


Una mia ex collega è stata contattata sulla soglia della sala parto, a quanto pare per una cosa urgentissima, io che sono stata più fortunata una volta sono stata contattata a casa da un cliente che aveva cercato il mio telefono di casa sull'elenco nonostante sapesse che ero a letto con un'otite e la febbre a quaranta.


Non solo: se hai un telefono aziendale sei tenuto ad assicurarti di averlo sempre funzionante nell'orario di lavoro, e invitato a lasciarlo acceso fuori di tale orario. Questo significa che se per caso hai la necessità di andare in bagno e qualcuno ti chiama al fisso e non ti trova, rischi nel bel mezzo di un bisogno di sentirti squillare la suoneria del cellulare (e che fai, non te lo porti al bagno? Dovesse chiamare qualcuno...)


La tecnologia ci facilita il lavoro, ci serve? Senza dubbio alcune pratiche che prima impiegavano mesi per viaggiare da un ufficio ad un altro sono state facilitate dalla tecnologia. Ergo, in molti casi, serve.


Ma la maggior parte delle persone non è facilitata da sistemi malfunzionanti che fanno perdere tempo e dati preziosi, non è facilitata dai migliaia di contatti che pretendono di essere soddisfatti contemporaneamente. La maggior parte delle persone non è facilitata dalla grossa comodità che la tecnologia potrebbe regalarci e cioè lavorare da casa: non lo è almeno in Italia per la cecità della cosidetta "classe manageriale" che non ha nè classe tantomeno capacità di gestione e che quindi "preferisce tenerci tutti in ufficio così può controllarci". E che gli frega a loro, intanto ti fai due ore di macchina se ti va bene (e aiuti il mercato delle auto a lavorare e i petrolieri a lucrare), poi stai almeno otto ore in ufficio, mangi fuori casa così aiuti anche il mercato della ristorazione, e una volta a casa sei pure autorizzato a lavorare fuori orario da casa, magari aggratis che fa bene alla carriera.


Così, il vantaggio comune (di lavoratori e datori) offerto dalla tecnologia di risparmiare risorse, tempo, soldi  e stress se ne va in fumo e ci rende più schiavi di prima.


La tecnologia, utile per molti versi, ci rende simili a piccole macchine sempre disponibili, sempre reperibili, sempre pronte a lavorare o a rimanere in contatto con gli altri.


L'altro aspetto della tecnologia "marcia" infatti, è quello ludico: quanto tempo di vita reale perdiamo per stare appresso ai social network?


Quanto tempo rubiamo al nostro poco tempo libero, intenti come siamo a coltivare orti virtuali (salvo poi essere costretti a comprare verdure surgelate dell'ultimo momento), ad esprimere i nostri sentimenti sulle nostre bacheche, a battibeccare nei forum sull'ennesima discussione che non ci piace?




E poi: quante ore lavoriamo per poterci comprare l'ennesimo ultimo sfavillante smarphone, l'imprescindibile tablet ultraslim, la macchina fotografica supercompatta da un milione di pixel, il televisore a ultravioletti da 15000 pollici?




Siamo servi della tecnologia, schiavi di ogni suo aspetto. Dicè ha ragione, ma sbaglia sulla quantità di ore. Ormai, per far guadagnare banche e multinazionali, noi lavoriamo 24 ore al giorno.




Ma c'è sempre una via d'uscita: il tasto off. Basta saperlo usare!



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