I dati sulla disoccupazione si fanno ogni mese più pesanti, le pensioni non bastano a fa vivere decentemente le persone, stentiamo ad arrivare a fine mese?
Ecco una proposta che a molti farà storcere la bocca, ma che per tantissima gente è già pratica forzata: la condivisione degli spazi abitativi.
In un periodo in cui aumentano le tasse anche sull'aria che respiriamo, l'unica soluzione (si spera temporanea ma potrebbe rivelarsi un'ottima esperienza) che a me può venire in mente per garantirci un tenore di vita umano è con-dividere le case: magari con i familiari, o per chi può permetterselo in cohousing, questa pratica dal sapore un pò retrò può e deve essere attuata.
Ricordo i racconti delle mie nonne, una a Roma e l'altra in un paesino nella campagna marchigiana, che mi parlavano di epoche "lontanissime", nelle quali la gente divideva pochi metri quadrati con una o più famiglie; ho anche la memoria dei bellissimi film italiani degli anni 50 e 60, dove bastava una tenda per creare più stanze da letto all'interno di un unico ambiente. Tuttora extracomunitari e comunitari non molto ricchi vivono numerosi in appartamenti poco più che piccini.
Non è questo il ritorno al passato che auspico, quelli erano tempi durissimi e le persone avevano la peculiarità oggigiorno rara di sapersi adattare a tutto pur di aggirare gli ostacoli che la vita metteva loro di fronte.
Noi abbiamo cambiato la nostra mentalità, consideriamo la casa come un rifugio anche psicologico ancor prima che un tetto che ci ripara da intemperie e intrusi, e come un simbolo di affrancamento dalle mura genitoriali. Per alcuni, è la triade maxima a cui aspirare nella vita: casa, matrimonio, figli.
E' difficile pertanto pensare di tornare a vivere con i genitori, o pensare all'epoca in cui le nostre nonne gestivano una casa con dieci persone dentro e talvolta qualche animale. E, come detto prima, non siamo costretti a dividere 20 mq con altre 6 persone.
Abbiamo bisogno dei nostri spazi, questo è certo, ma i nostri spazi sono davvero nostri?
Se ci soffermiamo a scrutare nelle varie stanze (per i fortunati) che compongono i nostri appartamenti, noteremmo che la maggior parte dello spazio che non è occupato da esseri viventi è dedicato all'archiviazione di beni di consumo: televisori, pc, console, scarpe, vestiti, quintali di scorte alimentari e detersivi. Il nostro "spazio inalienabile" ha la funzione di immagazzinare scorte per la maggior parte inutili, costose e che diventeranno obsolete nell'arco di dodici mesi.
Se viviamo in case ricolme di beni di consumo, non sarebbe più proficuo e utile occupare quello spazio con qualcuno il quale, una volta presi accordi molto precisi, possa contribuire alle spese?
Ed è davvero così brutto prendere in considerazione l'idea di dividere casa con parenti e/o amici, sempre che si stia in buoni rapporti e che si abbia un minimo di sacrosanta privacy?
Mantenere due case o mantenerne una costituisce enorme differenza economica per una famiglia; ma, al di là di semplici calcoli da ragionieri, potrebbe anche essere un modo temporaneo per condividere saperi, conoscenze, esperienze.
Anzichè accendere la tv, potremmo raccontarci le nostre giornate o succosi aneddoti, anzichè comprare due volte le stesse riviste, comprare una rivista e un libro da leggere e commentare.
Meno elettrodomestici, meno consumi di gas per riscaldare le case, magari meno automobili perchè si riuscirebbe a intrecciare i vari impegni e fare car sharing. Meno Imu, meno tasse, un solo abbonamento Rai. Meno sprechi alimentari, ottimizzazione del tempo libero (se si fanno i turni in cucina e per le pulizie), meno spese di manutenzione (con più persone in casa, si può trovare chi rassetta il giardino o fa piccole riparazioni).
Se fatto con consapevolezza e desiderio di aiutarsi reciprocamente, riusciremmo a superare i piccoli ostacoli quotidiani che i vari caratteri ci proporranno inevitabilmente.
Ma tutto sommato, sarebbe davvero così brutto vivere insieme ad altre persone?
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