lunedì 9 febbraio 2009

Mangiare è un atto...

Mi chiedevo in questi giorni se l'atto del mangiare sia un atto sociale o piuttosto un momento di profonda comunione con noi stessi.
Che fosse un atto agricolo, lo sapevamo da anni, ma secondo le mie elucubrazioni del fine settimana probabilmente usiamo troppo la scusa del cibo per creare aggregazione sociale.
Vogliamo godere della compagnia dei familiari? Ecco che prepariamo banchetti degni di matrimoni principeschi. Vogliamo incontrarci con degli amici? Ci vediamo al ristorante, dove tra una chiacchierata e l'altra e soprattutto grazie ad essa, ordiniamo e fagocitiamo distrattamente quantità di cibo che a casa non ci penseremmo mai di mangiare. Sulla qualità stenderei un velo pietoso...Oppure, ci si incontra dopocena, per rendere sociale anche l'atto del bere, ed ecco qui che tra la musica assordante che c'è nei locali e l'aria viziata che vi si respira, ci scoliamo fiumi di alcol e superalcolici.
Insomma, nella civiltà odierna mangiare e bere tutto sono tranne un momento di piena consapevolezza, del tempo da dedicare a noi stessi per nutrire il nostro corpo e la nostra mente. Eppure a pensarci bene è un gesto talmente intimo, è così esclusivo il rapporto tra il cibo e il nostro organismo che secondo me dovremmo consumare i pasti con il giusto pudore e l'adeguata concentrazione.
Io, per esempio, sono molto condizionata nel modo di mangiare dalle persone che ho intorno. Se ad esempio ci sono persone nervose, che ingoiano come sciacalli quello che hanno davanti, ho un forte senso di disagio, come se qualcuno mi stesse aggredendo. E infatti cerco anche io di velocizzare il processo, in modo da terminare in fretta un momento di puro malessere sociale.
Avrei bisogno quindi di tranquillità e tempo...
E invece no, se non vai a pranzo con i colleghi sei un asociale, si prende il cibo come scusa per incontrarsi, come se chiedere a un amico di vedersi in un giardino a chiacchierare possa essere considerato un atto esecrabile e di cui vergognarsi. Abbiamo talmente elevato il cibo a momento sociale da aver riempito le nostre città di ristoranti, pizzerie, pub, fiere della porchetta, e nel frattempo abbiamo eliminato tutti i luoghi d'incontro dove semplicemente sedersi e parlare. E mentre mangiamo, e buttiamo nel nostro intestino le tossine più varie, ci riempiamo la testa di rabbie, di gossip, di pensieri inquinanti.
Però a questo non c'è scampo, se non mangi (e quindi consumi) non sei autorizzato a transitare su questo mondo.

Dall'altra parte, questa attitudine sociale è stata prontamente recepita dalle grandi industrie alimentari che, con astute strategie di marketing degne delle più grandi battaglie del passato (gli piacerebbe...), ci propinano la peggio immondizia e le giuste distrazioni per ingurgitarla. Tante volte mi viene in mente l'immagine delle oche francesi destinate a "donare" il loro fegato per il mercato del foie gras: immobili, legate, con un tubo in gola per far sì che "mangino" e ingrassino il più in fretta possibile; ecco, noi siamo così, legati alla poltrona, bombardati dal tubo catodico (appiattito sugli LCD ma è sempre lì insidioso) che abbiamo attaccato alla testa e  che ci "nutre" e sovraccarica la mente di immagini che poi ci indurranno naturalmente a comprare, comprare, consumare, mangiare.
Consumare e mangiare, senza pensarci, senza che la coscienza alimentare ci sfiori mai nemmeno per un istante, indotti alla "realtà" che mangiare è un atto sociale, consumistico, aggregativo, societario.

Ma mai, e poi mai, la fonte prima della nostra salute o della nostra malattia.

2 commenti:

  1. Ciao!!
    complimeti per il tuo blog!!!
    davvero molto interessante...
    passa a trovarmi^^
    a presto

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  2. Ciao a tutti e, in particolare, con del blob "mangiare è un atto......".
    Desidererei sapere se posso usare qualche stralcio di quanto ho letto, in una eventuale pubblicazione.
    Grazie.
    P.s.: se possibile conoscere l'autore mi farebbe piacere citarlo.

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