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lunedì 13 luglio 2009

Incendi in allegria, la salute se la portan via

Ieri,

domenica 13 luglio, in quel di Roma, un deposito di autodemolizione (anche riportato come deposito di auto e gomme) è andato a fuoco.

L’incendio, forse doloso, si è sviluppato intorno alle 15.00 e per ore e ore ha diffuso i suoi fumi letali in un’area vastissima: vi basti pensare che si vedeva da più parti del raccordo e che a dieci chilometri di distanza il cielo era ricoperto da una patina grigia quasi fosse una giornata di plumbee nuvole. A vedere da (quasi) vicino l’incendio, pareva di essere sul set di un film post atomico, tanto era densa e terrificante la colonna di fumo che s’innalzava.

La notizia è questa:

http://roma.repubblica.it/dettaglio/Fiamme-in-deposito-auto-e-gomme-I-vigili-al-lavoro-da-sedici-ore/1672606

La considerazione è un’altra… Giorni fa su rassegnaecobio (http://rassegnecobio.myblog.it/archive/2009/07/07/incendio-all-inceneritore-di-piacenza-i-media-tacciono.html) ho pubblicato la notizia di un incendio non controllato a un inceneritore di Parma dove pare sia bruciata della carta non “filtrata” o comunque non pulita da scarti di plastica legno e metallo. Terranauta ha giustamente segnalato il fatto e ha anche evidenziato che c’era il rischio di alte emissioni di diossina.

Sul sito del WWF, trovo che la combustione dei soli copertoni delle tante macchine andate a fuoco domenica provoca il rilascio nell’atmosfera di tante simpatiche sostanze tossiche nonché come al solito cancerogene (http://www.wwfroma11.it/documenti/INCENERITORI.htm#Cemento%20e%20copertoni); c’è poi la sorpresa degli onnipresenti metalli pesanti a farci gioire ancora di più.

Non oso pensare cosa la combustione di lamiere, vernici e sedili/cruscotti/motori possa aver rilasciato nell’ambiente.

Eppure, le tante notizie che oggi (e per la cronaca, dopo 24 ore ancora ci sono dei focolai d’incendio nel deposito) si susseguono, non hanno minimamente tenuto conto del pericolo che questo evento può aver causato a migliaia di cittadini… sotto quella enorme nuvola ieri passeggiavano molte persone, e chissà cosa abbiamo respirato e respireremo nei prossimi giorni. Però, tutto tace.

Così come è accaduto altre volte in passato.

Tanto per fare un esempio, il 31 dicembre 2008 si è sviluppato un incendio in due capannoni nei pressi della Romanina (http://www.instablog.org/ultime/37565.html); cosa contenessero non ci è dato saperlo, cosa abbiamo respirato solo pochi lo sanno.

A questo punto, viene da chiedere per quale motivo fatti così gravi avvengano in una città che tra le più popolate d’Italia senza che nessuno paghi le giuste conseguenze per aver avvelenato l’aria dei cittadini. Viene da chiedere perché non si facciano controlli di sicurezza più che seri in posti che rappresentano un rischio per la popolazione e per quale motivo le amministrazioni tacciono sulle conseguenze che incidenti simili hanno sulla salute dei cittadini.

Sarà nostro diritto essere tutelati sotto questo aspetto o dobbiamo rivolgerci al santo patrono?

venerdì 17 aprile 2009

E' il momento del silenzio

Fonte: Terranauta

Cara/o TerraNauta,
pochi minuti dopo il terremoto che ha colpito l'Abruzzo abbiamo pubblicato un articolo che comprendeva solo cinque parole:
E' il momento del silenzio.

Poi, il senso del dovere e una sorta di pudore ci ha portato a coprire la tragedia che si andava svelando in Abruzzo con qualche articolo di approfondimento.

Una goccia nel mare delle informazioni (informazioni??) che ci hanno inondato in questi ultimi giorni.

Qual è la verità? La verità è che sono morte centinaia di persone. Ci sono le stime ufficiali, ci sono i clandestini che potrebbero essere stati travolti dalle macerie senza lasciare traccia. Ci sono centinaia o forse migliaia di animali domestici intrappolati. E ci sono decine di migliaia di senza tetto.

Dolore, tristezza, sgomento.

E mentre edifici moderni crollano miseramente e monumenti storici restano tranquillamente a guardare, cosa succede nel resto d'Italia? I media si affannano nella rincorsa al servizio più straziante o alla raccolta fondi più edificante. Ci si attacca sulla qualità della trasmissione di Santoro o sulla necessità di accettare o meno i fondi stranieri. Si litiga sul piano casa e sulla possibilità di ingrandire le ville mentre mil ioni di persone vivono in edifici pericolanti, privi di sicurezza e contrari ad ogni logica economica od ecologica.

E' il momento del silenzio questo. Ma è anche il momento di dire basta. Di spegnere la televisione. Di chiudere i quotidiani e di osservare la realtà con i propri occhi anziché con l'obiettivo della telecamera. Cercare di capire se le disgrazie che affliggono il nostro paese siano veramente sempre colpa dei politici o degli industriali o se forse anche noi, nel nostro piccolo, con la nostra indolenza, la nostra rassegnazione, il nostro egoismo e la nostra ipocrisia non siamo, in fondo, tutti complici.

"Cosa vuoi che possa fare una persona!" "Cosa lo faccio a fare se tutti gli altri non lo fanno"? Quanta viltà si nasconde dietro affermazioni come questa, sentite e ripetute centinaia di volte? "Gli altri" non sono forse singoli individui come noi?

Riprendiamoci la nostra vita! Usciamo per strada e guardiamoci intorno. Osserviamo i cieli (blu o sbiaditi dall'inquinamento?), il sole, la luna. Respiriamo l'aria (sporca) nei polmoni, ascoltiamo i rumori (soffocati dal caos) della natura, tocchiamo la terra (ricoperta dall'asfalto) che si trova sotto i nostri piedi.

E, se non siamo stati colpiti direttamente dal terremoto, gioiamo. Dobbiamo e possiamo gioire della vita che continua a manifestarsi nonostante tutto. Gioire dei doni meravigliosi che ci sono stati dati dalla nascita: gambe, braccia, occhi, bocca, orecchie, cuore, cervello, organi genitali, coscienza.

E' il momento del silenzio, ma è anche - paradossalmente - il momento di inondare il pianeta di risate, di amore, di sorrisi, di sguardi, di carezze, di sussulti di piacere, di voglia di vivere ora e sempre.

Reagire alla crisi cancellandone l'esistenza. Partire, tornare, fermarsi, reagire.

Riprendersi la propria libertà, la propria dignità di essere vivente.

Riscoprire il saper fare, il contatto con la natura, con la terra.

Coltivare il proprio orto urbano, educare i propri figli, riscoprire la propria spiritualità.

Incontrarsi. Ospitare ed essere ospitati. Non arrendersi alla depressione consumistica che ci hanno lentamente trasmesso e reagire riscoprendo le altre persone. Non criminali, non pericolosi sconosciuti, non poveretti da aiutare. Semplicemente persone. Impaurite come noi e più di noi.

Noi esseri straordinari, esseri divini forse. Esseri desiderosi di un contatto umano eppure, sempre più, esseri terrorizzati dalla nostra stessa ombra.

Daniel Tarozzi