venerdì 9 luglio 2010

Ecologia ed etica del lavoro

Sono stata assente parecchio dal mio blog, ma il motivo è che ho avuto parecchio da meditare sull'argomento oggetto di questo post.

Non è che ora abbia le idee chiare, ma non si sa mai che mentre scrivo...

Il lavoro per una persona è molto di più del mero sistema che le consente di portare a casa uno stipendio a fine mese. Il lavoro è un sistema di relazioni, interazioni, ambienti, situazioni, emozioni, eccetera. In poche parole, è un complesso ecosistema che necessita di uno studio approfondito e di un'etica.

Non so come fosse il lavoro ai tempi dei nostri bisnonni e dei nostri nonni, ma le tracce delle loro lotte sono arrivate fino a noi. Perlomeno in Italia, dopo il boom economico degli anni 50 e le dure lotte sindacali, possiamo dire sommariamente che le cose sono andate bene per un po' di tempo.

Ma quello che l'uomo fa alla nostra Terra, sembra rispecchiarsi in tutte le relazioni umane e non che intrattiene: così lo stupro delle risorse del pianeta, l'incuria, il menefreghismo, il massimo profitto a scapito di tutto il resto, l'inquinamento virulento, la sensazione che stiamo facilmente raggiungendo un punto di non ritorno, si riflettono perfettamente anche nell'ambiente che più ci caratterizza nelle società moderne, e cioè sul posto di lavoro.

La tendenza è iniziata da un bel po', ma mai come in questi anni si sta massicciamente diffondendo: aziende senza scrupoli che prendono per la gola le persone che hanno bisogno di lavorare, contratti di lavoro astrusi/pocochiari/capestro che ti rendono precario per 50 anni, uso smodato e indecente degli ammortizzatori sociali (in Italia se non fai fare la Cassa integrazione ai tuoi dipendenti non sei nessuno, le mobilità fioccano), manager assolutamente incapaci di tirarci fuori da questa situazione di "crisi" e nei confronti dei quali nutro il sospetto che non gliene freghi assolutamente niente, tanto loro guadagnano cifre imbarazzantemente elevate.

Le relazioni si sfaldano, non esistono più lo spirito e l'attaccamento aziendale, la gente viene presa a calci in culo dalla mattina alla sera (metaforicamente ma anche fisicamente), vessazioni e oppressioni psicologiche vengono quotidianamente e consapevolmente messe in atto per piegare la dignità delle persone. Proprio come facciamo alla Terra e alle sue risorse.

Deprediamo in nome del profitto non solo il territorio, ma anche le anime della gente; le costringiamo a subire, e nel contempo a essere ubbidienti macchine che guardano la tv e consumano costantemente quello che la pubblicità in tutte le sue forme propina.

Ci alziamo la mattina dentro case standard, pronti a ficcarci in cubicoli nel traffico o, alle brutte, a svenire soffocati sui mezzi pubblici; ci rinchiudiamo otto, dieci ore in stanze spesso insalubri, a fare un lavoro da scimmie sottopagato e talvolta senza senso. Subiamo subiamo, subiamo, spesso senza avere la forza di capire che i nostri aguzzini sono alimentati dalla nostra paura, e che senza di essa non avrebbero più nessun potere su di noi. Finalmente usciamo, per rifare la trafila al contrario della mattina. Se siamo fortunati, la sera usciamo per andare a ficcarci in qualche altro insalubre luogo chiuso (palestra o locale che sia) o per fare la spesa al centro commerciale. Dopo il lavoro, l'unica cosa che possiamo fare è spendere, spendere, spendere (anche guardare la tv è comunque un consumo e una spesa).

Vediamo raramente la luce del sole per più di mezz'ora al giorno, e forse anche la mancanza di luce e di aria non climatizzata ci fa ragionare male: la luce artificiale impedisce i normali processi dell'organismo tipici del ritmo circadiano, e l'aria condizionata ci fa respirare a oltranza la paura, le tensioni, la rabbia di chi lavora nel nostro edificio (purtroppo i filtri non possono nulla sulle emozioni).

Permettiamo ai nostri manager di avere dei comportamenti inaccettabili, tutto in nome del "ringrazia che hai un posto di lavoro, con questa crisi!". Permettiamo di spogliarci dei nostri diritti, e poi ci ritroviamo (come ho visto questi giorni) a fare file interminabili ai centri per l'impiego: di questi tempi c'è più gente in questi posti che nei luoghi di lavoro.

 

Come inquadrare tutto questo in un blog che parla di biologico?

Credo che se reimparassimo tutti a dare il valore alle giuste cose, nessuna multinazionale potrebbe distruggere il pianeta in nome del profitto massimo, e nessun datore di lavoro potrebbe distruggere le vite di tante persone.

Se ricominciassimo a capire che una vita serena e armonica è un valore irrinunciabile, riusciremmo ad avere maggior potere sia su chi depreda che sul nostro capetto.

Se invece di andare nell'ennesimo locale, nell'ennesimo negozio di elettronica, all'ennesima boccalata in TV, coltivassimo sul balcone ma anche in strada delle piccole piante, potremmo notare che non serve lavorare 80 ore settimanali ma ne potrebbero bastare 20 per sostentarci (e decrescere).

Insomma, se ritornassimo a riavere il contatto con noi stessi e con la terra, piano piano la paura sparirebbe, e allora forse potremmo ricominciare a discutere di etica ed ecologia, fuori del e dentro il lavoro.

3 commenti:

  1. Resto di stucco.
    Ma neanche poi tanto.
    Credo che l'argomento del tuo post sia un po' ciò che si sente nell'aria...ne ha parlato anche Erbaviola nel suo ultimo post, mi frulla continuamente nella testa e propino interminabili pipponi ai miei amici e familiari, in ufficio oltre a me ci sono un paio di persone che ne avrebbero più che piene le scatole.....ovunque sento gente che non ne può più di questo sistema in cui ci siamo autoinsaccati, e che vuole trovare un modo per cambiare.
    La mia famiglia (leggasi marito, io, Can, Mice) intanto ha un giardino con poche pianticelle e il composter, e meditiamo sul da farsi a lungo termine.
    E sì, i ritmi circadiani sono seriamente compromessi da tutto l'artificiale che ci circonda, e ancora sì gli umori restano in circolo con l'aria condizionata e personalmente sento proprio fisicamente la sensazione di lasciarmeli dietro la porta dell'ufficio quando esco, e di ritrovare un minimo di me stessa quando entro nel giardino di casa e Can mi scodinzola e sento il profumo della mia menta.
    ......
    C'è un punto di svolta, sempre più vicino, e ne ho fiducia :)
    Barbara

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  2. Ho scritto queste cose per sfogarmi e per capire cosa posso fare io per cambiare le cose. Intanto, mi sono "licenziata", e tremo al pensiero di ritornare in ambienti simili. Poi, concordo assolutamente con te che siamo vicinissimi al punto di svolta!
    Un abbraccio, B.

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  3. Da applauso. Hai riassunto tutto ciò in cui credo e per cui combatto ogni giorno, dolorosamente e faticosamente. Grazie, bellissimo post.

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