mercoledì 30 dicembre 2009

Buon anno!

Buon anno a tutti,

ma in particolar modo al pescivendolo che stamattina disponeva le fette di pangasio (ma ancora lo vendono?) sul bancone e ne ha fatta cadere una; incurante del fatto che fosse finita sull'asfalto l'ha raccolta e risistemata dietro le altre senza nemmeno sciacquarla. Di sicuro il malcapitato acquirente sentirà un sapore diverso dal solito su quella fetta.

Buon anno a tutti quelli che se ne fregano delle file e ti passano davanti con grande faccia tosta, e ti fanno passare per strano se poco poco glielo fai notare.

Buon anno ai coatti della strada, che sgasano e accelerano a tutta birra per poi ritrovarsi dietro di te in fila al semaforo.

Buon anno ai vicini del piano terra, che per tutto l'anno hanno tenuto sporco il condominio e oggi per farci degli auguri veramente degni hanno lasciato l'immondizia fuori della porta. Davanti al portone...

Buon anno a chi non ricicla e non divide l'immondizia, se continuane così riusciremo ad avere ognuno il suo inceneritore personale.

Buon anno ai signori delle pandemie, che quest'anno avranno aumentato i fatturati delle loro industrie del 300%

Buon anno alla tv, che spero diventi presto uno strumento obsoleto.

 

Buon anno ai furbi, ai distratti, ai menefreghisti, ai cattivi. Che il prossimo anno sia per loro un anno di cambiamento.

E buon anno a tutti noi, che ogni giorno nel nostro piccolo ci arrabattiamo, pensiamo, ricicliamo e risparmiamo.

 

 

 

Ps: il prossimo post sarà dedicato ai vuoti...

lunedì 21 dicembre 2009

Labbra morbide, labbra al petrolio

iorni fa, tiro fuori un burrocacao risalente al paleolitico.

E' di una marca abbastanza nota, della quale ovviamente non farò il nome.

Lo apro, e noto subito la differenza di colore tra questo e il mio ecologicissimo stick Lavera: il primo è di un bianco candido e molto morbido nonostante la temperatura rigida, il secondo in confronto è di un giallo poco invitante e abbastanza sodo.

Apro una lunga parentesi...

La prima cosa da fare quando si acquista un burrocacao (ma anche rossetti e gloss in generale) è guardare gli ingredienti. Questo perchè ciò che mettiamo sulle labbra finisce inevitabilmente per essere ingerito. Laddove la pelle in qualche modo assorbe gli ingredienti (sia buoni che cattivi di una crema) se veicolata da certe sostanze, state certi che il burrocacao verrà completamente a contatto con il nostro organismo direttamente dal tubo gastrico.

Quindi, se fossi in me (ma anche in voi), ci penserei su due volte ad applicarmi un qualcosa il cui ingrediente principale è un derivato del petrolio.

Come dite, non capite?

Con l'aiuto del biodizionario e di altre ricerche in rete, cerchiamo di analizzare il candido, innocente stick di burrocacao.

Petrolatum = antistatico, emolliente. Il petrolato è un derivato del petrolio, un gel ottenuto per raffinazione. E' anche noto come vaselina. La vaselina è inerte, ma voi ingoiereste un prodotto chimico sinteticissimo e non proprio nutriente?

Ceresin= altro prodotto non proprio consigliatissimo, dato che pare sia una miscela di idrocarburi. Viene solitamente usata per sostituire la cera d'api, che è probabilmente un ingrediente più costoso.

Olio di Ricino, di avocado e burro di karitè= finalmente tre ingredienti veri, hanno proprietà emollienti e nutrienti.

Ethyl vanillin = aroma sintetico, tre volte e mezzo più forte dell'aroma vero di vaniglia. Viene utilizzato moltissimo nell'industria alimentare per invogliare il consumo dei dolci (spesso è nello zucchero vanigliato)

BHA e BHT= antiossidanti sintetici. Scagionate da alcune ricerche, non sono propriamente salutari. Cosa ci fa all'organismo un conservante? Ci mantiene mummificati? Il brutto è che queste sostanze sono usate anche dall'industria alimentare.

 

Dopo questa breve analisi che riguardava alcune sostanze di questo fantastico burrocacao (in tutto ci sono 14 ingredienti), scopro che quell'innocente cilindretto che mi metto sulle labbra è proprio una brutta cosa. Certo, le labbra non patiscono il freddo, ma ci credo, le asfaltiamo col petrolio!

Per confronto dovrei mettere anche gli ingredienti dello stick ecobio, ma è un elenco lunghissimo: vi basti sapere che le sostanze suddette tranne quelle naturali sono assenti, e il primo elenco della lista (quindi il più consistente) è il burro di karitè, unito a diversi oli. Tutti ingredienti emollienti e decisamente più sani.

Addirittura, seguendo alcuni blog o siti di ricette fai da te, è possibile farsi in casa l'emolliente labbra più naturale che ci sia:

http://mieicosmetici.blogspot.com/2009/05/burrocacao-nuova-ricetta.html

C'è altro da dire, se non smettere di usare certi prodotti?

Buone labbra nuove!

 

Ps: mai abusare del burrocacao. Dosi eccessive possono provocare l'effetto opposto a quello sperato (di ammorbidire) e screpolare ancora di più le labbra.

mercoledì 16 dicembre 2009

scusate l'assenza

Chiedo scusa alle migliaia di fan che ogni giorno leggono la mia pagina (seeeeeee), ma in questi frenetici ultimi giorni dell'anno ho talmente tanti impegni che non riesco a mettermi con impegno a produrre cav...ehm interessanti argomenti.

Ci vediamo appena posso ;-)

sabato 5 dicembre 2009

Il foie gras è una malattia

Fonte: Promiseland

 

 

Gran Bretagna, 007 contro il foie gras. Roger Moore eletto «persona dell'anno»

Da tre anni è attivamente impegnato contro il consumo del paté di fegato d'oca. Riconoscimento della Peta all'attore che ha interpretato James Bond in sette film della fortunata serie

«Il foie gras è una malattia, non una prelibatezza». Parola di Bond, James Bond. Anzi, no. Parola di baronetto. A pronunciare la drastica sentenza sul patè più amato dai francesi (e non solo da loro) è stato infatti Sir Roger Moore, l'attore che ha impersonato in ben sette film il più famoso agente segreto della storia del cinema, a conclusione del suo videoappello a non acquistare fegato d'oca nei negozi e a non ordinarlo nei ristoranti. Moore, che è anche ambasciatore dell'Unicef, ha deciso di prestare la propria immagine all'associazione Peta (People for ethical treatment of animals) facendosi promotore della campagna contro un prodotto alimentare che esiste solo in quanto risultato finale di una malattia indotta forzatamente nelle oche e nelle anatre. E proprio grazie a questo suo attivismo è stato scelto nei giorni scorsi dalla stessa Peta come «Persona dell'anno della Gran Bretagna».

ALIMENTAZIONE FORZATA - Il foie gras, letteralmente fegato grasso, viene infatti ottenuto inducendo nelle oche o nelle anatre la steatosi epatica, un fenomeno dovuto all'ingrossamento abnorme che registra il fegato a seguito dell'ingestione di grosse quantità di mais e altri mangimi. Un risultato, questo, che viene ottenuto infilando nel becco e nel collo degli animali un lungo tubo di metallo attraverso cui viene fatto passare il cibo compresso senza che il povero volatile abbia la possibilità di opporvisi. La produzione di foie gras è illegale in molti paesi, in quasi tutti quelli dell'Ue, anche se proprio nel cuore dell'Europa, in Francia e in Belgio, il foie gras è considerato uno dei fiori all'occhiello della cucina regionale. In Italia la produzione è illegale dal marzo 2007.

UN 80ENNE IN PRIMA LINEA - Sir Roger, 82 anni, ha iniziato nel 2006 a prendere posizione contro il foie gras. In tempi recenti la sua campagna per conto di Peta ha registrato un grosso successo: la catena Selfridges ha deciso che avrebbe eliminato il foie gras dai propri magazzini. Moore aveva anche scritto a tutti i membri della House of Commons, uno dei rami del parlamento britannico, chiedendo loro di impegnarsi attivamente nella battaglia contro la vendita di questo genere di cibo nel Regno Unito ed era intervenuto su diversi media inglesi per sostenere la battaglia per la salvaguardia di oche e anatre.

giovedì 3 dicembre 2009

La Biologia delle credenze - B. Lipton

La Biologia delle credenze è un libro che ci apre un punto di vista completamente diverso dal solito approccio accademico/darwiniano che da quasi duecento anni ci "perseguita".
Cos'è una credenza,oltre ad essere un armadio elegante per cucine e saloni?
La credenza è l'idea che ci siamo fatti di una cosa, una situazione o un evento, ma che abbiamo anche "ereditato" dalle persone che ci circondano.
Mi spiego con un esempio che riporta anche l'autore: la maggior parte di noi se vedesse uscire da un libro un serpente, come minimo caccerebbe un urlo, getterebbe il libro in terra e scapperebbe a gambe levate.
Questo perchè a molti di noi, che non hanno mai avuto a che fare con un serpente, hanno insegnato che il serpente è pericoloso, che fa del male (addirittura che è il male).
Ma noi in realtà non abbiamo mai sperimentato un contatto con un serpente, e non riusciamo
probabilmente a distinguere un innocua biscia da un serpente velenoso.

Come questa e anche le altre credenze errate o impaurenti influenzano la nostra biologia interna?
Attraverso una serie di risposte di difesa che impediscono all'organismo di crescere nel giusto modo.
Lipton spiega perfettamente come funziona questo meccanismo e ci racconta che le cattive credenze ci complicano la vita, modificano le nostre cellule e ci causano malattie; cosa ancora più significativa, non ci permettono di vivere nel nostro pieno potenziale.
Attraverso un'interessantissima analisi biologica ampiamente sperimentata (non è il dna il cervello della cellula bensì la membrana cellulare con i suoi innumerevoli recettori), delle considerazioni fisiche e fisiologiche eccellenti ben documentate, Lipton ci porta in un universo parallelo fatto di spirito, corpo, consapevolezza.
Per crescere una persona sana, veramente libera e pienamente consapevole, è fondamentale il ruolo dei genitori fin da prima del concepimento; quello che i nostri genitori pensano o ci trasmettono anche non oralmente determina la gran parte delle nostre credenze.

Libro decisamente interessante, da leggere con estrema attenzione e partecipazione.
Non dà consigli su come smantellare le credenze sbagliate, ma ci rimanda a metodo che almeno in Italia non mi pare sia ancora famoso; in ogni caso, la vastissima gamma di trattamenti volti proprio a smantellare i nostri bug mentali può aiutarci senz'altro.

Potrei aggiungere che Bruce Lipton è un serio professore di Biologia e un grande ricercatore, che il suo libro ha vinto il premio come miglior libro di scienza.
Ma anche questa secondo me è una credenza, nel senso che noi ci fidiamo o diamo valore solo alle parole dei pluridecorati/riconosciuti/accreditati esperti piuttosto che, ogni tanto, provare a ragionare e sentire con le nostre cellule.

 

credenze.jpg
La Biologia delle Credenze - come il pensiero influenza il DNA di ogni cellula

Bruce H. Lipton

Macroedizioni - maggio 2007

16,50 euro

Valutazione: 8/10

mercoledì 2 dicembre 2009

Sono una consumatrice. punto.

Da qualche giorno alla radio si fa strada un'insistente pubblicità riguardante un web magazine che dovrebbe guidarci all'acquisto delle ultimissime novità in fatto di moda. La pubblicità ci martella con la finto allegra voce di una donna che scoppia di gioia (finta) nel declamare quanto sia felice di essere una shopping victim; la donna commenta con ironia che non importa quello che gli altri dicono di lei, sottintendendo che magari la potrebbero considerare un pò tocca o quantomeno eccessiva nella sua mania degli acquisti, l'importante è che lei riesce a trovare sempre le nuove tendenze, anticipa la moda, è protagonista. E' più o meno questo il senso che le fa dire di essere una vittima felice dello shopping.

Ora, se la donna della pubblicità si fermasse a ragionare un momento, scoprirebbe che nell'accezione comune il termine vittima significa le seguenti cose:

(fonte: Sabatini Coletti)

vittima [vìt-ti-ma] s.f.
  • 1 Animale o persona immolata come offerta sacrificale alla divinità: offrire buoi come v. a Zeus

  • 2 estens. Chi muore o chi subisce grave danno in seguito a un incidente, a una calamità naturale, a una malattia e simili: le v. di guerra, di un terremoto; rimanere v. di un incidente stradale

  • 3 estens. Chi è perseguitato o subisce in qualunque modo una sopraffazione: popolazione v. del razzismo; essere v. della moglie; chi è danneggiato da una situazione o da un comportamento: essere v. di un malinteso || fam. atteggiarsi a v., fare la v., sentirsi oggetto di persecuzione, spesso senza reali motivi

Vale a dire che una vittima è chi subisce un evento non piacevole per volere di altri o del fato o chi subisce angherie; addirittura nel significato più antico è vittima l'offerta sacrificale agli dei.

Un termine decisamente altisonante e non del tutto positivo per definire quindi chi è semplicemente un compulsivo degli acquisti.

Ma forse è proprio questo il punto: le shopping victims sono consapevoli oggetti di sacrificio sull'altare del consumismo, sono sopraffatte nella loro volontà e non pensano ad altro che al televisore nuovo piuttosto che alle ultimissime scarpe di grido.

In ogni caso, parliamo di uno status e non di una persona.

Essere vittime della moda (o di qualsiasi altra produzione artistica o materiale) è solo uno degli stati dell'essere, non certamente l'essere completo. Identificarsi in uno stato non positivo e non vedere se stessi al di là di questo, ci porta ad essere completamente quello che il sistema vuole: consumatori prima che persone.

Io sinceramente ci penserei due volte a definirmi in questo modo; non è figo o trendy, è un'alterazione della propria consapevolezza e un riuscitissimo tentativo di manipolazione.

In ogni caso, quello che penso io è decisamente relativo e così, tutti contenti, possiamo allegramente dire di essere vittime di questo o dipendenti da quest'altro; possiamo essere misurati in termini di quanto consumiamo (consumatori) o di quanto rendiamo (forza lavoro). Ci etichettano come turisti quando andiamo fuori di casa, come pazienti quando andiamo dal medico, come spettatori quando assistiamo a qualcosa che altri mettono in scena.

La bellezza della lingua italiana è che abbiamo migliaia di termini per definire gli stati o le azioni (passive in questo caso), e per questo riusciamo a scrivere migliaia di frescacce per incartare il prossimo.

Difficilmente però leggo di persone, persone rispettate nelle loro diversità e accettate.

Per il grande circo del consumismo non esistono persone, esistono dei piccoli automi che devono conformarsi a ciò che le industrie tirano fuori.

Andare in giro per vetrine cool o leggere riviste di tendenza ci fa davvero anticipare la moda? Per anticiparla la si dovrebbe inventare, e quindi nessuno potrebbe ancora scrivere nulla; diversamente, potremmo (a caro prezzo) solo essere un filino più avanti degli altri nell'indossare pantaloni baggy, un anello di stoffa e profumo, mentre si è cool hunter e si va dal parrucchiere a... udite udite... rifarci la cresta punk perchè è tornata di moda.

sabato 28 novembre 2009

Un pasto di ordinaria follia

Devo ringraziare uno di quei raptus che colgono noi donne più o meno una volta al mese se ieri a pranzo sono entrata in un famoso fast food. Il mio istinto (?) mi ha spinta verso il trash, dovevo riempire il mio corpo di robe che terrò in corpo per almeno una settimana, vista la difficoltà che avrà il mio sistema digestivo a smaltirle. Così almeno ci sarà qualcosa a farmi compagnia durante la "settimana santa".

Arrivo alla cassa, sperando di trovare un pasto (leggasi panino) vegetariano che ovviamente non c'era, prendo un hamburger e patatine.

Il primo morso dell'hamburger è stato terrificante. Giuro. Un bolo di carne non ben identificata mischiata a insalata, pomodoro e salsa mi è arrivato in bocca e poi in gola graffiandomi. Acidissimo, il sapore più rancido che abbia mai provato ultimamente; senza voler esagerare, mi ha provocato la stessa sensazione di bruciore del vomito a stomaco vuoto. Una persona normale avrebbe buttato il panino, ma oggi la mia razionalità e il mio istinto sono andati a farsi benedire. Io invece mi sono fatta dominare dal marketing e dall'industria degli aromi, e dopo il primo cloridrico morso, inspiegabilmente il panino ha iniziato a cambiare sapore, ed è diventato gradevole. Tanto ha potuto quel mix, che alla fine e nonostante tutte le mie elucubrazioni etiche (stavo mangiando carne, e carne più che sfruttata, stavo mangiando cibo ecocida, stavo contribuendo ad inquinare il mio corpo per i prossimi sei giorni e il mondo per molto altro tempo), panino e patatine sono scomparsi.

Credo che il meccanismo  scattato nella mia mente e dentro la bocca non sia stato un caso; il fenomeno fast food è stato analizzato e rianalizzato in decine di ottimi libri (fast food nation, i figli di Mc Donald's, ecocidio, supersize me, eccetera), e non è necessario fare retorica su un argomento tanto sviscerato. Ma ritengo che per mangiare un certo tipo di cibo molto conta la strategia alimentare che c'è dietro le cucine (e dentro i laboratori).

La cucina dei fast food è ricca di esaltatori di sapidità e di aromi artificiali o naturali estratti artificialmente decisamente invitanti(Schlosser nel suo Fast food nation lo racconta egregiamente in un capitolo).

Come ho avuto modo di verificare oggi di persona, l'ingrediente principale di un fast-menu è il sale. Un panino ne contiene 2,6 grammi (che rappresenterebbe il 52% della dose giornaliera raccomandata), una confezione medio-piccola di patatine 2,2 gr (il 44%).

Un panino e una dose di patatine raggiungono la soglia strepitosa di 4,8 gr di sale, che è la percentuale massima giornaliera raccomandata per un adulto. Per non aggiungere poi lo zucchero della bibita (più o meno l'equivalente di 10 zollette di zucchero, 39 gr http://www.sugarstacks.com/) e l'acido ortofosforico che bene non fa assolutamente.

Attenzione però, abbiamo detto dose raccomandata per un adulto, ma anche qui sarebbe da specificare "consumare con estrema moderazione junk food ed evitare di arrivare a consumare ogni giorno 5 gr di sale".

E se fosse un bambino a mangiare questo cibo? E se il bambino lo consumasse, mettiamo il caso, una volta a settimana?

Rischieremmo di ritrovarci con futuri ipertesi, futuri diabetici, e con palati precocemente sfioriti e bruciati dal sale e dallo zucchero.

Proseguo con l'analisi del mio caro menù, e noto che il panino contiene 27 gr di grassi (ritengo per la maggior parte saturi in quanto provenienti da carne, similformaggio e salse) e le patatine addirittura 28 (tutti saturi o comunque rifritti). Cioè, l'82% di grassi giornalieri.

Mi sembra strano che nell'analisi del panino e delle patatine non sia menzionato lo zucchero, ma sono sicura (visto il sapore estremamente dolce) che almeno nel pane lo zucchero ci sia.

 

Insomma, con un solo pasto ho intasato il mio stomaco, ingerito una mole di sale e grassi impressionanti, e se voglio rimanere in linea con calorie e altre percentuali stasera dovrò limitarmi a guardare mangiare, mentre sgranocchio una lattuga dissalata.

Ma, almeno, so come dovrò comportarmi nei prossimi giorni o al prossimo raptus (chili e chili di frutta a portata di zampa).

Purtroppo, non sarà lo stesso per i tanti ragazzi che diverse volte a settimana mangiano questi pasti ipertutto; giorno dopo giorno, i loro organismi si riempiranno di calorie che non riusciranno a smaltire del tutto perchè i tessuti dei loro organismi saranno intrisi di liquidi che saranno "ritenuti" all'interno e non espulsi a causa del troppo sale. Il loro corpo inizierà a gonfiarsi e ad accumulare i troppi ingeriti grassi che non riuscirà a smaltire con la giusta velocità e precisione. Lo zucchero, amatissimo veleno, arriverà piano piano a superare la soglia minima di tolleranza per il nostro organismo, causando a più di qualcuno problemi diabetici.

Ma non è colpa dei fast food naturalmente. La colpa è dei genitori che non controllano quello che mangiano i loro figli e consegnano loro del denaro delegandogli la responsabilità del pasto , la colpa è delle scuole che non insegnano educazione alimentare.

No, la colpa non è dei fast food. Sebbene potrebbero fare qualcosa in merito abbassando quantomeno le quantità di sale, grassi e zuccheri dei pasti che offrono.

 

 

venerdì 27 novembre 2009

PERCHE' NON SI PUO' VIVERE SENZA GERMI

di Garry Hamilton per The Ecologist

Nella guerra contro i germi, siamo noi i veri sconfitti?

Esiste un qualcosa come l'essere troppo puliti?

Nell'estate del 2000, in America, ogni settimana ci furono novità sulla guerra ai batteri. Le storie seguenti erano erano le più visibili: una società di distribuzione di generi alimentari con sede a Seattle lancia sul mercato il pomodoro "one touch" (tocca una volta sola); la Federal Drug Administration degli Stati Uniti (FDA) annuncia piani per garantire la sicurezza dei formaggi fermentati a freddo; un'azienda leader nella produzione di collutori arricchisce la lista dei più di 700 germicidi in commercio (più di 700) con le sue strisce adesive di materiale antimicrobico per l'igiene orale, grandi come un pollice, che i consumatori devono mettersi sulla lingua; fu lanciato perfino un nuovo shampoo antibatterico, concepito per eliminare dai tappeti i germi che gli animali domestici lasciano dietro di sé. Naturalmente, un simile fuoco di sbarramento non è una novità. Fin da quando sono stati considerati responsabili delle malattie infettive, la gente ha intensificato i suoi sforzi per distruggere i germi, sognando il giorno in cui questi nemici invisibili non esisteranno più. Le battaglie finora vinte - la sconfitta della poliomielite, il drastico calo della mortalità infantile in Occidente, lo sradicamento del vaiolo in tutto il mondo - incoraggiano a continuare il combattimento verso mete più avanzate. Ma le recenti sconfitte, come la minaccia di nuovi agenti patogeni, il ritorno di vecchi nemici e lo sviluppo di ceppi resistenti agli antibiotici, ci ricordano che non dobbiamo mai abbassare la guardia. Saggezza vuole che, nella guerra contro i germi, non si possa mai riposare sugli allori. A onor del vero, però, questa definizione delle malattie infettive è troppo semplice. In primo luogo, non tiene conto del fatto che i batteri sono dovunque. Vivono nel terreno e nell'acqua, sono trasportati dalle correnti d'aria. Sopravvivono in assenza di ossigeno e di luce solare. Formano fitte colonie su ogni tipo di superficie artificiale. E la loro presenza non è affatto banale. La scoperta di batteri all'interno dei vulcani, negli acquitrini salati, nel granito solido, nelle fosse oceaniche a 345°C e nelle riserve di petrolio a migliaia di metri sotto la superficie terrestre, ha portato a calcolare che i microbi superano in peso tutte le altre forme di vita messe insieme! I batteri, inoltre, rappresentano una componente importante dell'organismo umano. Dalla nascita alla morte, siamo ricoperti da capo a piedi di un ricco tappeto vivente che è il frutto di migliaia, se non milioni di anni di coevoluzione fra corpo umano e microbi. Si crede che questi microbi siano concepiti per proteggerci da quelli nocivi ed interagiscano con le cellule del nostro organismo in modi sottili ma importanti che solo adesso stiamo imparando a conoscere. Infine, il nostro concetto di malattia ignora il fatto che la nostra posizione in questo brodo microbico è cambia continuamente. Un batterio che uccide una persona, può essere innocuo per un'altra. Un germe può essere benigno oggi e rappresentare un problema domani. Questi germi importanti che vivono nel vostro corpo nel posto e nel momento sbagliato diventano letali. Tutto ciò vuol dire che è profondamente falsato il significato che diamo ai batteri.

Riusciamo a capire quando ci fanno ammalare, ma non in che modo ci mantengono in salute. Consideriamo l'infezione una malattia quando non lo è: se lo fosse, saremmo già tutti morti. Perciò a combattere indiscriminatamente i germi può darsi che facciamo un gravissimo errore e cercando di rendere igienico il nostro ambiente, mettiamo in pericolo i fondamenti stessi della nostra sopravvivenza. Davanti all'intensificarsi della guerra contro i batteri alcuni ricercatori hanno cominciato a dire che è giunto il momento di considerarli da un punto di vista più ampio, che meglio rifletta la nostra posizione in un mondo pieno di batteri. Alcuni, addirittura, sostengono che siamo già andati troppo oltre. Ciò che occorre non è una minore esposizione ai microbi, ma al contrario abbiamo bisogno di essere più esposti. "Esiste un qualcosa come l'essere troppo puliti?", si chiede Stuart Levy, direttore del "Center for Adaptation Genetics and Drug Resistance" dell'Università di Tufts a Boston, "Penso di sì". Naturalmente, per la maggior parte dei microbiologi tale affermazione è un'eresia. Illuminati dalla moderna teoria sui germi essi, come la maggior parte di noi, considerano i batteri dei microrganismi unicellulari che seminano devastazione nel corpo umano. È un punto di vista basato su una serie di regole formulate per la prima volta da Robert Koch, scienziato tedesco del XIX secolo. Tali regole, oggi note come "postulati di Koch", forniscono i criteri per dimostrare che un determinato microrganismo è responsabile di una malattia. Primo, l'organismo deve essere sempre riscontrabile in una persona ammalata. Secondo, tale organismo deve essere isolato e in grado di crescere in colture pure. Terzo, se inoculato in cavie modello, il microrganismo deve provocare la malattia. Quarto, lo stesso organismo deve essere isolato da questi ultimi animali dopo la comparsa della malattia. Alla luce di queste regole, i moderni microbiologi sono diventati sostanzialmente cacciatori di microbi. Il loro compito è quello di snidare i batteri collegati ad una data malattia, studiarli nei minimi particolari - spesso fino all'ultima sequenza di nucleotide - ed orchestrare la loro eliminazione dal corpo umano o, meglio ancora, dal mondo intero. La storia dimostra che tale guerra contro i batteri non è stata una totale perdita di tempo. Ma, in realtà, la moderna teoria sui germi che la sorregge non è in grado di spiegarci chiaramente le malattie infettive...

 

 

Fonte: L'Ecologist Italiano

lunedì 23 novembre 2009

Incontri "diversi"

Quando vogliamo incontrarci con degli amici o dei familiari, la prima cosa che ci diciamo è "andiamo a mangiare/bere qualcosa insieme".

Queste due proposte vincono con larghissimo distacco tutte le altre successive (gite fuori porta, visita ai musei, passeggiate, incontri culturali, eccetera).

Certo, è bello e culturalmente accettato il condividere un pasto insieme a chi ci piace, ma come ho già avuto modo di dire, è limitante e sembra essere l'unica soluzione per passare del tempo insieme.

Da qui a tutto il mese prossimo e oltre, non mancheranno le occasioni per vedere tante persone, anche quelle che non vediamo per un intero anno.

E' proprio in questo momento che possiamo organizzare delle serate (o pomeriggi o mattinate) diverse, che ci lascino qualcosa in più dell'acidità di stomaco post prandiale.

Un "mercatino" di scambio che consenta, tra amici e parenti, di rimettere in uso oggetti, libri ma anche cibo che a noi non interessano o non servono più, può farci tornare a casa felici di aver passato del tempo in gradevole compagnia e contenti per essersi liberati di roba che altri invece avranno cura di utilizzare. Passare un oggetto a un'altra persona può darci modo di raccontare la storia di quell'oggetto nella nostra casa, un modo diverso di fare conversazione e che racconta di noi molto più della descrizione dello shopping del sabato o delle partite della domenica.

 

Si possono anche organizzare dei laboratori d'apprendimento, dove chi del gruppo ha la conoscenza di un argomento mette a disposizione degli altri la sua esperienza; soprattutto sui laboratori manuali è molto educativo il coinvolgimento dei più piccoli: fare un laboratorio di panificazione o di pasta fresca ad esempio, e consentire ai bambini di mettere le mani in pasta, sarà un'esperienza gratificante.

 

Un altro modo per incontrarsi in maniera alternativa è quello di visitare luoghi di interesse archeologico, o artistico. Tutti insieme, e se proprio vogliamo mangiare insieme portiamoci il pranzo al sacco e troviamo un posto per fare un piccolo pic nic.

 

Ancora in casa, o in qualche sala se il gruppo è nutrito, sarebbe bello tirar fuori l'idea del club del libro, o di qualsiasi altra attività/argomento che possa portare ad intavolare delle discussioni pacifiche. In questo caso saranno vietati il calcio, la politica e la religione :-)

 

Di idee ce ne sono veramente tante, e tutte a costi praticamente vicini allo zero.

E' un modo anche questo per risparmiare e rispettare il pianeta, la nostra persona  e per allenare la nostra mente.

venerdì 20 novembre 2009

Gli additivi alimentari - parte seconda

Classificazione degli additivi

 

 

COLORANTI - Definizione

I coloranti sono sostanze che conferiscono un colore ad un alimento o che ne restituiscono la colorazione originaria, ed includono componenti naturali dei prodotti alimentari e altri elementi di origine naturale, normalmente non consumati come alimenti né usati come ingredienti tipici degli alimenti.

EDULCORANTI - Definizione

Gli edulcoranti sono sostanze utilizzate per conferire un sapore dolce ai prodotti alimentari o per la loro edulcorazione estemporanea.


ADDITIVI DIVERSI DAI COLORANTI E DAGLI EDULCORANTI -
Definizioni
Si intendono per:

a)    "conservanti" le sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato da microorganismi;

b)      "antiossidanti" le sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato dall'ossidazione, come l'irranci-dimento dei grassi e le variazioni di colore;

 


c)     "coadiuvanti", inclusi i solventi veicolanti, le sostanze utilizzate per sciogliere, diluire, disperdere o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare senza alterarne la funzione tecnologica (e senza esercitare essi stessi alcun effetto tecnologico) allo scopo di facilitarne la manipolazione, l'applicazione o l'impiego;

d)      "acidificanti" le sostanze che aumentano l'acidità di un prodotto alimentare e/o conferiscono ad esso un sapore aspro;

e)      "correttori di acidità" le sostanze che modificano o controllano l'acidità o l'alcalinità di un prodotto alimentare;

 

f)        "antiagglomeranti" le sostanze che riducono la tendenza di particelle individuali di un prodotto alimentare ad aderire una all'altra;

g)      "antischiumogeni" le sostanze che impediscono o riducono la formazione di schiuma;

h)     "agenti di carica" le sostanze che contribuiscono ad aumentare il volume di un prodotto alimentare senza contribuire in modo significativo al suo valore energetico disponibile;

i)        "emulsionanti" le sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare;

j)        "sali di fusione" le sostanze che disperdono le proteine contenute nel formaggio realizzando in tal modo una distribuzione omogenea dei grassi e altri componenti;

k)     "agenti di resistenza" le sostanze che rendono o mantengono saldi o croccanti i tessuti dei frutti o degli ortaggi, o che interagiscono con agenti gelatificanti per produrre o consolidare un gel;

l)        "esaltatori di sapidità" le sostanze che esaltano il sapore o la fragranza o entrambi di un prodotto alimentare;

m)    "agenti schiumogeni" le sostanze che rendono possibile l'ottenimento di una dispersione omogenea di una fase gassosa in un prodotto alimentare liquido o solido;

n)     "gelatificanti" le sostanze che danno consistenza ad un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel;

o)      "agenti di rivestimento" (inclusi gli agenti lubrificanti) le sostanze che, quando vengono applicate sulla superficie esterna di un prodotto alimentare, gli conferiscono un aspetto brillante o forniscono un rivestimento protettivo;

p)      "umidificanti" le sostanze che impediscono l'essiccazione dei prodotti alimentari contrastando l'effetto di una umidità atmosferica scarsa o che promuovono la dissoluzione di una polvere in un ambiente acquoso;

q)      "amidi modificati" le sostanze ottenute mediante uno o più trattamenti  chimici di amidi alimentari, che possono aver subito un trattamento fisico o enzimatico e possono essere fluidificati per trattamento acido o alcalino, sbiancati;

r)      "gas d'imballaggio" i gas differenti dall'aria introdotti in un contenitore prima, durante o dopo aver introdotto in tale contenitore un prodotto alimentare;

s)       "propellenti" i gas differenti dall'aria che espellono un prodotto alimentare da un contenitore;

t)        "agenti lievitanti" le sostanze, o combinazioni di sostanze, che liberano gas aumentando il  volume di un impasto o di una pastella;

u)      "sequestranti" le sostanze che formano complessi chimici con ioni metallici;

v)      "stabilizzanti" le sostanze che rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare. Essi comprendono le sostanze che rendono possibile il mantenimento di una dispersione omogenea di due o più sostanze immiscibili in un prodotto alimentare ed includono anche sostanze che stabilizzano, trattengono o intensificano la colorazione esistente di un prodotto alimentare;

w)  "addensanti" le sostanze che aumentano la viscosità di un prodotto alimentare.

 

 

Gli additivi 'naturali'

Aceto
L'aceto è frutto della fermentazione del vino. Noto fin dal tempo dei Romani, veniva usato anche come dissetante.
L'aceto è impiegato come conservante per le verdure (sottaceti) e nella fase di preparazione delle verdure (scottatura o bollitura) per la successiva conservazione sotto'olio.

Alcool
L'alcool ha la proprietà di creare un ambiente poco favorevole allo sviluppo di microrganismi già da concentrazioni superiori al 15%. Puro o come liquore, es. grappa, viene impiegato per la conservazione di frutta come albicocche, amarene, ciliege, prugne, uva.

Limone
Il succo del limone è un buon antiossidante. Viene usato per evitare che verdure e frutta diventino nere dopo il taglio (es. carciofi, melanzane, macedonia di frutta ecc.)

Olio

Ottenuto dalla spremitura delle olive (o per estrazione dalle arachidi, girasole, mais, soia ecc.) permette la conservazione degli alimenti isolandoli dall'aria e quindi dai germi.Acciughe, funghi, ortaggi, sgombro e tonno sono i principali alimenti conservati sott'olio.

 

Sale
Uno dei metodi più antichi di conservazione degli alimenti. Usando il sale è possibile conservare gli alimenti in due modi:
Salatura: consiste nello stipare il prodotto alternando strati di sale all'alimento. La conservazione, in un periodo iniziale, deve avvenire pressando il prodotto.
La salatura è usata soprattutto per acciughe e baccalà, ma anche per i capperi, la bresaola ed altri insaccati.
Salamoia: consiste nel conservare il prodotto in una soluzione di acqua e sale (circa 10%).
La salamoia è usata soprattutto per olive ed ortaggi.

Zucchero
Lo zucchero in elevate concentrazioni impedisce la fermentazione. Con il 60-70% di zucchero le marmellate si riescono a conservare per lunghi periodi senza difficoltà.
Soluzioni zuccherine con concentrazioni più basse, circa 20-25%, consentono, previa sterilizzazione, la conservazione della frutta.
Vari sono i tipi di zucchero:
fruttosio - nella frutta e nel miele,
glucosio - nella frutta e nel miele,
lattosio - nel latte,
maltosio - dai cereali,
saccarosio - deriva dalla canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero, è il più usato nelle nostre case.

 

martedì 10 novembre 2009

Del (contagio) suino e d'altri demoni

Nell'avido di notizie panorama italiano, ritengo giusto che ci sia un post in questo blog sull'influenza suina, o aviaria, o Haccademica che dir si voglia.

Tranquilli, non sarò nè pro nè contro il temibile vaccino, sebbene nemmeno sulla sedia elettrica cederei alla lusinga di farmi una... siringa.

Sul web si trovano tantissimi link, interviste, servizi che spiegano come è nata quest'influenza (o meglio, progettata a tavolino) e su come Big Pharma abbia lucrato e stia lucrando con i suoi farmaci.

Voglio fare solo una piccola, sciocca considerazione sul tanto clamore mediatico che la morte di ogni singola persona suscita sulle testate giornalistiche e, presumo (poichè non vedo tv), televisive.

Ogni anno muoiono migliaia di persone a causa dell'influenza stagionale; ogni anno ne muoiono tantissime a causa dell'inquinamento.

Ma di questi poveri disgraziati se ne è saputo e se ne sa molto poco. Ogni anno muoiono centinaia di persone sul lavoro, alle quali non si dà mai spazio sufficiente per analizzare le cause e fare un culo come un secchio ai datori di lavoro.

Alla stampa il passato non interessa. Alla stampa interessa ora la pandemia, parolone apocalittico che suscita terrore, ricordi ancestrali di peste e tifo. La pandemia vende, vende paura, vaccini e audience. Vuoi mettere parlare di uno sfigato che si è rotto il collo cadendo da un'impalcatura con una "bella" morte causata da un mostro invisibile a tre teste?

Solo per citare qualche dato, la passata stagione sono morte in Italia circa 8000 persone, ad oggi  ci hanno lasciati 34 poveri cittadini, la maggior parte dei quali però aveva altre patologie più o meno gravi. Solo per citare alcuni dati, l'OMS prevede che entro il 2030 ci saranno oltre 12 milioni di morti per tumori (http://www.giornaledizona.com/notizie/salute/tumori-oms-12-mln-morti-nel-2030-di-cui-9-mln-in-paesi-poveri.asp).

Quello che dovremmo chiedere ai media è di non alimentare in alcun modo le paure delle persone per vendere vaccini o medicinali.

Le persone corrono in farmacia e si riempiono di medicinali e di antibatterici, e grazie anche ai timori che provano magari si rimpinzano di farmaci e trascurano di fare prevenzione.

Quale prevenzione, quella di Topo Gigio?

Assolutamente no.

La prima prevenzione è quella di staccare tv e smettere di comprare giornali,

La seconda è quella di iniziare a ragionare con la propria testa e cercare sempre prova dei fatti che ci raccontano da altre fonti

La terza, la più importante, è di mangiare cibi veri e esagerare con frutta e verdura. Ricordo che quando si sta male andrebbero assolutamente evitate le proteine animali, non si riuscirebbero a digerire e inoltre rallentano il processo di guarigione.

La quarta, piccola ultima, è essere sempre consapevoli di ciò che si è e non avere paura dei fantasmi.

lunedì 2 novembre 2009

Un impegno a settimana

Dalla tanta teoria oggi passiamo alla pratica.

Come possiamo in concreto fare qualcosa per l'ambiente e per la nostra salute? Attraverso un gioco, che non avrà vincitori nè vinti ma che potrebbe darci tante indicazioni sulla giusta strada da percorrere verso un mondo ecosostenibile.

Un gioco che coinvolge tutta la famiglia, anche i bambini, anche quelli appena nati; ognuno di noi sa che può fare qualcosa per risparmiare risorse e non inquinare, e sa che anche un gesto piccolo se moltiplicato per i milioni di abitanti che siamo può fare una grande differenza.

Le modalità per questo gioco potrebbero essere numerosissime, ma un modo carino per renderlo attivo e partecipativo può essere quello di riunirsi in piccoli gruppi (anche virtuali volendo) e enunciare il proprio impegno per la settimana.

Magari è utile durante il periodo fare ricerche su internet e cercare di capire quale impatto possa avere il gesto che noi senza pensarci compiamo più volte e per il quale ci siamo presi l'impegno; scoprire che, ad esempio, le bottiglie di plastica hanno cicli di vita secolari, consumano risorse e inquinano i nostri organismi, ci aiuta a renderci più consapevoli di quello che facciamo e ci responsabilizza nei nostri consumi (esempio).

Il che, in una civiltà disfatta come la nostra, che ci induce a comprare quantità industriali di rifiuti (anche psichici), sarebbe una bella ventata di novità.

Alla fine della settimana, sarà molto utile tirare le somme e discuterne in gruppo, cercando di capire anche i motivi o i blocchi che ci hanno portati a non mantenere l'impegno (capita e non c'è davvero nulla di male nel rendercene conto) e a trovare soluzioni alternative per superare gli ostacoli.

Coinvolgere i bambini poi sarà fondamentale: quello che per loro è un gioco diventerà in futuro uno stile di vita, migliore certamente di quello che stiamo attuando in questo periodo. E i neonati? I genitori potrebbero ad esempio provare per una settimana a preparare il cibo evitando quello confezionato; oppure si potrebbe provare a usare i pannolini di stoffa, o usare vestitini e accessori usati.

Non aggiungo, ma mi farebbe piacere avere dei feedback e sono a disposizione per qualsiasi suggerimento.

martedì 27 ottobre 2009

Dog and Roses o della dignità felina

Non volevo scomodare Ken Loach per questo post, ma mai titolo mi pareva più adeguato.

Sabato scorso mia madre mi chiede di acquistarle del cibo per la nostra sorella pelosa che è leggermente sovrappeso.

Obesity, si chiama lo strano prodotto, e io mi reco al vicino ipermercato degli animali (grande più del supermercato a fianco) a svolgere la comanda.

C'ero entrata tante volte in quel magazzino, ma giusto per vedere con pena i poveri animali rinchiusi nelle gabbie (non avete idea di come i topi e gli scoiattoli impazziscano in quei pochi cm quadrati) e per progettare la loro fuga. Non avevo quindi mai contemplato il reparto "pet food".

Sarebbe stato meglio aver evitato la scoperta, perchè mi sono ritrovata tra lunghe e numerose file di scaffali piene di ogni sorta di cibo per animali. Che poi, se vai a guardare, si riduce a: croccantini, umido, snack, polveri. Per i più fortunati, bigattini e cavie vive o surgelate.

Quintali di roba che entrava a malapena in quei sofferenti cunicoli, cibopergattinidai3ai6giornichesonomaschihannoilpelomaculatoeunocchioapertoel'altrochiuso, croccantiniperaristocratichecagneanzianeconlacodaapomponeproblemidimeteorismo, bastonciniallapelledibufalodelpianetaVegaperdentisensibilidifurettidepressi.

Sono indecisa nella definizione di ciò che ho visto, oscillo tra lo schifo e la vergogna.

Mi chiedo se un furetto o un gatto in natura si possano mai porre il problema del tartaro ai denti piuttosto che del sovrappeso, e se nel caso lo facessero sarei curiosa di vedere se aspetterebbero l'arrivo del castoro farmacista o userebbero prodotti naturali, piuttosto che fare più movimento.

Umanizzare i nostri amici animali è sicuramente pratica contro natura, più grave di quella tanto odiata dalla Chiesa.

"Nutrire" gli animali che abbiamo in casa con cibo innaturale significa condannarli ad accusare centinaia di patologie, che poi verranno curate con farmaci (sperimentati su altri animali) che troppo spesso non hanno l'effetto sperato.

Ne sappiamo qualcosa noi in casa, abbiamo avuto una gatta curata (dopata?) con l'EPO che dopo costosissimi e penosissimi mesi di iniezioni è morta comunque, un'altra gatta martirizzata a causa delle cure inutili e costose come un mutuo contro la FELV (morta dopo pochi mesi di atroci sofferenze).

Nonostante ciò, quella che ci è rimasta continua ad essere nutrita con robaccia che costa un rene e che serve a poco.

 

Il business che gira intorno agli animali è identico se non più immorale a quello che gira intorno a noi: mangia roba che vale due soldi ma che bella impacchettata ti rivendo con un prezzo maggiorato del 3000%, cura le malattie che quel cibo ti procura con medicine che hanno disparati effetti iatrogeni, consuma consuma consuma.

Bene, se questo ci appare normale a noi umani, abituati ad essere considerati prima di tutto consumatori, poi cittadini, poi elettori, poi lavoratori e forse all'ultimo persone, non può andar bene per le bestie.

 

Se noi abbiamo desiderio di intossicarci tutti i santi giorni della nostra vita, lasciamo agli animali la possibilità di vivere secondo la loro natura, lasciamo loro il diritto di mangiare in maniera animale, e la dignità di ammalarsi e morire senza essere sviliti dalle inutili cure che con amore pensiamo di dovergli.

Lasciamo, quindi, che gli animali restino tali.

sabato 24 ottobre 2009

Gli additivi alimentari - parte prima

Quello che segue e seguirà per le n puntate che proporrò è frutto di uno studio durato diverse settimane dell'inverno 2007 e mai "riconosciuto" da chi l'aveva commissionato.

Il viaggio  nel mondo degli additivi è stato appassionante, interessante, sconvolgente. Sapere, ad esempio, che tutta una serie di additivi siano vietati da diverse nazioni perchè ritenuti altamente pericolosi mentre per altre sarebbero acqua fresca, ci può aiutare ad assumere uno spirito critico e selettivo nei confronti delle mille proposte che ogni giorno i venditori di pseudoalimenti ci propongono.

Uno studio su tutti, quello relativo all'associazione tra tartrazina (colorante giallo, E102) e i coloranti blu, ha puntato il dito sulla famosa sindrome ADHD che tanti bambini moderni sembra colpire: gli studiosi hanno messo in relazione l'iperattività con il consumo contemporaneo di questi due coloranti. Se ci sono dubbi, provate per qualche settimana a nutrire i bambini con alimenti naturali e verificate le differenze.

Vi propongo  questo argomento perchè dopo aver studiato l'argomento (in maniera artigianale, non essendo io chimica, scienziata o biologa) ho cambiato completamente il mio approccio alimentare; non più dispense piene di scatole ma di cereali e al massimo pasta e frigorifero ricco di frutta e verdura.

NB: Chiedo la cortesia, a chiunque volesse pubblicare in parte o per intero queste informazioni, di citarne sempre la fonte.

 


Premessa

 

Il ministero della Salute definisce così il termine additivo alimentare:

Per "additivo alimentare" si intende qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, di trasformazione, di preparazione, di trattamento, di imballaggio, di trasporto o immagazzinamento degli alimenti, che si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente. (http://www.ministerosalute.it/alimenti/sicurezza/sicApprofondimento.jsp?lang=italiano&label=addi&id=195&dad=s)

 

L’esigenza di trasformare il cibo accompagna l’uomo fin dalla preistoria, a partire dalle costituzioni dei primi clan. Per ovvi motivi di incerta presenza di cibo con l’alternarsi delle stagioni o di altri fattori esterni (guerre, carestie, eccetera), l’uomo tentava di garantirsi un costante apporto di generi alimentari tentando di conservarli per i periodi più difficili.

I primi additivi utilizzati per conservare il cibo sono stati:

sale

olio

aceto

spezie

 

Oggi esistono più di 2500 additivi, di cui oltre la metà è costituita da sostanze aromatizzanti, e un’altra buona fetta è necessaria per mantenere inalterati per lungo tempo gli alimenti.

 

 

Perché gli additivi sono così numerosi

 

Per i nostri antenati la conservazione degli alimenti permetteva di soddisfare l’esigenza di avere scorte di cibo sufficienti per tutto l’anno; in un contesto attuale, e nei paesi industrializzati dove l’abbondanza di prodotti freschi parrebbe infinita, ci risulta quantomeno superfluo ricorrere a centinaia di sostanze chimiche e naturali per insaporire, colorare e conservare ciò che mangiamo.

In realtà il sistema di distribuzione e le nostre abitudini sociali hanno bisogno di tutto questo: il primo perché spesso anche gli alimenti freschi percorrono migliaia di chilometri prima di arrivare alle nostre tavole (e quindi via alle atmosfere modificate, ai conservanti spruzzati sulle verdure, a pesticidi e fungicidi), il secondo perché abbiamo sempre meno tempo da dedicare alla preparazione di pasti freschi e completi, per cui sempre più spesso i nostri carrelli della spesa sono al 90% riempiti da cibi precotti, merendine, pane surgelato, sughi e conserve pronti, eccetera.

Molti alimenti, per poter essere assemblati nelle forme finali che ci vengono proposte o per poter essere commestibili a lungo, subiscono processi industriali che ne distruggono sapore, proprietà nutritive, consistenza; per questo motivo sorge la necessità di ricostruirli utilizzando sostanze migliorative, integratori, esaltatori di sapidità, addensanti, eccetera.

 

giovedì 22 ottobre 2009

Mense, stoviglie e alternative sostenibili

La quantità di cibo che passa ogni anno per le mense (scolastiche e aziendali) è enorme.

La quantità di stoviglie usa e getta che si consuma supera di grandissima misura il migliaio di tonnellate all'anno (basti pensare che nella sola Lombardia si arriva a 550 tonnellate).

Per ovviare a questa eccessiva produzione di immondizia che piatti, bicchieri e posate di plastica provocano, basterebbe ricorrere a poche, semplici regole di buonsenso, quale ad esempio, la buona abitudine di far portare ai bambini le stoviglie da casa. Stoviglie che saranno poi lavate a casa con costi minori per le mense e iniqui per noi, e che aiuterebbe senz'altro tutti a respirare un'aria meno satura di benzeni, idrocarburi, polveri sottili.

Ma la semplice realtà spesso viene offuscata dalla fervida fantasia dei nostri alacri industriali (o industriosi).

Un imprenditore ha creato il piatto che si mangia. Ebbene si, dopo le mutande, che però si vendono nei sexy shop, ci mangiamo pure i piatti.

Senza nulla togliere alla notevole invenzione del diretto interessato, e senza fare nomi che la cattiva pubblicità manda sempre cattivo karma indietro, vorrei fare delle piccole considerazioni.

Il costo: ogni piatto costa circa 30 centesimi, che moltiplicato per una media di 20 pasti al mese fa 6 euro al mese. Con 6 euro ci pago acqua e sapone per lavare il set portato da casa per un paio di anni circa.

Il sapore e il valore nutrizionale: si dice che abbia un sapore naturale, e che "ricordi" quello del pane. Il piatto ha un fondo impermeabilizzato, con cosa non si sa, e non v'è traccia nel sito del produttore degli ingredienti con i quali viene assemblato il prodotto (perdonatemi, non si può proprio parlare di cibo) e impermeabilizzato. Il produttore ci dice anche che viene realizzato con ingredienti simili a quelli dei crackers, che già di loro non sono poi una gran fonte di nutrienti. Sinceramente io guardo in maniera molto accurata l'etichetta di ciò che mangio, perchè sul sito del produttore non v'è accenno agli ingredienti? E' un alimento o altra cosa?

Il valore aggiunto: si può portare ovunque, riesce a contenere prodotti liquidi caldi fino a mezz'ora, è compostabile e quindi amico della natura.

Io dico che anche una fetta di pane è compostabile e la posso portare ovunque, e i liquidi semmai li metto nel thermos. Peccato che ancora una volta non vengano indicati i costi di produzione (forno, tecnologie, luce, gas e altre amenità). Per quello che mi riguarda quindi non c'è molto valore in questa nuova proposta. Ma, evidentemente, sono l'unica a pensarla così, dato che la trovata è pluripremiata.

La completa assenza di scrupoli etico/alimentari: combinare gli alimenti in maniera corretta è fondamentale per assorbire nel migliore dei modi ciò di cui ci nutriamo. Se faccio mangiare a un bambino un piatto di pasta e fagioli, gli ho dato un piatto completo; aggiungere del pane prodotto chissà quanto tempo fa, ricco di tecnologie alimentari ma non di nutrienti freschi, non aiuta affatto a far sì che quel piccolo apparato digestivo funzioni a dovere. Accompagnare le proteine animali con dei carboidrati rallenta di diverse ore la digestione, provocando gas, gonfiori, putrefazioni. Il solo fatto di risparmiare ai nostri polmoni polveri sottili non giustifica l'altro fatto, cioè quello di avvelenare in altro modo con prodotti di marketing mirati a fare notizia piuttosto che a preservare veramente il nostro pianeta e la nostra salute.

Troppo spesso per trovare una soluzione ci impelaghiamo in percorsi tortuosi, quando in realtà la soluzione semplice è lì a portata di mano.

Il genitore coscenzioso che ha a cuore la salute del proprio figlio e del pianeta non avrà nessuna difficoltà a preparare un bel cestino con piatti e forchette (anche di plastica rigida se si teme la rottura strada facendo) che poi verranno lavati a casa, magari con semplice bicarbonato addizionato di oli essenziali. Il genitore coscenzioso ci penserebbe due volte a far mangiare al proprio figlio un piatto commestibile del quale al momento non si conoscono gli ingredienti, a meno che lo stesso genitore non rimpinzi giornalmente il pargolo di merende merendine e piatti pronti.

Il piatto commestibile troverà quindi la sua collocazione in altri contesti, più raffinati o meno comodi, nel quale potrà dare sfoggio di tutta la sua utilità. Si, perchè in un contesto scolastico nel quale manca anche la carta igienica nei bagni, mi riesce difficile immaginare a mensa un oggetto così "di tendenza".

 

sabato 17 ottobre 2009

L'uomo moderno e la forza perduta

Uno studio condotto dall'antropologo australiano Peter McAllister e di cui ne dà notizia Repubblica sostiene, grazie all'apporto di numerosissime evidenze, che l'uomo moderno è il meno "forte" di tutta l'evoluzione umana.

Paragonando gli aborigeni australiani ai campioni mondiali di atletica, McAllister afferma che gli atleti perderebbero clamorosamente le ipotetiche gare che si dovessero svolgere con i preistorici abitanti della terra. Addirittura, prosegue Repubblica, non ci sarebbe neanche tanto bisogno di andare troppo lontano nella storia, ma guardare alla tribù dei Tutsi dei primi del Novecento: molti  dei giovani che dovevano partecipare ad un rituale di iniziazione che consisteva nel saltare in alto per almeno la loro altezza, superavano agevolmente i due metri e cinquanta, senza supertecnologie ad assisterli.

Le considerazioni di McAllister riguardo la nostra scarsa prestanza accusano il poco movimento e l'inesistente lavoro duro di averci reso così "inermi".

 

E' cosa nota che il movimento fa bene all'apparato muscolo-scheletrico ma anche a tutto il nostro organismo nella sua interezza, così come è noto che l'abitudine quotidiana a lavori di "fatica" ci porta gradualmente ad alzare pesi sempre più consistenti o a superare i nostri limiti fisici (fino ovviamente, a raggiungere il nostro limite massimo). Io personalmente mi stupisco di come, ad esempio, i traslocatori siano capaci di caricarsi sulla schiena un divano enorme senza quasi accorgercene, quando se io mi mettessi ad alzare solo i cuscini starei con il nervo sciatico infiammato per settimane.

Purtroppo, la maggior parte di noi è rinchiusa in negozi, uffici, sportelli al pubblico ed è seduta o ferma in piedi per la maggior parte delle sue ore di veglia. Poi, quando ci sarebbe la possibilità di muoverci, ci rinchiudiamo nei cinema, dentro i ristoranti, o a casa davanti la WII a fare sport sintetici. E così abituiamo anche i bambini e i giovani, li abituiamo a far sì che le loro natiche prendano la forma della sedia che li ospiterà per 40/50 anni di lavoro, se saranno così fortunati da trovarne uno, di lavoro. Probabilmente siamo nell'unica era nella quale gli abitanti dei cosidetti paesi civili ingeriscono più energia (sotto forma di cibo) di quanta gliene possa servire; così, invece di rimanere in forma e con la giusta quantità di muscoli, soccombiamo alla pigrizia e lasciamo che i nostri tessuti si infiltrino di grasso e tossine.

Il problema, infatti, è duplice: se da un lato non facciamo più movimento e lasciamo atrofizzare i nostri gruppi muscolari, dall'altro ci indeboliamo con una alimentazione sempre più artefatta e distruttiva per il nostro organismo. Sappiamo bene che mangiare nel modo corretto ci consente di avere energia sufficiente per svolgere i nostri poco faticosi compiti, ma quanti di noi si sentono pimpanti, in forma, e carichi di energia?

E, se si guarda anche l'aspetto più scabroso, una scorretta gestione del nostro apparato gastrointestinale porta a intasamenti che nemmeno con evacuazioni frequenti e/o regolari si riescono a mandar via. In poche parole, se gli intestini non sono ben puliti, e con l'alimentazione odierna carica di cibi morti e di additivi è obiettivo quasi irragiungibile, non riusciremo ad assimilare i nutrienti in maniera corretta, ci sentiremo stanchi e ingolfati e con il desiderio di continuare ancora a mangiare cibo spazzatura.

E' un secolo difficile, questo, tanto da indurmi a sollecitare Stato, istituzioni tutte, aziende e persone singole a rendere obbligatorie delle attività sportive quotidiane, fino a quando non ci faremo entrare in testa che il movimento serio (non quello dei tapis roulant) quando non è logorante ed eccessivo è solo salute.

E, già che ci sono, renderei pure obbligatorio il consumo di frutta e verdura. Ma al momento il tutto mi pare leggermente utopico, pertanto c'è solo da sperare che la sensibilità di noi singoli individui ci porti a fare qualcosa per la nostra salute.

Nel frattempo, godiamoci il triste primato...

giovedì 15 ottobre 2009

Chees connection - il processo

Fonte: informare per resistere

Si apre a Cremona il processo che riguarda uno degli scandali alimentari più gravi degli ultimi anni. A giudizio Domenico Russo, il titolare di un'azienda di lavorazione di prodotti caseari, la Tradel, che utilizzava merce scaduta per un 'semilavorato' che poi finiva di nuovo sulle tavole degli italiani sotto forma di formaggi filanti.


Tonnellate di chili di formaggio e mozzarella, scaduti da tempo, coperti di muffe e persino pullulanti di vermi, custoditi tra i topi. Merce da buttare via, trasformata invece in nuovo formaggio per le tavole degli italiani. Un'operazione sistematica, condotta per anni da una rete di aziende sparse su tutto il territorio nazionali, disposte a violare le regole fiscali e sanitarie per aumentare il guadagno ai danni dei consumatori: vi hanno preso parte colossi nazionali e ditte familiari, dalla Sicilia alla Germania, con la centrale della truffa nel cuore del distretto caseario della pianura padana.

E oggi a Cremona prende il via il processo per questo scandalo. Dieci le persone rinviate a giudizio, tra imprenditori e funzionari pubblici della Asl. Contestati i reati di adulterazione di sostanze alimentari, abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Al di fuori delle responsabilità penali, i video, le foto, le intercettazioni e i documenti che potrete leggere ed ascoltare dimostrano come la produzione sia proseguita in condizioni vergognose. E sia stata portata avanti per anni, almeno dal 2004 al 2007.

Scarti di prodotti lattiero-casearia, destinati alla discarica o a essere trasformati in mangimi per animali, sono invece stati mescolati ad altri formaggi e fatti ritornare nella catena distributiva: li lavoravano senza nemmeno toglierli dalle buste. E quanto un prodotto era scaduto, si cambiava l'etichetta. Perché ? come dice una segretaria nelle intercettazioni che potrete ascoltare ? "tutta la merce che vi mandiamo è scaduta".

L'attività sotto accusa, documentata dal 2004 al 2007, aveva risvolti nauseabondi: scarti di prodotti lattiero-caseari, destinati allo smaltimento o all'alimentazione animale, trattati e mescolati a formaggi destinati al consumo umano e reimmessi nella catena distributiva. La Guardia di finanza, che per prima ha fatto luce sul mercato degli scarti, ha potuto documentare
l'utilizzo di prodotti avariati e l'amalgama con muffe, inchiostri, residui di plastica, vermi, escrementi di roditori. Secondo l'accusa, gli amministratori e i responsabili delle due società accusate dell'attività di adulterazione, la Tradel srl e la Megal spa, hanno potuto agire indisturbati grazie alla connivenza di cinque funzionari pubblici del dipartimento di prevenzione veterinaria dell'Asl di Cremona. Controllato e controllore come topi nel formaggio, dati i guadagni che provenivano dal riciclaggio degli scarti. L'associazione Altroconsumo è parte offesa nel processo ed è presente in aula. Commenta il presidente Paolo Martinello: "In questa vicenda sono stati ridotti in poltiglia la tutela della salute dei consumatori, le regole nell'agire di imprese produttive e distributive, il ruolo di garante e controllore super-partes dell'azienda sanitaria pubblica".

 

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cheese-connection/2112129&ref=hpsp

martedì 13 ottobre 2009

Piccole strategie per pasti e spuntini sani

Lo confesso, ho preso lo spunto dai numerosi e decisamente interessanti scritti di Valdo Vaccaro, al quale va il mio ringraziamento per avermi aperto un mondo. Ma a leggere di "spuntini" e pranzi golosi m'era venuta l'acquolina in bocca, e quindi ho deciso di scriverci su anche io.

Si parla tanto di nutrizione ortomolecolare, di alimentazione energetica, di superfoods e di milioni di novità in campo alimentare. Tanto da spiazzarci e non farci più capire un tubo.

Ma (apro e chiudo parentesi), mi chiedo come facessero i nostri antenati a mangiare senza avere tutte queste nozioni... un mistero agli occhi dei nostri ahimè ipertecnologicizzati apparati digerenti.

"Chissà da quali alimenti potrei prendere vitamine e minerali in quantità", "mela o integratore", si chiede l' Amleto della forchetta.

Come direbbe quelo , la risposta è dentro di te. Peccato che è quella sbagliata.

Sbagliata perchè troppo spesso ci affidiamo agli scaffali del supermercato per comprare cibo mummificato con aggiunta di vitamine e minerali sintetici, sbagliata perchè pur di non rinunciare ad un piatto di pasta a favore di due frutti a pranzo, ci rimpinziamo eccessivamente di integratori.

 

Come salvare capra e cavoli, lasciando la capra sopra la panca e non consumando i cavoli a merenda?

Con dei gustosissimi panini totalmente vegetali a pranzo, oppure con dei ricchi centrifugati di frutta e verdura, o con cruditees da tenere davanti al pc per gli attacchi di fame.

Troppo semplice? Non direi, dal momento che raramente vedo persone che masticano beate cibi del genere, in casa e fuori.

Per aiutare la gente che è fuori casa, posso proporre dei panini ricchi di salute copiati dall'amico Valdo e che si possono personalizzare a piacimento; panini che hanno un sapore così speciale che vi invoglieranno sicuramente a replicare l'esperimento.

1) crema di olive pomodori freschi poco salati e mezza manciata di noci e/o pinoli

2) crema di topinambur, melanzane grigliate e germogli freschi

3) crema di avocado fresca (o fette di avocado maturo), pomodori secchi e mandorle in scaglie

4) maionese vegetale fatta in casa (o in alternativa un velo di crema di mandorle senza zucchero), funghi trifolati e origano

5) patè di zucchine e porcini crudi

Le idee sono tante, e gli ingredienti si possono mescolare all'infinito a seconda del gusto. L'accortezza che si deve avere nel preparare i panini è ovviamente quella di scegliere del pane fatto con farine non sbiancate/trattate industrialmente, se fosse integrale o semintegrale sarebbe decisamente preferibile. E' ovvio che tutti gli ingredienti devono essere rigorosamente freschi e fatti in casa (tranne la crema di mandorle che io non ho ancora mai riprodotto da me)

Con un pranzo del genere, posso assicurarvi che avrete la giusta energia per arrivare fino a sera, ma siccome chi ben comincia è a metà dell'opera, sarebbe bene procedere e precedere il pasto di metà giornata da succulenti centrifugati, da prendere lontano dai pasti per permettere ai nutrienti vegetali di essere assorbiti al meglio.

Qualche esempio:

1) mirtilli e uva, una vera bomba disintossicante

2) mirtilli, pera, limone (buccia compresa), una fonte di antiossidante e di fibre buone per l'intestino

3) mela, ananas, limone con buccia, fantastico apporto di enzimi digestivi (questo si può prendere per aiutarci dopo un pasto pesante)

4) carota, arancio, germogli di grano (o frumento o orzo), mela, un nutriente ricco di vitamine e sali

 

Nel caso in cui fosse impossibile un consumo quotidiano, è molto utile anche berne durante il weekend, e sostituirli durante la settimana con frutta, succhi rigorosamente freschi, acqua e limone, spremute di agrumi.

Mangiare carote e finocchi poi, ci aiuterà a completare l'opera e a raggiungere quotidianamente la dose minima di 5 porzioni di frutta e verdura consigliata ormai da tutti gli "esperti" ma che troppo spesso non viene recepita.

 

Tutti questi vegetali ci aiuteranno ad espellere tossine e scarti, ci aiuteranno ad avere una regolare funzione intestinale (iniziare partendo in quarta può provocare qualche dolore di pancia, è sempre bene fare le cose con gradualità), ci daranno una pelle e un incarnato sani ma soprattutto ci aiuteranno ad affrontare i rigori dell'inverno con una risposta immunitaria più forte, alla faccia di tutti coloro che da ogni dove ci vorrebbero vaccinati.

Buon appetito!

 

sabato 10 ottobre 2009

Carne - Ruth Ozeki

Ho letto questo libro dopo aver incontrato diverse recensioni favorevoli e l'ho trovato uno dei migliori romanzi che abbia mai letto.

Dove non arrivano i libri di divulgazione arriva questo libro.
Ben costruito, toccante, e maledettamente attuale.
La storia di una donna che attraverso il suo lavoro fa un percorso di crescita personale e di consapevolezza. La storia della carne americana e delle vittime che essa miete a causa dei tanti ormoni e medicinali somministrati agli animali.
Uno spaccato vivido dell'america moderna e della condizione della donna in Giappone.
Migliaia di chilometri dividono le due protagoniste, ma il filo conduttore che le lega (la carne) cambierà le loro vite per sempre.

La recensione più bella che ho trovato sul web è questa, che racconta in maniera eccellente la trama del romanzo:

http://digilander.libero.it/archiviorisveglio/Recensioni/rec-gb-61.html

 

Quello che io aggiungo è che il romanzo è un forte documento di denuncia verso il mercato della carne statunitense; quello che non tutti i cittadini sanno ma che i governi europei (e americani) sanno benissimo è che per anni si è usato un ormone per stimolare la crescita veloce dei bovini (il DES) che è un potente cancerogeno. Tale ormone è stato largamente usato fino agli anni 70 anche nelle donne, veniva loro dato per prevenire eventuali aborti spontanei; solo dopo molti anni si è scoperto che in realtà è un potente contraccettivo e che si è inoltre riscontrato nelle figlie delle donne che lo avevano assunto un aumento di casi di cancro all'utero.

Tratta inoltre la difficile questione della sicurezza alimentare, sicurezza che come si potrà leggere viene facilmente e scelleratamente disattesa.

E' un libro di denuncia oltre che alimentare anche sociale, perchè ci offre uno spaccato della vita giapponese che non è proprio rose e fiori (di loto). E' potente perchè unisce la narrazione molto scorrevole e di spessore a dati inconfutabili e, purtroppo, assolutamente documentati, e ci permette di crescere insieme alle protagoniste.

 

Assolutamente consigliato.

giovedì 8 ottobre 2009

Appuntamenti autunnali - ottobre

Apro con ritardo la stagione degli appuntamenti autunnali.

Anche quest'anno ritorna a Roma la Biofiera, vetrina che permette alle aziende Bio del Lazio e non solo di farsi conoscere al pubblico.

I riferimenti della manifestazione:

La Biofiera si terrà da giovedì 15 a domenica 18 ottobre 2009 nello stesso luogo degli scorsi anni, il Parco della Resistenza (Viale Aventino/Piramide), dalle 10 alle 23.

Per maggiori informazioni: http://www.biofiera.com/

 

Un'altra iniziativa degna di segnalazione è quella organizzata dalla cooperativa Ecociquà.

Per quattro lunedì consecutivi a partire dal 19 ottobre, si percorreranno gli step che faranno di noi un cittadino/consumatore responsabile e informato.

Traggo dal loro sito:

Dall'informazione all'acquisto consapevole:
imparariamo a comprare tutelando la nostra salute e il pianeta
- cibi, bevande, giocattoli e altri prodotti

Il programma:

Programma:

  • Lunedì 19 ottobre ore 21
    Giocattoli e prodotti di consumo (scarpe, tessuti, stoviglie…): scelte consapevoli e uso sicuro
    Maria Rosaria Milana, Istituto Superiore di Sanità, Roma

  • Lunedì 26 ottobre ore 21
    Quando (e quanto) le scelte alimentari interessano l'ambiente
    A) Le scelte consapevoli che possono limitare i cambiamenti climatici
    B) Vegano, vegetariano, latto-ovo vegetariano, consumatori moderati di carne... Implicazioni per l'ambiente e per la nostra salute

    Catherine Leclercq, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma

  • Lunedì 2 novembre ore 21
    Imballaggi, contenitori e utensili per alimenti: un rischio per il consumatore?
    Maria Rosaria Milana, Istituto Superiore di Sanità, Roma

  • Lunedì 9 novembre ore 21
    Concetti base di sicurezza alimentare. Additivi e aromi. Quando e perché è opportuno evitarli?
    Catherine Leclercq, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma

 

 

Mi auguro che queste iniziative abbiano la diffusione e la partecipazione delle grandi occasioni, perchè sono momenti che ci consentono di acquisire consapevolezza nei nostri atti.

 

domenica 4 ottobre 2009

Una pratica antica, lo Jala Neti

La medicina ayurvedica ci tramanda da secoli preziosissimi consigli per mantenerci in salute.

Uno di questi, sconosciuto alla maggior parte degli occidentali ma ripreso un po’ maldestramente con la pulizia dei seni nasali attraverso la soluzione fisiologica, è lo Jala Neti.

La pratica, che è poi una delle numerosissime pratiche Yoga, serve a pulire i seni nasali dalle impurità, dalle tossine, dal muco in eccesso e aiuta a liberare anche i dotti nasali.

Pulisce a fondo perché per l’appunto va a lavare anche i seni nasali oltre alle narici, e non ha controindicazioni eccezion fatta per chi soffre di epistassi e per i bambini troppo piccoli.

E’diversa dalla soluzione fisiologica che noi occidentali usiamo, perché la soluzione si ferma principalmente alla prima parte dell’apparato, non riuscendo ad arrivare in maniera efficace ai seni che sono, in caso di raffreddori, sinusiti, allergie ma anche mal di testa frontali, il “ricettacolo” (passatemi il termine) del problema.

La pratica fatta in casa ha anche un altro vantaggio: la soluzione fisiologica ce la facciamo in casa, con costi praticamente irrisori, a differenza di quella che compriamo in comodi contenitori monodose o pluridose (inquinanti) in farmacia.

 

Come funziona?

Prendo la descrizione da un sito estremamente affidabile, yogasurya:

ATTREZZATURA:
SI USA UNO SPECIALE RECIPIENTE CHIAMATO NETI LOTA. SE NON E' DISPONIBILE USATE UNA TEIERA.
RIEMPIRE IL CONTENITORE CON ACQUA TIEPIDA. AGGIUNGERE 1 CUCCHIAINO DI SALE PER MEZZO LITRO DI ACQUA (si ottiene così una soluzione salina allo 0,9%) E SCIOGLIERLO COMPLETAMENTE.

TECNICA
INSERIRE DELICATAMENTE IL BECCUCCIO IN UNA NARICE.
INCLINARE LA TESTA MENTRE ALZATE IL CONTENITORE IN MODO CHE L'ARIA SCORRA DENTRO LA NARICE.
L' ACQUA DOVREBBE SCORRERE ATTRAVERSO UNA NARICE E SCORRERE FUORI DALLA NARICE OPPOSTA.
LASCIARE FLUIRE L' ACQUA LIBERAMENTE ATTRAVERSO LE NARICI PER 20 SEC.
PULITE IL NASO E RIPETERE LA STESSA PROCEDURA VERSANDO L' ACQUA NELLA NARICE OPPOSTA.
RIPETERE 2 VOLTE PER NARICE
.

 

Successivamente, si soffia con decisione il naso ma senza forzare eccessivamente e, come consigliato da yogasurya, si possono associare alla pratica delle posizioni yoga per esaltarne l’efficacia.

Una interessante analisi del lavaggio nasale è stata fatta dal sito rossellagrenci, che descrive alla perfezione i molteplici vantaggi di questa pratica quotidiana.

 

Passiamo a sciogliere ragionevoli dubbi che possono cogliere l’ignaro lettore.

1)Non si rischia di affogare, ve lo garantisco. La pratica è a prova di bambino, l’acqua fluisce fluisce liberamente da un dotto all’altro e, purchè ci si ricordi di respirare con la bocca, non si avrà nessun problema

2)Le prime volte il lavaggio potrebbe bruciare, in quel caso suggerisco di diminuire le dosi di sale e/o di abbassare la temperatura dell’acqua

3)Lo strumento si acquista facilmente su internet, digitando neti lota, ma anche nei negozi di artigianato etnico che per fortuna iniziano a diffondersi in Italia, e il prezzo è decisamente contenuto (intorno ai 15 euro)

4)Si può fare due volte al giorno, soprattutto se si è fortemente raffreddati o si soffre di allergia, asma, influenza, fino ad arrivare a 4 volte in casi estremi.

5)Il beccuccio si appoggia alla narice e va a sigillare l’entrata, non sognatevi di infilarvelo dentro la narice

6)Iniziate e vedrete la differenza.

 

Ecco qui una foto dello strumento:

neti lota.jpg

martedì 29 settembre 2009

La scuola come nell'800

Qualche giorno fa leggo la repubblica, e mi imbatto in questo articolo, la scuola "zero euro"

Un articolo allucinante sotto diversi aspetti. La cronaca di una scuola che non esiste più, dell'assoluta mancanza di rispetto nei confronti di bambini e ragazzi, del totale menefreghismo per l'ambiente in cui le persone lavorano e apprendono.

Già è incredibile sapere che se vuoi andare al bagno la carta te la devi portare da casa, figuriamoci poi se la realtà è ben peggiore; con i tagli alla mannaia del ministro della (D)istruzione, non c'è più nemmeno il personale ad accompagnare i bambini in bagno, o a sorvegliarli durante le pause.

Niente materiale didattico, nessun laboratorio, strutture fatiscenti (e sappiamo bene cosa succede quando crolla la volta di un'aula) , aule addirittura senza banchi.

Mi chiedo dove sia l'etica in tutto questo, mi domando dove sia il rispetto in un'istituizione che è di fondamentale importanza per la formazione e l'educazione delle future generazioni.

Come può un bambino o un adolescente rispettare un giardino pubblico o riuscire ad apprezzare un roseto piuttosto che un tramonto quando cresce circondato da brutture, orrori, scempi?

Cosa può pensare una mente ancora da formare di un bel prato se ogni giorno per tante ore al giorno vede davanti a sè crepe, muri sporchi, sedie rotte, cessi invece di bagni?

Perchè permettiamo allo Stato questa violenza sui bambini?

E' preferibile forse comprare più auto blu piuttosto che istituire una biblioteca scolastica? Oppure è meglio tenere calmierati i prezzi dei bar del Parlamento piuttosto che dare ai bambini modo di esternare la loro creatività con una buona scorta di materiale didattico?

Non ne usciremo facilmente, soprattutto perchè tra l'altro (se non ricordo male) la scuola dell'obbligo è ancora, appunto, obbligatoria; cioè ti obbligano a stare per 4/6 ore al giorno in una discarica lurida e fatiscente senza che tu possa scegliere di istruirti a casa.

A voler essere fiduciosi, è bello leggere delle tante iniziative dei genitori che comunque cercano in ogni modo di far sì che l'anno scolastico proceda senza intoppi, ma non può sempre essere il singolo individuo a doversi occupare del lavoro che dovrebbero svolgere i pagatissimi ministri, assessori, parlamentari vari.

 

domenica 27 settembre 2009

Stiletico, come essere belle senza nuocere agli animali

Da pochi giorni, grazie alla segnalazione della rivista AAMTerranuova, ho conosciuto questo nuovo sito.

Stiletico è una coloratissima guida all'acquisto etico e consapevole (come da loro sottotitolo) e una fonte veramente interessante di siti, link, negozi dove finalmente potremmo comprare cruelty free e con coscienza senza andare in giro (cito le parole di una delle admin) "sempre a scarpe basse e scarmigliate" come vorrebbe l'opinione pubblica quando si pensa alle persone vegane.

Il sito è ben strutturato, la cosa interessante è che vengono recensite anche le riviste (estere) che parlano di bellezza etica; se ciò non bastasse, basta guardare le scarpe che vengono postate nei vari articoli per innamorarsi di Stiletico e di aggiungerlo a colpi di scalpello nella toolbar dei preferiti.

Oltre alle segnalazioni di negozi etici da tutto il mondo, c'è una sezione dedicata ai "crash test" effettuati dal sito e anche dagli utenti: un modo efficace per sapere se vale la pena comprare a New York piuttosto che a piazza San Giovanni (posto che nella piazza ci siano negozi del genere).

 

Finisco la "recensione", lascio a voi il piacere di scoprire le tante meraviglie di questo delizioso sito.

venerdì 25 settembre 2009

BOICOTTIAMO LA PUBBLICITA'

Un'iniziativa che condivido.

Fonte: LuigiBoschi

 

 

La News Corp. di Murdoch perde per il crollo delle entrate pubblicitarie. A Mediaset cala la pubblicità meno 12-13% primo semestre 2009, dopo che negli ultimi due mesi del 2008 aveva perso 40 milioni di raccolta. Il 57% degli Europei non è andato a votare. Il partito dei Pirati svedesi è entrato in Parlamento a Strasburgo... Vuoi vedere che qualcosa sta cambiando? Vuoi vedere che la crisi rende un po' tutti più consapevoli?

E mi chiedo: Perché non boicottiamo la pubblicità? Come?
Esattamente comportandoci all'opposto di cosa la pubblicità propone. Renderla inutile, anzi deprezzabile. Non compriamo prodotti di campagne pubblicitarie.
Compriamo invece chi fa informazione di prodotto, scientifica, in internet, sul punto vendita, chi utilizza packaging biodegradabile. Insomma chi adotta criteri di responsabilità e sostenibilità sociale.

Io penso che la pubblicità sia la tangente, pagata dai consumatori (questa è la tragicomica!), che appiattisce ogni volontà informativa. Chi è l'editore che pubblica qualcosa che potrebbe danneggiare l'immagine della società con cui detiene un importante contratto pubblicitario?
Non solo ma credo che a tutti i media con pubblicità debbano essere tolti ogni contributo o provvidenze pubbliche di qualsiasi tipo.
La pubblicità commerciale è divenuta il cancro di questa società. Se all'inizio dello sviluppo industriale poteva essere un volano di coinvolgimento, la sua massificazione e concentrazione è divenuta devastante. Abbinata alla tv di massa è una necrosi cerebrale. La devastazione sociale è stata radicale. E' la stupidità globalizzata. E' un processo di deresponsabilizzazione che impedisce, a una società capace, di intendere e volere. Produce dementi!! Zombie! E' la società del gossip e dello spettacolo integrato!
Le persone dovrebbero iniziare a contestare loro stessi, i propri consumi che li rendono schiavi a vita.

Senza pubblicità sarebbe un altro mondo. Provate a pensarci? Immaginatevi di dovervi informare anziché affidare a un iper prezzolato testimonial o a un claims seduttivo, a una scosciata consumistica, a un seno ammiccante.
Provate ad immaginarvi cosa sarebbe invece consultare informazioni in rete, sul packaging, sui luoghi d'acquisto con personale istruito per soddisfare le legittime pretese conoscitive di ciò che si mangia o si utilizza.

Provate a pensare a una informazione libera remunerata dai suoi lettori, sostenuta da editori responsabili del ruolo sociale, che percepisce sì contributi pubblici per la funzione svolta.
Nella società della pubblicità è sparita l'informazione. Tutto è celato e falsato. Chi detiene la pubblicità ha il banco in mano perché controlla consumi, informazione e produce adepti ripetibili! Il consumatore e i suoi bisogni si producono!
Provate per qualche tempo a non comprare prodotti pubblicizzati sui media, a non sottostare a questa ormai demenziale realtà. Possibile crescere in una società declinata sulla stupidità sociale e d'acquisto?

Le industrie serie che da sempre svolgono la loro attività responsabilmente non avrebbero nulla da temere, anzi! I valori dei propri contenuti sarebbero ancor più apprezzati, mentre la pubblicità appiattisce tutto!

Il mondo digitale credo, si indirizzerà verso questa meta, anche se oggi sembra quasi impossibile. E i consumi dovranno contenere una risposta sociale, favorire la crescita del potenziale individuale, coinvolgere le persone e valorizzarle nella loro sensibilità e nel loro talento.

Se l'interattività sta alla base della nuova realtà, sostituendo la distruttiva passività cerebrale, la pubblicità perde di significato, non ha più nessun appeal. Nessuno sano di mente è disposto a farsi raggirare e sottomettere le proprie scelte a un idiota, pagata testimonianza. Non solo, ma nemmeno farsi scippare le proprie risorse visto che la pubblicità è un costo per il consumatore che non solo lo abbindola, ma gli fa notare quanto è stupido ad alimentare le tasche altrui per la propria dabbenaggine.

Sono convinto che la caduta della pubblicità "regresso" può solo giovare all'umanità e alla ripresa di una civiltà consapevole e responsabile. Fra non molti anni ci volgeremo indietro e capiremo come eravamo!... e i nostri figli rideranno... per la tragicomica idea su cui si basava la società dei consumi.
Tutto dipende da noi dalla nostra forza di uscire da questa puzzolente palude! Divulgate questa idea, coinvolgete amici e conoscenti, dotiamoci di anticorpi: la pubblicità è uno dei peggiori virus, insieme alla finanza, che silente sta distruggendo la nostra società, le nostre menti. (Parma, 07/08/2009)

Luigi Boschi

mercoledì 23 settembre 2009

Cosa c'è nel caffè?

Stamattina apro yahoo e trovo un interessante articolo sui componenti del caffe:

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
22/09/2009 17.37.00

Per cosa il mondo spende 90 miliardi di dollari all’anno? Per una tossina vegetale nata come antibatterico che ha poteri stimolanti sugli esseri umani poiché blocca i nostri neurorecettori per l’adenosina, un composto che serve per addormentarci. Il caffè, in parole povere. Ma cosa c’è esattamente in una tazzina di caffè? Ce lo spiega la rivista WIRED.
Acqua
Una tazzina è costituita al 98,75% di acqua. Inoltre la caffeina è un diuretico, per cui i bevitori di caffè – soprattutto i neofiti – corrono spesso al bagno.
Etilfenoli
Gli scarafaggi li utilizzano come segnali chimici di pericolo. Noi li beviamo nel caffè.
Acido quinico
Conferisce al caffè il suo caratteristico, irresistibile aroma. Una curiosità: è tra i composti chimici dai quali viene sintetizzato il farmaco Tamiflu.
3,5 Acido dicaffeoilquinico
Un antiossidante dall’effetto benefico sul nostro organismo.
Dimetil-disulfide
Un prodotto della tostatura del caffè verde. È uno dei composti che dà alle feci umane il loro caratteristico odore, tra l’altro.
Acetilmetilcarbinolo
Un liquido giallo infiammabile presente anche nel burro e usato come aroma artificiale nei pop-corn.
Putrescina
Vi siete mai chiesti cosa dà alla carne marcia il suo mefitico odore? Eccola. E c’è anche nel vostro espresso.
Trigonellina
Dona al caffè il suo sapore e uccide i batteri Streptococcus mutans, responsabili della carie.  

Niacina
Ovvero vitamina B3, senza la quale vi amamlereste di pellagra.
Fonte: Di Justo P . What's Inside a Cup of Coffee? WIRED 22/09/09.
david frati

 

 

Cosa beviamo quindi?

Beviamo una tossina in grado di alterare l'equilibrio neurochimico e che, mentre ci dà una effimera sensazione di benessere, lavora all'interno scavando buche pericolose.

A fronte di un paio di componenti che possono essere validi ma che si trovano anche in altri alimenti più sani, c'è un inquietante elenco di sostanze chimiche da far spavento. Solo per citarne una, la putrescina.

La putrescina è il sottoprodotto della decomposizione della carne. E' un potente tossico per l'organismo e causa una serie di cattivi funzionamenti degli organi a partire dagli intestini. Solitamente si sviluppa quando mangiamo carne perchè la completa digestione della carne impiega tantissime ore (alcune fonti arrivano a contare oltre 160 ore, cioè quasi una settimana), e se pensiamo che una fetta di carne alla temperatura di 37 gradi va in putrefazione dopo due giorni al massimo, possiamo immaginare quante tossine (putrescine e altro) vaghino per il nostro corpo.

Come se non bastasse, ne aggiungiamo dell'altra bevendo caffè. Così, se per una disgraziata ipotesi fossimo riusciti a stare una settimana senza cibi carnei e quindi a detossinarci un pochino, ci beviamo una bella tazzina di caffè e passa tutto.

mercoledì 16 settembre 2009

Sana 2009 - pensieri sciolti

Sono andata al Sana, il salone internazionale del naturale che ogni anno si tiene a Bologna.

Sono tornata con un raffreddore stellare, ma questa è un'altra storia che non c'entra niente.

La fiera si prefigge di diffondere il biologico, il naturale e l'ecoetica sul territorio italiano, e devo dire che di carne al fuoco ce n'è sempre molta, sebbene ogni anno che passa diminuiscono gli stands di cultura, cosmesi, benessere per fare posto a sempre più numerosi stand gastronomici o di alimentari. Che poi, cosa c'è di più innaturale di un prodotto inscatolato, anche se lo stesso di fregia dell'etichetta del biologico?

Per non essere ipocrita, devo confessare che ho portato a casa un discreto bottino di guerra, composto per lo più da verdure trasformate in salse da bruschetta.

Mi sarei aspettata di tornare a casa con un consistente quantitativo di contatti, di spunti per fare meglio, ma più che altro sono tornata a casa rotolando per i troppi spunti...ni offerti dai generosi stand dell'alimentazione (sempre quella conservata o inscatolata).

Mi sarei aspettata di trovare nel padiglione della cosmesi un notevole numero di produttori ecobio, invece abbiamo notato con la solita vena di disillusione che su 100 stands ci saranno state si e no dieci linee ecobio.

Mi sarei aspettata che ci fossero diverse espositori di bioedilizia, invece c'era poco e niente, e quel poco erano per la maggior parte venditori di cuscini di noccioli di ciliege e di materassi.

Mi sarei aspettata di tutto, tranne che di trovare porchette, salumi, salsiccie (bio e non bio). Immaginatevi il mio stupore quando, arrivata davanti agli stands della regione Lazio, mi sono trovata una porchetta di un metro e mezzo affettata da un allegro esercente.

Ecco... qualcuno per favore mi spieghi dov'è il bio, il benessere, il naturale in una porchetta. Ma a quanto pare, il porchettaro di Ariccia sembra essere diventato un must in tutte le fiere, se anche la Biofiera a Roma lo accoglie con calore.

E' stata un'esperienza negativa? Assolutamente no. Perchè comunque si riesce a capire dove va l'interesse della gente, che si cura poco di quello che si mette sulla pelle o nello stomaco ma che comunque vuole cibo "sano".

Da parte mia, ho raccolto tutto sommato parecchio materiale informativo, gli stand dell'editoria sono stati i più generosi fra tutti e regalavano gli ultimi numeri delle loro pubblicazioni (alcune del prezzo di 6 euro all'edicola), le scuole alternative sono state molto disponibili e qualche chiacchierata me la sono fatta.

Menzione speciale per LaLeva, che offre un'informazione di altissima qualità.

Sono tornata a casa con chili di carta che mi sto leggendo piano piano ma con tre campioni di cosmetici. Gli espositori più tirchi d'Europa pare si fossero riuniti tutti al Sana perchè non c'era nessuno (a parte Hauscha) che ha regalato nemmeno una prova dei propri prodotti. Che poi, a cercare di capire la loro logica, se io non provo le tue cose come faccio a convincermi a comprarle?