domenica 31 ottobre 2010

A scuola di pane... e altro

Chi dice che è impossibile fare il pane in casa? Ultimamente sempre meno gente, visto che molti di noi hanno la miracolosa macchina che impasta e cuoce tutto sommato del buon pane.

Ma se volessimo spingerci un po' oltre, e andare al di là del cubotto magico che esce dalla macchina del pane, potremmo incontrare mille difficoltà, culturali in primis. Ma come ben sappiamo, spesso le difficoltà e i limiti sono solo delle illusioni, e bastano due ragazze pronte a condividere la loro esperienza per scoprire che panificare naturalmente è un'azione a portata di tutti i forni e che bastano "pochi minuti" per farlo.

Le ragazze in questione, Giada e Annalisa, fanno parte di un progetto più ampio, la casa del cibo : quella di cui fanno parte (e copio intestazione  del loro sito) è un'associazione agri-urbana per la diffusione della cucina popolare.

Per dirla molto brevemente, l'associazione Casa del cibo intende ri-diffondere le conoscenze e le sapienze perdute negli ultimi anni, e riassegnare il giusto ruolo che il cibo (come nutrimento e momento di condivisione) dovrebbe avere nella società.

Per tornare al corso (tempeste di farina), cinque interessanti ore di spiegazioni e informazioni varie, abbiamo appreso come in realtà sia alla portata di tutti impastare e infornare: certo, quello che il pane a lievitazione naturale ci insegna è di aver pazienza, in quanto necessita di un paio di fasi di stasi (lievitazione) che durano svariate ore. Il pane ci insegna a rispettare le farine, a dar loro i giusti enzimi per predigerirle e consentire a noi di trarne il massimo vantaggio nutrizionale; come spiegava Giada, il lievito di birra non riesce a fare questo ma soprattutto non riesce, nelle infarinate con farina integrale, a scomporre  l'acido fitico, sostanza che se mangiata in grandi quantità inibisce l'assorbimento del ferro.

Il pane e le ragazze ci hanno insegnato anche che preparare da mangiare insieme ad altre persone è un'esperienza intensamente ricca di spunti, sorprese, informazioni: si potrebbe affermare che, insieme alla pagnotta messa a lievitare, lievitino anche le nostre menti.

Condividere, diffondere, riappropriarsi delle proprie radici: niente male per una domenica pomeriggio...

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venerdì 15 ottobre 2010

Il corpo, il controsenso e il marketing

Mi sono iscritta in palestra, una bellissima struttura ottimamente attrezzata e con una fantastica, enorme vetrata che dà su un panorama magnifico. Non ce ne sono molte di palestre "alla luce del sole", spesso sono dei sotterranei riccamente attrezzati ma stai pur sempre sottoterra.
Questa no, è bellissimo arrivare a qualsiasi ora del giorno e trovare una diversa sfumatura di luce, fare ginnastica con le finestre aperte invece della solita, stantìa aria condizionata.
Ed è forse perchè mi ritrovo a camminare sul mio tapis roulant e guardare i monti in lontananza, che la mia mente riesce a fare tante considerazioni... che non sono una novità assoluta per il genere umano ma frutto per me di lunghe meditazioni camminate e rivelazioni inaspettate.
Una delle prime cose che sono riuscita ad elaborare chiaramente è qualcosa che strabilierà il genere umano: abbiamo centinaia di muscoli e un paio di centinaia di ossa, tutti specializzati per farci fare una vasta e ampia gamma di movimenti. Si, siamo stati "progettati" per muoverci per la maggior parte del nostro tempo di veglia (ma anche di sonno). Curioso, vero?
Ma questo, qualcuno mi dirà, lo sanno anche i ragazzi di 11 anni. E' vero, però quanti di noi riescono in una giornata o una settimana lavorativa a muovere per la maggior parte del tempo di veglia tutte le ossa e i muscoli ad esse collegate?
Se la nostra giornata tipo è costituita da attività sedentarie o in piedi tipo bar/cassa/negozio, bene che ci va avremo usato alla fine della settimana un 40% del nostro intero apparato muscoloscheletrico. E il resto? Il resto si contrae, contorce, atrofizza, acciacca, soffre abbandonato.
Allora, dopo almeno dieci ore trascorse lontano da casa, per sopperire alla mancanza corriamo in palestra: cerchiamo in quell'ora/due tre volte a settimana di recuperare una parte del movimento perduto e quantomeno di tenere in allenamento il nostro corpo. Certo, meglio di niente è, ma se ogni minimo pezzo della nostra muscolatura è fatta per muoversi nell'arco di 18 ore, quanto può fare l'esercizio?
I risultati ci sono, è ovvio e ognuno di noi l'ha sperimentato su sè stesso: palestra o sport o attività all'aria aperta ci forniscono una serie infinita di benefici psicofisici.
Ma il controsenso è che noi lavoriamo almeno otto ore al giorno, inchiodati nelle nostre postazioni per guadagnare del denaro che poi in parte dovrà essere speso per passare ulteriore tempo fuori di casa a muoverci. Il danno che il nostro lavoro ci arreca deve essere riparato di tasca nostra con il nostro tempo e denaro.
Se non fosse un'idea troppo assurda, si potrebbe pensare di ridurre a tutti i lavoratori l'orario di lavoro (compreso lo stipendio) delle ore necessarie a far sì che tutti camminino per gli ormai arcinoti 10.000 passi al giorno (circa 8 km), che a detta di parecchi studi sono il minimo sindacale di attività da fare per mantenerci davvero in salute.
il contesto sociale e culturale purtroppo non ci aiutano, e quindi continueremo ad accontentarci di camminare su un macchinario attaccato a una presa di corrente (e quindi ecologicamente poco sostenibile, a meno che qualcuno non si decida a sfruttare i watt prodotti con il nostro sudore convogliandoli in appositi accumulatori) e, se proprio ci dice male, a percorrere i nostri "finti 8 chilometri" davanti a un muro bianco. O alla De Filippi che ci presenta i suoi amichetti.
Non vorrei neanche sottolineare ma sono costretta che camminare all'aperto sarebbe la cosa migliore da fare, e anche la più economica.
Ma dov'è il marketing?
In generale, quando si parla di benessere o di salute/bellezza del corpo, entrano in azione i professionisti del campo. Lasciando perdere i parrucchieri e i truccatori (che ho lasciato così e che ritrovo con appellativi tipo Hair Stylist e Makeup artist maddechè?), la categoria più insidiosa per il nostro amor proprio e la nostra autostima sono le estetiste. O meglio, i centri estetici rampanti piuttosto che in franchising. Ci tengo a specificare che la mia estetista e tantissime altre sono persone assolutamente degne di fiducia e discrete, nonchè indispensabili per la nostra bellezza e il nostro benessere, ma i Rampanti Franchisee, che hanno studiato Marketing al prestigioso Centro Anziani di Vattelapescamarittima, no.
Se hai la malaugurata sorte di capitare in mano a uno di questi foschi figuri, entri che sei una persona sorridente e con tutto sommato una buona considerazione di te stessa, ed esci con due occhi tristi da far concorrenza a Calimero.
Il check up gratuito di solito è la fine, di sicuro troveranno in te delle magagne che con soli 500 euro (almeno per la prima tranche) riusciranno (loro) a risolverti... Iniziano a dire che hai problemi di ritenzione, e allora devi fare il trattamento A, poi c'è del rilassamento, e via con il trattamento B, poi hanno forse visto una ruga (e ci credo, magari hai 60 anni) che sicuramente il trattamento C cancellerà in eterno. E così via fino ad arrivare alla Z e tornare indietro fino alla A. Così tu, che eri entrata/o magari solo per aggiustare le sopracciglia, ti ritrovi a considerare il tuo corpo come un cumulo di macerie, e inizi pure a dubitare del tuo senso del bello, del tuo metro di giudizio e a farti un milione di pare mentali, perchè in fondo a te pareva proprio di essere ancora un bel bocconcino.
Il marketing de noantri mercifica il corpo nella maniera più bieca, meno preventiva e salutare che io possa conoscere, e a nulla vale dire ai Fenomeni che stai facendo palestra (il cui abbonamento annuale costa infinitamente meno di un pacchetto), che stai seguendo una dieta o percorso disintossicante: senza l'aiuto dei Rampanti non ce la potrai mai fare.
Ebbene, tutti sappiamo che non è così, e che l'unico modo di stare in forma, a parte camminare come i criceti sulla ruota roulant o tramite altre pratiche, è vedersi belli e sentirsi bene. Alla faccia di quei menagrami che ti venderebbero pure le ossa polverizzate della nonna di Keith Richards.
Ah, beh... un'altra accortezza è di evitarli accuratamente e/o declinare gentilmente i loro preventivi di 20 pagine.
Buonissimi 10000 passi a tutti!

domenica 3 ottobre 2010

Una scorta oculata e la tasca piena è assicurata

Molte volte rinunciamo ad acquistare prodotti biologici o ecobiologici perchè si ritiene costino molto. Così, piuttosto che comprare questo genere di cose, ci buttiamo sulle offerte speciali della grande e piccola distribuzione non bio e facciamo scorte notevoli di qualsiasi cosa ci capiti sotto gli occhi: detersivi 3per2, 100capocchiediaglioa50cents, 30chilidipatatea5euri, 5litridibagnoschiumaa1euroe80, e così via.

Di offerta in offerta, di ribasso in ribasso, ogni settimana (o giorno, o mese) torniamo a casa e tentiamo di stipare i nostri acquisti nelle nostre sempre più piene case.

La prima scoperta non proprio gradevole è proprio quella del conto: convinti di risparmiare, acquistiamo le offerte senza pensarci su, e lo scontrino alla cassa riserva spesso grosse sorprese in quanto a numero di cifre da pagare.

La seconda scoperta è che forse nell'armadietto 30x30 quei dieci fustini di detersivo proprio non ci entrano, così come quei 5 chili di verdure non ce la fanno a stare nel frigorifero... cerchiamo allora di riempire ogni pertugio, angolo, cassetto con i nostri acquisti. In questo modo, oltre a mandare alle ortiche il Feng Shui e l'armonia di una casa sgombra da troppi orpelli, facilitiamo il venditore che grazie a noi e a migliaia di persone come noi, ha un magazzino sempre piuttosto sgombro, e le tasche piene.

A differenza delle nostre che, come da prima scoperta, sono tutt'al più piene di aria (ecco dove finisce il Feng Shui, negli ariosi conti in banca pieni di scontrini ma poveri di denaro!)

Ma le tristi scoperte, ahimè non finiscono qui...

Capita infatti che molta della merce che compriamo nei nostri compulsivi acquisti, arrivi a scadenza senza nemmeno essere aperta. Siamo costretti a buttare decine di confezioni di cibo, svariati vasetti di creme per il corpo aperte che campeggiano numerosissime nei nostri bagni (ricordiamoci che anche i cosmetici hanno una scadenza e che sarebbe proprio opportuno utilizzarli non oltre), addirittura gettiamo tonnellate di medicinali scaduti solo per la nostra scoiattolesca mania di stipare, stipare, stipare per un "inverno" che non arriverà mai.

La terza scoperta ci porterà a considerare gli acquisti sotto un'altra luce. Se facendo un ipotesi campata in aria io comprassi 30 chili di patate a 5 euro, ma riuscissi ad utilizzarne solo 2 chili prima che marciscano, quanto in realtà avrei pagato quei due chili di patate consumati?

Se entrassi in farmacia e facessi scorta di aspirina perchè c'è lo sconto ed è meglio approfittarne, e non ne avessi bisogno per due anni, quanto mi verrebbe a costare la mia fobia dello sconto?

Prima di arrivare a bollare i prodotti biologici come troppo cari, dovremmo forse fare dei piccoli bilanci settimanali, mensili e annuali di quello che compriamo e di ciò che buttiamo non utilizzato nella spazzatura.

Scopriremmo che non solo i prodotti biologici sono molto più accessibili ed economici per le nostre tasche ma che, siccome non ci sono molti sconti e apparentemente costano un po' di più, ne compreremmo solo lo stretto necessario, consumando tutto e scartando poco.

Non solo, capiremmo ad esempio che i detersivi ecologici (quelli veri) sono concentrati e non ci fanno pagare sostanze inerti usate come riempitivo per arrivare a "quei cinque chili di fustino", e impareremmo ad usarli con parsimonia perchè ne basta davvero poco.

Per aprire una piccola parentesi su questo, Officina Naturae ha fatto una tabella comparativa del costo per ogni singolo uso dei suoi prodotti e di altri prodotti con la stessa funzione. La bella notizia è che il prezzo più alto è solo apparente, e si ammortizza alla grande con l'uso e senza 3x2!

Le ultime tre meravigliose scoperte di una gestione oculata degli acquisti sono:

il risparmio di tempo quando si va a fare la spesa (sappiamo già cosa comprare, in che quantità e non ci facciamo incantare dalle sirene delle offerte)

la fantastica visione di una casa libera e, finalmente, spaziosa e ben areata

i saluti sorridenti degli impiegati di banca che, per la prima volta dopo tanto tempo, festeggeranno la lieta notizia del nostro conto corrente non più in rosso.

 

Buona, oculata, spesa!

martedì 28 settembre 2010

No alla vivisezione - 25 settembre 2010

Sabato 25 settembre a Roma si è svolta la manifestazione nazionale contro la vivisezione e la recente normativa europea che introduce l'utilizzo di animali randagi nella sperimentazione animale.

E' inutile dire che il MedioEvo non è mai finito, e che noi esseri superiori ed evoluti siamo disposti a torturare e trucidare altri esseri viventi in nome del profitto e di chissà quali altre idee oltremodo antiquate.

I canali d'informazione hanno dedicato pochissime righe se non il nulla a questo evento, per questo motivo è necessario che ancora una volta sia il web a mobilitarsi e diffondere le notizie che evidentemente fanno "poca" audience.

La mia amica Livia ha gentilmente scritto una cronaca da postare su questo Blog. Ve la riporto fedelmente.

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25 settembre 2010, ore 15, sono con tre amiche a Piazza della Repubblica, Roma, per partecipare al corteo contro la vivisezione, un’iniziativa organizzata dal Coordinamento Fermare Green Hill. Siamo davvero tanti, una folla di persone scesa in piazza per protestare contro l’industria della vivisezione e per chiedere la chiusura di Green Hill, che non ha niente a che vedere con l’allevamento della Quercia rimpianto da Snoopy . Qui i cuccioli di beagle, precisamente 250 al mese, vengono mandati nei laboratori di tutta Europa destinati ad una vita (?) atroce, in gabbia, fatta di torture chiamate dal “Dottor X” esperimenti, ricerca medico–scientifica, vivisezione a scopo didattico. Con questi intenti “nobili” si procede allo sterminio di esseri viventi trattati come schiavi, oggetti. Il corteo avanza lungo via Barberini, via Sistina, via Trinità dei Monti , si conclude a Piazza del Popolo. Qualcuno si farà qualche domanda in più e prenderà la briga di informarsi seriamente? Perché l’informazione te la devi andare a cercare. E i governi europei? Che posizioni prenderanno? Il 26 settembre su Repubblica a pag. 21, in basso, c’era un articoletto di 11 righe sulla manifestazione. Non ho fatto una rassegna stampa completa ma da questo giornale mi sarei aspettata una maggiore attenzione. Qualcuno mi ha detto: “troppi inserzionisti coinvolti con la vivisezione”. Già. Non se ne parla, non ci si indigna, perché per molti gli animali sono esseri inferiori, al nostro completo servizio, allevati in modo disumano per diventare cibo, pellicce alla moda, cavie da laboratorio. Su Liberazione Animale c’è un’intervista illuminante, del 20/05/2010, a Marco Mamone Capria, professore di Matematica dell’università di Perugia, sulle orme del padre dell’ antivivisezionismo scientifico Hans Ruesch. Il Professore promuove l’uso di metodi alternativi ai risultati non validati ottenuti dalla vivisezione che a seconda della specie dà risultati diversi, parla di metodi scientifici economici, rapidi, certi. “Le nuove procedure invece, come i chip genetici, che indicano direttamente come una sostanza chimica interferisce con il dna umano, danno risposte inoppugnabili”. Il loro guaio è proprio che danno risultati univoci. Oggi per ottenere il via a un prodotto basta trovare l’animale che lo tolleri, con metodi veritieri questo business sarebbe impossibile”.

Io non mi rassegno a questo stato di cose e invito tutti voi a continuare a informarvi, a indignarvi, a protestare, andate a prendervele le informazioni ovunque possibile, non credete a chi vi dice che serve cucire gli occhi ad una scimmietta.

domenica 19 settembre 2010

Piccolo...spaccio...pubblicità

La pubblicità, si sa, è l'anima del commercio. Negli ultimi 60 anni la pubblicità con ogni mezzo tenta di venderci qualcosa; quel qualcosa è sempre un favoloso prodotto delle industrie nostrane ed estere che, a dir loro, cambia sempre in meglio la nostra vita. Ci spacciano sempre un mondo migliore fatto di prodotti e non di persone.

Ma, senza star troppo a parlare, analizziamo tre fantastiche trovate tra le ultime.

 

Il detersivo in ecodosi

Sentendo parlare di ecodosi, ci viene subito in mente il richiamo all'ecologia. Così, senza saperne molto di più, la nostra attenzione viene catturata da questo.. eco e già alla successiva visita al negozio di detersivi l'eco risuonerà nella nostra mente e nelle nostre mani.

Le ecodosi in realtà costano care: 6,50 euro per 30 lavaggi predosati.

Il termine eco inoltre si riferisce al fatto che si ECOnomizza la quantità di detersivo senza che questo venga disperso negli ingranaggi della lavatrice se immesso dal cassettino dell'elettrodomestico. In realtà, con un minimo investimento (70 centesimi circa), le vere ECO(logiche)dosi ce le possiamo tranquillamente fare in casa. Compriamo una simpatica pallina dosatrice (a volte si trovano già nelle confezioni di detersivi), un ottimo detersivo concentrato ecologico (ad esempio il Tea Natura), inseriamo una dose minima nella pallina, alziamo un pochino i gradi di lavaggio (è riscontrato che è l'acqua calda che lava i panni meglio di qualsiasi altro prodotto) et VOILA', le super ecodosi sono pronte.

E' bene, se si sceglie il detersivo in polvere, comprare quelli ecobio in quanto i comuni detersivi sono per una buona dose costituiti da materia inerte che serve solo a... raggiungere il peso indicato nella confezione (riempitivi). I detersivi ecobio invece non ne hanno, ed ' per questo motivo che a parità di peso ne servirà molto meno.

Le solite merendine miracolose

Le solite merendine miracolose, sponsorizzate da mamme atlete che fanno fare le marchette ai loro pargoli e da altre donne famose che a 50 anni ancora si mangiano la cioccolata al latte, si permettono di dare dei consigli nutrizionali decisamente fantasiosi.

Suggerire di fare colazione con frutta seguita da latte e come aggiunta una bella merendina piena di latte condensato zuccherato va contro ogni principio digestivo conosciuto.

Per risparmiare soldi e futuri problemi di stomaco ai bimbi, è bene quindi seguire delle indicazioni molto più semplici e decisamente più salubri di un prodotto confezionato mesi fa: frutta o spremuta appena alzati, se si ha fame dopo mezz'ora una bella fetta di pane semi integrale (fresco) con un velo di miele o di marmellata senza zucchero, oppure frutta secca.

La differenza in termini di energia è notevole, e noi avremo il conforto di aver dato del cibo fresco e ancora vitale ai bambini.

 

La triste ascella disidratata

 

Questa è fantastica. Un famoso marchio internazionale sta affrontando il gravissimo problema dell'ascella avvizzita che pare affliggere tante persone. Per questo motivo ha deciso di scendere in campo e creare un deodorante che reidrati e renda appetibile la parte anatomica in questione.

A meno che io non viva sulla luna, e talvolta credo che sia la realtà, l'ascella disidratata non l'ho mai incontrata. Certo, a furia di usare prodotti aggressivi quali gli antitraspiranti/antiodoranti o deo a base alcolica, qualche danno lo facciamo. Ma basta smettere di utilizzarli, detergere con un sapone basico l'intristita zona, alle brutte applicare un poco di bicarbonato non trattato o spruzzare un'acqua satura dello stesso che le ascelle rifioriranno. Alle brutte, un filo di crema idratante più che naturale ci può aiutare.

Ma, dico io, con tutto quello che abbiamo nell'armadietto dei cosmetici, c'era bisogno anche di questo?

Attendo con orrore le prossime trovate!

lunedì 13 settembre 2010

Il dilemma del... (consumatore) onnivoro

Il consumatore in quanto tale e non in quanto persona dotata di una mente e un corpo che si fondono e interagiscono, va decisamente in crisi di fronte ad una tipologia di merce o servizio dalla quale ormai diffida: la prestazione gratuita.

L'oggetto, la consulenza, il servizio gratuiti mettono in crisi l'entità consumatore e gli accendono mille campanelli:

"Sarà gratis, ma a me quella volta  volevano regalare un viaggio dovevo comprare  un appartamento in comproprietà..."

"Sarà gratis, ma quel volume su Padre Pio omaggio nascondeva l'acquisto dell'enciclopedia in 22000 volumi di tutti i santi apparsi sulla terra..."

"Sarà gratis, ma l'ultima volta che un dentista mi ha fatto una visita di controllo poi mi ha presentato un preventivo da urlo..."

"Sarà gratis, ma la prima consulenza dall'avvocato non è servita a molto..."

 

Insomma, abituato com'è a prendere fregature nascoste dalla parola gratis, l'essere umano alla parola gratis si trasforma in entità consumatore e fa salire tutta una serie di meccanismi di difesa.

E' per questo motivo che la mia iniziativa di offrire una consulenza gratuita (compresi eventuali piccoli rimedi) di nutrizione, fiori di bach e naturopatia in generale, e che avevo proposto a persone che mi conoscono, è finita con un insuccesso clamoroso. Solo una persona tra le oltre duecento invitate si è "fidata" e ha avuto modo di usufruire di una consulenza di fiori di Bach compresa la boccettina.

Era un modo per farmi conoscere, per vedere se il mio futuro lavoro può essere questo (e quindi coincidere con ciò che più mi piace) oppure dovrò farlo solo come hobby. Ma neanche le persone che mi conoscono hanno aderito all'iniziativa, segno evidente che il gratuito ormai fa paura.

Al di là del mio piccolo personale insuccesso, constato ogni giorno questa sensazione. Il consumatore se non paga diffida.

Se gli offri del cibo gratis si abbofferà, se getti in aria denaro si getterà in terra pur di prenderlo, per qualsiasi altra cosa il non pagare è sinonimo di cattiva qualità, raggiro, scarse competenze.

Pertanto, l'unico modo di acquisire credibilità in questo mondo è fissare delle tariffe, prezzare qualsiasi cosa, anche il consiglio più semplice e stupido: se lo pagano lo riterranno oro colato. Diversamente, per quanto tu sappia che possa essere efficace, sarà assolutamente ignorato.

martedì 24 agosto 2010

A scuola con gusto. Etico

Purtroppo per gli scolari, o per fortuna per i secchioni, c'è sentore di scuola nell'aria.

I negozi sono pieni di tutto l'occorrente per un accessoriato anno scolastico, i supermercati risplendono di offerte di ogni tipo.

Quest'anno, ancor più degli altri, possiamo fare le nostre scelte ecologiche anche a scuola.

Molte aziende infatti si sono accorte che l'ecologico paga e hanno creato delle linee molto accattivanti di quaderni, penne, and co.

Senza voler far pubblicità ai vari marchi, è bene sapere che ormai il quaderno/quadernone/blocco in carta riciclata è di larghissima diffusione, ma se siamo proprio attenti utilizzare per prendere appunti il caro vecchio retro del foglio A4 stampato (magari tagliato in due e rilegato con fiocchi e clips graziose e riutilizzabili) ci porterà in testa alla classifica dei perfetti studenti... ricicloni.

Esistono al momento penne biodegradabili (in realtà da anni), gomme da cancellare in gomma naturale, colle atossiche con ingredienti naturali (la miticissima Coccoina), evidenziatori non inquinanti e non tossici a matita, classificatori e cartelline in cartone riciclato, matite colorate in legno naturale (per le matite nere il portamine è quello che consente un minor consumo di risorse della terra dal momento che il portamine è eterno e non si spreca legno per costruire la matita), e tutto quello che la fantasia ci può far saltare in testa.

Insomma, con i soli accessori per un anno di scuola si potrebbe veramente iniziare a fare la differenza.

Per tutto quello che non è ancora ecologico, come ad esempio borse o astucci, sarebbe bene fare opera di risparmio decidendo di tenersi per qualche anno la stessa "cartella" e tutti gli accessori che spesso, al passare delle mode annuali, vengono accantonati per sempre in ingolfatissimi armadi.

 

Volendo spingerci là dove nessuno è mai arrivato prima, gli insegnanti potrebbero invogliare gli alunni a riciclare o a sviluppare il consumo critico: i ragazzi sono molto ricettivi e accoglierebbero con favore qualsiasi tipo di iniziativa che li distogliesse dagli stantii e per niente formanti programmi scolastici.

Dovesse esser troppo, sappiamo bene che anche i piccoli gesti fatti con consapevolezza sono semi di saggezza, è per questo che già vedere una cartella ecosostenibile sarebbe un traguardo notevole.

lunedì 16 agosto 2010

Spiagge e pensieri

Due settimane di mare e una rilassante vacanza tra la sabbia mi hanno indotta a "favorire" frivole letture a scapito dei miei soliti "manuali della barbosa bio-ecologista".

E, sapete, ritrovarsi a sfogliare riviste femminili dopo mesi di astinenza, può dare delle grandi sorprese.

Siccome non guardo un tg da almeno due anni, e non leggo nemmeno i quotidiani online, scopro solo ora che un settimanale non meglio identificato (mi sembra fosse Tu ma non vorrei dire sciocchezze), ci mette in guardia dalle insidie dei cosmetici ecobio.

Avete letto bene, non è che parla solo dei finti prodotti naturali, ma ci avvisa che gli oli essenziali (veri) possono essere rischiosi, o che il biossido di titanio usato per i solari a filtro fisico, quando micronizzato può penetrare sotto il derma. Così via per qualche altro ameno allarme, non affiancato dal dovuto contraltare di cosa ad esempio fa un solare a filtro chimico piuttosto che un profumo generico di derivazione sintetica.

Insomma, proprio quando le persone iniziano forse a capire che l'ecobio fa comodo a tutti, c'è qualcuno che scrive un articolo che lo butta giù con i soliti mezzucci da quattro soldi che portano solo cattiva disinformazione.

Ma se i miei occhi pieni di sole non si fossero abbastanza stupiti da ciò, ci ha pensato Gioia con il suo caldo numero 32 a ravvivare le mie orbite.

Pagine e pagine di moda invernale riscaldate da pellicce in ogni dove: cappotti, giacche, stivali con risvolti pelosi, borse stile Neanderthal, gilet, mantelle... non ho visto orecchini e bracciali ma forse è èerchè non ho guardato bene, sono sicura che c'erano. Addirittura Karl Lagerfeld per Chanel ha pensato che il prossimo inverno sarà da glaciazione, dal momento che propone moon boot pelosi, borse polari, cappotti da -40.

E se non bastasse, alcune icone di stile (?) quali Kate Moss o Sienna Miller vengono esaltate con le loro pellicce.

Gioia però deve essersi sentita sola, se anche Grazia col suo numero 33, dopo averci deliziato con l'articolo sulla chirurgia estetica della vagina, ha deciso di proporci la moda della donna moderna: sulla neve in bikini e pelliccia. E non risparmiano nulla: montone (a proposito, è ritornato di moda!), marmotta, coyote, volpi di tutte le razze...

Volete sapere gli stilisti che hanno deciso di rompere l'embargo della pelliccia? Praticamente tutti, ma ne ricordo alcuni:

Chanel, Custo Barcelona, Valentino, Cavalli, Byblos, Galliano, Ferrè, Fendi, Iceberg, Hogan, D&G, Clarks, Primaclasse, etc etc etc.

E mi chiedo in quale momento di questi ultimi anni ho chiuso un attimo gli occhi e cambiato dimensione per approdare in questa, così crudele da consentire alla moda di continuare indisturbata ad uccidere per vanità, così stupida da consentire ancora a qualche sciroccata sdrucita nel cervello di indossare un animale morto, così superficiale da dimenticare anni e anni di lotte contro le pellicce.

E, ovviamente, per fare il trio con pellicce e articoli marchettari, cosa c'è di meglio che riempire i giornali di pubblicità che mostrano gioielli del valore di svariate centinaia di euro?

C'è la crisi, si perdono migliaia di posti di lavoro, la gente non arriva a fine mese e i settimanali femminili vengono venduti a prezzi popolari (50 cents, 1 euro), e qualcuno pensa ancora che sulle pagine di una rivista ci possano servire almeno 5 lussuosissime marche di gioielli per distrarci un pò?

Mi piacerebbe davvero sapere se incrementeranno le vendite di preziosi...

 

Ed è così, tra il serio (molto) e il faceto (evanescente) che me ne sono tornata a casa con questo mucchio di riviste dalle quali prenderò spunto per la prossima estate: abbonamento a Topolino, Martin Mystère, Diabolik.

Anche se personaggi di fantasia, loro hanno i piedi per terra...

mercoledì 28 luglio 2010

Il panettone, il professionista, il suv

Come ogni anno, l'estate mi provoca strani pensieri che non hanno nessuna associazione tra di loro. Ma li devo esternare, spero solo di non annoiare.

 

Il panettone

Il sindaco di Milano, in un'intervista di A, afferma di voler promuovere il panettone tutto l'anno. Nell'intervista la si vede in piena estate davanti ad una fetta di panettone accompagnata da buon gelato. "L'industria del panettone crea un indotto lavorativo di qualche migliaia di posti", annuncia il sindaco, "e mangiando panettone aiuteremo queste aziende"

Innanzitutto, credo che il caldo non abbia pietà nemmeno dei politici, visto che forse Milano dovrebbe prima risolvere i problemi di smog che creano un surplus di indotto lavorativo agli ospedali. Secondariamente, il signor sindaco forse non si rende conto che il panettone è una bomba di grassi e calorie da risultare, se consumato tutto l'anno, un attentato alle coronarie. E alla linea.

Circa 400 calorie per 100 grammi, circa il 23% di grassi, proteine e carboidrati mischiati insieme, non è certo il pasto ideale per una fresca merenda milanese. Se aggiunto al gelato, poi, arriva a costituire l'equivalente di un pranzo di tre portate... minimo.

Il professionista

Mi sono permessa di dare un suggerimento telematico a una persona che aveva dei problemi di stitichezza. Subito una professionista che non si è rivelata tale ha fatto notare che il fai da te è sempre sconsigliato e può provocare danni. Cioè, acqua e limone e un citrato sono più dannosi di una costipazione cronica?

La persona alla quale avevo dato il consiglio, peraltro non campato in aria, pare aver risolto il suo problema e ottenuto diversi benefici "collaterali". Non contenta, la professionista è uscita allo scoperto e ha detto che il codice deontologico vieta di dare suggerimenti per email o per telefono. Mi spieghi la signora per quale motivo allora i medici, tutti i medici, suggeriscono senza visitarti antibiotici, antipiretici, antitutto. E mi spieghi la signora cosa avrebbe fatto lei, visto che si è ammantata dietro un velo di mistero e voleva che la povera costipata andasse a pagare un professionista per risolvere il suo problema di stitichezza.

Sicuramente la professionista affermerà la stessa cosa di me, ma certi comportamenti non aiutano nessuna professione e soprattutto gettare discredito sui colleghi non porta da nessuna parte.

 

Il suv

Mai come in questo periodo dell'anno, mi infastidiscono a morte questi dinosauri delle strade. Una città come Roma, morente di traffico, non ha bisogno di questi furgoni mascherati da macchine fashion, guidati da gente che non sa quello che fa e parcheggiati dove capita come se fossero meteoriti piombati sulla terra.

lunedì 19 luglio 2010

Sicurezza alimentare, ortoressia, controllo del cibo, bla bla bla

Leggevo giusto oggi un articolo di Mike Adams riproposto da Marco Cedolin e poi da Informare per Resistere su Facebook.

E ho letto veramente con gusto gli interventi delle persone che ancora credono che fare attenzione a ciò che si mangia possa essere considerata una malattia o comunque una stranezza alquanto pittoresca.

Senza nulla togliere al libero arbitrio di ognuno di noi, è sconfortante constatare quanto poco ci si curi di un'azione dalla quale può dipendere la nostra salute, energia, longevità, capacità di lavorare  e quanto si deleghi alle aziende produttrici di cibo.

Siamo diventati come gli animali domestici che vivono nelle nostre case: totalmente dipendenti da altri per la scelta del cibo e drogati di "crocchette".

In effetti ci illudiamo di scegliere quello che mangiamo, ma in realtà quello che troviamo sugli scaffali dei supermercati è quasi tutto frutto di una ricombinazione di circa duecento elementi chimici e una varietà sempre più esigua di prodotti che la terra ci "offre".

Qualunque sia la scatola di cibo che stai prendendo in mano, qualunque sia il genere alimentare, troverai sempre in aggiunta conservanti, esaltatori di sapidità, coloranti, additivi; dall'omogenizzato al gelato, passando per tortellini, crackers, yogurt da bere, cordon bleu e pesce, tutto è ricombinato. Non solo: il numero delle specie vegetali che consumiamo è estremamente inferiore a quello che mangiavano i nostri nonni. L'agricoltura intensiva seleziona solo le varietà più produttive e scarta (facendo piano piano scomparire dalla faccia della terra) quelle più rustiche e adatte alle specifiche condizioni ambientali di coltura. Mangiamo sempre lo stesso mais, lo stesso grano, le stesse tre insalate, e qualche tipo di verdura fresca. Il resto, se lo dovessimo incontrare in qualche mercatino agricolo, apparirebbe ai nostri occhi come uno scherzo della natura.

Non solo: Safran Foer, nel bellissimo "Se niente importa", ci parla dell'allevamento animale. Gli animali selezionati per l'allevamento di carne sono incroci che in natura verrebbero considerati grotteschi errori: dei freak, insomma. Il pollame e i tacchini non riesco a riprodursi da soli, devono essere inseminati, maiali e bovini crescono al disopra del loro incremento di peso naturale, e vivono la loro triste esistenza bombardati di medicinali, in mezzo ai loro stessi escrementi e chissà, pure dopati di ormoni.

 

Per questo e tanti altri motivi, è molto importante conoscere quello che si mangia, come viene prodotto e quanti additivi, ormoni o antibiotici ti ci mettono dentro. E' importante perchè la prossima volta che avrai un mal di gola, il tuo antibiotico potrebbe far cilecca, e se dovesse servirti per situazioni più gravi, potresti essere  in pericolo di vita.

Di contro, se assumi ormoni senza saperlo, tu uomo rischi di vederti crescere le tette e diminuire il numero di spermatozoi e la potenza sessuale. Tu donna, andare incontro a un sovradosaggio di estrogeni che a lungo andare potrebbe causarti svariati problemi di salute.

E' ortoressia o voler acquisire consapevolezza il conoscere ciò che si mangia?

venerdì 9 luglio 2010

Ecologia ed etica del lavoro

Sono stata assente parecchio dal mio blog, ma il motivo è che ho avuto parecchio da meditare sull'argomento oggetto di questo post.

Non è che ora abbia le idee chiare, ma non si sa mai che mentre scrivo...

Il lavoro per una persona è molto di più del mero sistema che le consente di portare a casa uno stipendio a fine mese. Il lavoro è un sistema di relazioni, interazioni, ambienti, situazioni, emozioni, eccetera. In poche parole, è un complesso ecosistema che necessita di uno studio approfondito e di un'etica.

Non so come fosse il lavoro ai tempi dei nostri bisnonni e dei nostri nonni, ma le tracce delle loro lotte sono arrivate fino a noi. Perlomeno in Italia, dopo il boom economico degli anni 50 e le dure lotte sindacali, possiamo dire sommariamente che le cose sono andate bene per un po' di tempo.

Ma quello che l'uomo fa alla nostra Terra, sembra rispecchiarsi in tutte le relazioni umane e non che intrattiene: così lo stupro delle risorse del pianeta, l'incuria, il menefreghismo, il massimo profitto a scapito di tutto il resto, l'inquinamento virulento, la sensazione che stiamo facilmente raggiungendo un punto di non ritorno, si riflettono perfettamente anche nell'ambiente che più ci caratterizza nelle società moderne, e cioè sul posto di lavoro.

La tendenza è iniziata da un bel po', ma mai come in questi anni si sta massicciamente diffondendo: aziende senza scrupoli che prendono per la gola le persone che hanno bisogno di lavorare, contratti di lavoro astrusi/pocochiari/capestro che ti rendono precario per 50 anni, uso smodato e indecente degli ammortizzatori sociali (in Italia se non fai fare la Cassa integrazione ai tuoi dipendenti non sei nessuno, le mobilità fioccano), manager assolutamente incapaci di tirarci fuori da questa situazione di "crisi" e nei confronti dei quali nutro il sospetto che non gliene freghi assolutamente niente, tanto loro guadagnano cifre imbarazzantemente elevate.

Le relazioni si sfaldano, non esistono più lo spirito e l'attaccamento aziendale, la gente viene presa a calci in culo dalla mattina alla sera (metaforicamente ma anche fisicamente), vessazioni e oppressioni psicologiche vengono quotidianamente e consapevolmente messe in atto per piegare la dignità delle persone. Proprio come facciamo alla Terra e alle sue risorse.

Deprediamo in nome del profitto non solo il territorio, ma anche le anime della gente; le costringiamo a subire, e nel contempo a essere ubbidienti macchine che guardano la tv e consumano costantemente quello che la pubblicità in tutte le sue forme propina.

Ci alziamo la mattina dentro case standard, pronti a ficcarci in cubicoli nel traffico o, alle brutte, a svenire soffocati sui mezzi pubblici; ci rinchiudiamo otto, dieci ore in stanze spesso insalubri, a fare un lavoro da scimmie sottopagato e talvolta senza senso. Subiamo subiamo, subiamo, spesso senza avere la forza di capire che i nostri aguzzini sono alimentati dalla nostra paura, e che senza di essa non avrebbero più nessun potere su di noi. Finalmente usciamo, per rifare la trafila al contrario della mattina. Se siamo fortunati, la sera usciamo per andare a ficcarci in qualche altro insalubre luogo chiuso (palestra o locale che sia) o per fare la spesa al centro commerciale. Dopo il lavoro, l'unica cosa che possiamo fare è spendere, spendere, spendere (anche guardare la tv è comunque un consumo e una spesa).

Vediamo raramente la luce del sole per più di mezz'ora al giorno, e forse anche la mancanza di luce e di aria non climatizzata ci fa ragionare male: la luce artificiale impedisce i normali processi dell'organismo tipici del ritmo circadiano, e l'aria condizionata ci fa respirare a oltranza la paura, le tensioni, la rabbia di chi lavora nel nostro edificio (purtroppo i filtri non possono nulla sulle emozioni).

Permettiamo ai nostri manager di avere dei comportamenti inaccettabili, tutto in nome del "ringrazia che hai un posto di lavoro, con questa crisi!". Permettiamo di spogliarci dei nostri diritti, e poi ci ritroviamo (come ho visto questi giorni) a fare file interminabili ai centri per l'impiego: di questi tempi c'è più gente in questi posti che nei luoghi di lavoro.

 

Come inquadrare tutto questo in un blog che parla di biologico?

Credo che se reimparassimo tutti a dare il valore alle giuste cose, nessuna multinazionale potrebbe distruggere il pianeta in nome del profitto massimo, e nessun datore di lavoro potrebbe distruggere le vite di tante persone.

Se ricominciassimo a capire che una vita serena e armonica è un valore irrinunciabile, riusciremmo ad avere maggior potere sia su chi depreda che sul nostro capetto.

Se invece di andare nell'ennesimo locale, nell'ennesimo negozio di elettronica, all'ennesima boccalata in TV, coltivassimo sul balcone ma anche in strada delle piccole piante, potremmo notare che non serve lavorare 80 ore settimanali ma ne potrebbero bastare 20 per sostentarci (e decrescere).

Insomma, se ritornassimo a riavere il contatto con noi stessi e con la terra, piano piano la paura sparirebbe, e allora forse potremmo ricominciare a discutere di etica ed ecologia, fuori del e dentro il lavoro.

giovedì 3 giugno 2010

L’aria in metropolitana è pessima: più inquinata sotto terra che fuori

Fonte: kataweb

di Federico Formica
Secondo uno studio della Società italiana di Medicina Generale, chi  sta in mezzo al traffico respira aria più salubre rispetto a chi viaggia in un vagone della metro qualche metro più in basso. Questo perché i treni sono privi di circuito di depurazione
l'automobile per spostarsi in metropolitana? Un gesto “green” che fa bene alle tasche, ma non alla salute. A giudicare dai dati elaborati dalla Società Italiana di Medicina Generale (Simg), nelle metropolitane di Roma e Milano si respira una pessima aria, addirittura molto più inquinata rispetto all'esterno.

Lo studio-pilota, condotto tra il 2008 e il 2009, verrà pubblicato nei prossimi mesi sulle più importanti riviste scientifiche italiane e internazionali e mette in luce una realtà capovolta rispetto a quella che ci eravamo immaginati. Sembra infatti che chi si trova in mezzo al traffico e ai tubi di scappamento debba preoccuparsi meno di chi sta seduto in un vagone della metro qualche metro più in basso. 

I dati. Per rendersene conto basta mettere a confronto due numeri: la concentrazione di polveri sottili (in questo caso le Pm10) in superficie e all'interno dei treni della metropolitana milanese. Nel primo caso, sono stati rilevati 56 microgrammi per metro cubo; nel secondo caso il dato aumenta in modo vertiginoso: 324 microgrammi per metro cubo. Il limite di inquinamento esterno imposto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è di 50 microgrammi.

A Roma, però, è anche peggio. Nei treni della capitale, dove già la qualità dell'aria esterna è fuori norma (100 microgrammi/metro cubo), le Pm10 schizzano a 328 microgrammi per metro cubo.
Le concentrazioni sono molto alte anche sulle banchine dove aspettiamo il treno. In questo caso, però, il dato è meno preoccupante: il tempo che si passa sulla piattaforma non supera quasi mai i 5 minuti. Troppo poco per subire conseguenze. Pochissimo se paragonato al tempo che passiamo dentro le carrozze, che può anche superare i 60 minuti.

Salute a rischio? 200, 300 microgrammi di Pm10. Si tratta di valori così alti da provocare fastidi immediati anche alle persone sane: bruciore agli occhi e alla gola. Ai soggetti sensibili come gli asmatici o i malati di cuore, un inquinamento così elevato può provocare ostruzioni ai bronchi e il cambiamento del ritmo cardiaco. Anche a effetto immediato. Secondo Giovanni Invernizzi, responsabile scientifico dello studio (nonché membro dell'Isde, Medici per l'Ambiente), l'esposizione prolungata per diversi anni può provocare anche il cancro.

Un filtro che non c'è. Ma com'è possibile che le metropolitane siano più inquinate delle strade in superficie? Giovanni Invernizzi lo spiega così: “L'aria inquinata entra dall'esterno e si incanala nei cunicoli della metropolitana. Questo è normale. Per tutelare i cittadini basterebbe dotare i treni di un circuito di depurazione. In poche parole, un adeguato filtro dell'aria che impedisca alle Pm10 di entrare. Un intervento realizzabile: a San Francisco e Stoccolma lo hanno già fatto e i risultati sono evidenti”. Come mostra il grafico, nella città californiana e nella capitale svedese la qualità dell'aria nelle carrozze è in linea con i parametri dell'Oms. Addirittura, per i cittadini di San Francisco l'aria che si respira nei treni è più sana di quella che si respira in superficie. Anche a Barcellona è così, solo che nella città catalana i valori sono comunque fuori norma.

Insomma, nei treni con i finestrini aperti l'aria è sicuramente inquinata. Perché entrano le particelle di Pm10 che circolano dentro i cunicoli. Lo dimostra il fatto che, quando la metropolitana sale in superficie, i valori di Pm10 crollano. Perché l'inquinamento della carrozza si disperde all'esterno.

“E' impensabile installare un impianto di depurazione in tutto il circuito della metro, che può estendersi per decine di chilometri – commenta Invernizzi – ma è possibile farlo su tutto il parco treni a cifre accessibili. Basterebbe la volontà di affrontare il problema, che tocca milioni di cittadini che ogni giorno passano ore dentro le linee metropolitane. Una volontà che finora è mancata”.

Nonostante i risultati siano stati divulgati da mesi, lo studio è stato praticamente ignorato sia dalle amministrazioni comunali che dalle aziende di trasporti di Roma e Milano. Nonostante sia, almeno nel nostro paese, unico nel suo genere.

lunedì 24 maggio 2010

Sprechi e coscienza

Stamattina stavo leggendo il libro di Tristram Stuart, Sprechi. Non l'ho ancora finito per fare una recensione, ma il capitolo che scorreva sotto i miei occhi mi ha colpita e riportata ad una realtà dalla quale ultimamente mi ero un po' tanto discostata.

Poi, per la infallibile legge della sincronicità, ricevo un messaggio da bibi e leggo un post del suo bellissimo blog. Il post ( http://correndomiincontro.blogspot.com/2010/05/con-questo-post-mi-rendero-decisamente.html) in questione mi ha riportata alle considerazioni di stamattina, e cioè: quanto facciamo in rapporto alla indignazione/compassione/partecipazione che le notizie che leggiamo o guardiamo o sentiamo suscitano in noi?

Quanto in realtà la spinta emotiva che abbiamo si tramuta in azioni concrete?

E veniamo a quanto ho letto: le analisi che Stuart fa sugli sprechi alimentari (nel capitolo in questione si parla di sprechi casalinghi e al dettaglio, e non industriali), sono agghiaccianti. "Se si sommano i cereali come grano, riso e mais usati per produrre la carne e i prodotti caseari che negozianti, ristoratori e famiglie inglesi buttano via, ci sarebbe abbastanza cibo per sfamare 1,5 miliardi di persone, un numero superiore al totale dei malnutriti del pianeta".

In pratica, solo gli sprechi di due nazioni sfamerebbero il mondo intero.

A fronte di questa notizia sconcertante, e alla quale ognuno di noi partecipa nel suo piccolo quando fa la sua pulizia periodica di frigorifero e dispense, cosa possiamo fare noi?

Mi rendo conto che, come dice il blog succitato, molti potranno sgranare gli occhi allibiti e non credere a ciò che leggono, altri impressionarsi, altri partire lancia in resta per fermarsi poco prima della porta di casa. Molti pochi inizieranno un percorso di revisione delle risorse che hanno si a propria esclusiva disposizione ma che in realtà sono beni dell'umanità intera.

Ma per tornare al concreto, cosa possiamo fare?

Potremmo, ad esempio, comprare meno, comprare più spesso. Quando da bimba facevo le vacanze scolastiche, io mamma e nonna andavamo 4/5 giorni su sei al mercato, comprando lo stretto necessario per il pranzo, la cena, ed eventualmente i soli pasti del giorno successivo: non avanzava quasi niente e in più mangiavamo sempre cibo freschissimo. Mi rendo conto che fare la spesa tutti i giorni è poco applicabile in una società come la nostra, ma prima di arrivare a chiedere di lavorare meno ore rispetto alle 12 minimo che il sistema pretende da noi, potremmo ricorrere a piccole astuzie che ci faciliterebbero la vita.

Per esempio, chiedere a parenti e amici che ci abitano vicini di fare a turno per andare al mercato la mattina. Se siamo sfortunati con parentele e amicizie, organizzare con i vicini di casa la stessa cosa. Potrebbe essere anche un modo per socializzare e allentare eventuali tensioni, e sviluppare in embrione piccole forme di co-housing.

Potremmo comprare cibo sfuso, da prendere a peso e non confezioni già pronte (e piene di inquinantissimo packaging) e sovradimensionate.

Potremmo cucinare porzioni leggermente più piccole di cibo, che alzi la mano chi non ha avanzi a fine pasto.

Potremmo prendere in considerazione l'idea che per avere sulle nostre tavole un chilo di carne edibile, c'è bisogno di 22 chili di grano: solo questo ci farebbe capire quanto è sproporzionata la resa delle proteine animali in termini di consumo di risorse terrestri, e magari indurci a mangiare una volta di meno quella bistecca sanguinolenta (fonte proporzioni: agireora)

Potremmo cucinare il cibo più vicino alla scadenza invece di quello fresco comprato giusto due minuti fa, e conservarlo in frigo magari per un altro giorno.

Sono tanti i piccoli e grandi gesti che possiamo fare, non c'è giustificazione per coloro che, leggendo questa lista tutt'altro che completa, decidono che "in fondo da solo cosa posso fare?".

Quindi, per una volta, pensiamo a tutta quella gente che muore di fame mentre noi abbiamo il problema dell'eccesso di rifiuti, facciamo lavorare la nostra coscienza in maniera concreta e AGIAMO.

mercoledì 19 maggio 2010

Colazione la mattina?

Sempre più volte trovo gli scritti di Franco Libero Manco illuminanti.
Non voglio fare la "copiona" ma ritengo che queste informazioni vadano divulgate...
COLAZIONE LA MATTINA?
Nessun animale mangia se non ha fame nè beve senza avere sete.
Franco Libero Manco
Il consiglio abbastanza diffuso tra i nutrizionisti di fare un’abbondate colazione prima di recarsi al lavoro è, a mio avviso, come voler aggiungere carburante nel serbatoio ancora pieno  di un’automobile prima di mettersi in viaggio.
Nel rispetto delle esigenze nutrizionali e metaboliche del nostro organismo, come succede per tutti gli altri animali, dovremmo invece nutrirci solo quando sentiamo l’esigenza di farlo, non a  cadenze stabilite. Molto difficilmente si ha vera fame la mattina appena svegli perché l’organismo rispetta le fasi fisiologiche circadiane della nutrizione: dalle ore 12,00 alle 20,00 fase introduttiva, dalle ore 20,00 alle 4,00 fase assimilativa e dalle 4,00 alle 12,00 fase eliminativa. Quindi mangiare la mattina presto significa, nella stragrande maggioranza dei casi, mangiare senza fame e quindi forzare il nostro organismo a compiere un lavoro aggiuntivo mentre è impegnato in una fase diversa da quella introduttiva con conseguente dispendio di energie vitali.
L’usanza a consumare tre pasti al giorno è abbastanza  recente. Nell’antichità nessuno usava consumare colazione, pranzo e cena. Nel periodo di massimo potere,  greci  e romani mangiavano una volta la giorno, la sera: avevano una salute di ferro e corpi molto atletici. Le loro armate erano le più forti. Marciavano per settimane  senza fatica con enormi pesi sulle spalle. Tra l’altro, di tanto in tanto digiunavano. La loro decadenza fu dovuta in gran parte alle loro orge alimentari alle quali si abbandonarono quando ebbero sottomesso altri popoli.
Erotodo dice che i Persi, sotto il generale Serse, consumavano un solo pasto al giorno. Anche  gli ebrei, da Mosè a Gesù, mangiavano una volta al giorno. Le Sacre Scritture addirittura mettevano in guardia le popolazioni che mangiavano al mattino. Pare che gli inglesi abbiano adottato l’uso dei tre pasti giornalieri soltanto sotto il regno di Elisabetta, mentre prima non facevano la colazione al mattino.
Il tempo medio di svuotamento completo dell’intestino a seconda della dieta va da 35ore  (africani, indigeni) a 90 ore (inglesi, americani), e siccome  il lavoro fisico o mentale  intenso ostacola la digestione, la rallenta o addirittura la arresta del tutto, (affinché un cibo apporti energia deve essere digerito e assorbito), ne consegue che la prima colazione al mattino non può fornire l’energia necessaria per la giornata, anzi, l’impegno della digestione sottrae energia e capacità lavorativa all’organismo. Infatti, durante la digestione i vasi sanguigni della digestione richiedono un afflusso maggiore di sangue, ne consegue che i vasi sanguigni delle altre parti del corpo si contraggono per compensare la dilatazione. Però se contemporaneamente lavorano il cervello e i muscoli anche questi richiedono sangue, con il conseguente rallentamento della digestione. Un apporto maggiore di sangue non può affluire contemporaneamente in tutte le parti del corpo: se una parte ne ha di più un’altra ne ha di meno. In sostanza, il corpo non può compiere bene due lavori nello stesso tempo:  o lavora o digerisce. Gli animali in natura non vanno a caccia dopo aver mangiato, ma si riposano o addirittura dormono.
Per tanto, se non si ha fame al mattino il consiglio è di:
-non fare colazione, falla il più tardi possibile o al limite mangia solo frutta fresca la quale non assorbe in alcun modo energia all’organismo e al contrario  di quanto si crede, basta annullare la colazione la mattina per  rendersi conto della carica di energia, forza e vigore di cui è capace il nostro organismo;
-consuma  il pasto più importante della giornata non prima di mezzogiorno e non cenare dopo le 20,00;
-riposati dopo aver mangiato; durante il riposo infatti il sangue affluisce al cervello in modo ridotto di conseguenza una maggiore quantità viene utilizzata per la digestione così la digestione può avvenire senza intralci, anche perché durante il riposo, o il sonno, non si è turbati da preoccupazioni ansie, emozioni che rallentano la digestione. Inoltre, il pranzo deve essere leggero se la cena è stata consistente.
-
Chi è abituato a fare una ricca colazione la mattina a base di carboidrati e zuccheri industriali, saltare di colpo la prima colazione probabilmente gli darebbe sensazione di stanchezza fisica o mentale, perché tali sostanze causano dipendenza finché l’organismo non è disintossicato.
In sostanza, tre pasti al giorno, il mangiare in fretta, combinare male gli alimenti, il mangiare cibi industriali (cosiddetti cibi spazzatura), cibi uccisi con il fuoco, cibi incompatibili con la nostra natura… troppo spesso sono causa  di sofferenze e invecchiamento precoce.

domenica 9 maggio 2010

I Professionisti

C'è una categoria di persone che ha preso piede nella considerazione della gente, chiamata Professionisti. Queste persone, che sono esattamente uguali a tutte le altre, ci guidano nelle nostre scelte quotidiane per le più disparate esigenze grazie alla loro specializzazione. Sono persone come noi, dicevamo, semplicemente più preparate in un determinato campo al quale hanno dedicato ore di studio e di fatica; talvolta, ahimè, possono sbagliare nel darci loro consigli, perchè sono esseri umani perfettibili ma di certo non perfetti.


I nostri nonni non conoscevano questa singolare categoria: i nostri nonni erano meccanici/erboristi/contadini/rudimentali ragionieri/genitori/qualche volta poeti. Non conoscevano la specializzazione loro: quello che c'era da fare si faceva, e con la loro despecializzazione aprivano le loro capacità e la loro inventiva.
La maggior parte di noi, oggi, chiusa per 12-14 ore al giorno in anguste e buie stanze che non fanno areare le nostre cellule cerebrali, riesce in un anno ad avvalersi della conoscenza di tantissimi professionisti:
quello che ci dice come dimagrire
quello che ci dice come muovere il nostro corpo
quello che fa i conti al posto nostro, e magari sbaglia pure la dichiarazione dei redditi
quello che ci suggerisce come andare di corpo
quello che ci consiglia sui nostri acquisti
quello che ci fa fare 10 radiografie in un anno per scoprire che il dolore al gomito era dovuto a un pelo incarnito
quello che i peli, incarniti o no, ce li toglie da corpi e capocce
quelli che ci organizzano i matrimoni, le feste di compleanno, i funerali
quelli che sanno sempre cosa ci passa per la testa
eccetera
eccetera
eccetera.

Il problema non sono queste figure professionali, che anzi se consultate nel modo corretto riescono a darci una grandissima
mano (fatta eccezione per chi fa business sull'aria fritta).
Il problema siamo noi, ormai incapaci di muoverci senza prima aver consultato lo specialista.
Abbiamo spento i cervelli, li abbiamo messi in soffitta insieme a quello A.B.Normal di Frankestein junior, nell'attesa che
qualcuno (magari un professionista ma il più delle volte un Igor del quale è pieno il mondo) lo riconnetta nuovamente a un altro corpo.
Beviamo senza spirito critico tutti i responsi/consigli/suggerimenti che ci vengono dati da queste persone, comprando scorte di yogurt lassativi, pacchi di titoli Modenalat o facendo la nuova ginnastica sui tacchi (minimo 10 cm), convinti che, siccome chi parla ha dei titoli incorniciati e appesi, stiamo facendo solo il nostro bene.

Per una volta, faremmo bene a chiudere occhi e orecchie e ad aprire la nostra mente: sarà sorprendente scoprire che molte risposte le conosciamo già, senza dover consultare quelli che ormai sono gli oracoli del terzo millennio.

venerdì 30 aprile 2010

Come usare male le nostre potenzialità

Stamattina ho letto una notizia su yahoo che racconta di uno yogi molto particolare. Prahlad Jani infatti, sostiene di non assumere cibo ne' acqua da oltre 70 anni. L'eremita si trova al centro dell'attenzione in quanto oggetto di studi accuratissimi da parte di equipe mediche che lavorano per conto del Ministero della Difesa.

Sono sicura che il sant'uomo si è messo a disposizione per un motivo sicuramente nobile e a noi al momento sconosciuto, ma la tristezza che mi sale è dovuta al fatto che la scienza vuole svelare un mistero (per noi ma non per i nostri antenati ed evidentemente qualche eccezione attuale) che mistero non è: solo la pratica, la fede, il cuore puro e la mente aperta possono rendere questo miracolo realtà.

E la cosa che mi intriscisce ancor di più, è che questi studi vengono patrocinati da un ministero (della difesa) che potenzialmente potrebbe usare queste doti per creare delle macchine da guerra resistenti a tutto.

Confido nella saggezza dello Yogi, perchè evidentemente non c'è verso di confidare in quella di noi altri comuni mortali.

 

 

Notizia:

http://quotidianonet.ilsole24ore.com/esteri/2010/04/30/325544-india_eremita.shtml

 

mercoledì 21 aprile 2010

Un referendum per riprenderci l'acqua

Il sito ufficiale per la campagna a favore del referendum per l'acqua pubblica ci comunica che il 24 aprile partirà la raccolta firme che porterà al referendum.

Dico porterà perchè sono convinta che stavolta le persone saranno ben consapevoli di quanto sia importante rendere nuovamente l'acqua un bene comune piuttosto che una speculazione per pochi come è al momento.

Rinfreschiamoci la memoria:

"La filosofia del decreto legge 135/09, che dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri approda dal 3 novembre nell'aula del Senato per la sua conversione, continua ad essere questa. La gestione dei servizi pubblici locali, compreso il servizio idrico, è affare delle società private. "

Fonte: La stampa

Sappiamo bene che il fine delle società private è il lucro, e sappiamo che pur di trarre profitti potrebbero omettere controlli, alzare i prezzi, bloccare processi.

Chi ci può proteggere da chi opera nel nome del dio denaro?

E' per questo motivo che questa settimana deve essere un momento di riflessione sulla politica sociale e di azione tramite la raccolta firme per il referendum.

Raccolta firme che può essere fatta negli appositi spazi segnalati sul sito www.acquabenecomune.org (http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_content&view=article&id=53&Itemid=65) ma anche, e soprattutto, da ognuno di noi promuovendo presso parenti e amici l'iniziativa.

 

Buona acqua pubblica a tutti!

 

Ps: domani è un'altra giornata importante: Earth day...

 

sabato 17 aprile 2010

INTOSSICAZIONE CHIMICA

INTOSSICAZIONE CHIMICA

Franco Libero Manco



Gli europei ingeriscono ogni anno 170.000 tonnellate di aromi industriali e 95.000 tonnellate di glutammati (antischiuma, stabilizzatori di colori, antiagglomeranti, umidificatori, solventi, flocculanti ecc.). A causa di questo il 15% della popolazione europea soffre di allergie. Siccome le proprietà organolettiche degli alimenti naturali non sono fatti per durare nel tempo, il ricorso agli aromi naturali è sistematico. Allora succede per es. che lo yogurt alla fragola riporti la scritta “aroma naturale” in realtà è una pasta, ottenuta con una mescolanza di trucioli di un albero australiano fatta con acqua, alcol e qualche ingrediente segreto. Da questa ricetta, con qualche aggiunta, è possibile ottenere l’aroma del lampone, del cioccolato, di vaniglia e così via. E così si potrebbero trovare tracce di proteine del latte nel liquore alla noce di cocco, dei peptidi di glutine nella caramelle, nei corn-flakes, delle tracce di nocciole in un dolce al limone e così via.

Questa alterazione del gusto degli alimenti non è senza conseguenze per la salute delle persone. Anche se gli industriali garantiscono l’innocuità degli additivi impiegati, non dispongono, in genere, di alcuna possibilità di verifica scientifica: controllare 20.000 additivi costerebbe troppo e richiederebbe tempi troppo lunghi. Né sono mai stati studiati finora agli inevitabili effetti delle interazioni fra i diversi prodotti chimici utilizzati. Gli industriali non hanno né i mezzi né il tempo per far testare tutti gli additivi impiegati. Per contro la gente, sempre più indaffarata ed in corsa con il tempo, ha difficoltà a cucinare ortaggi o cereali o di consumare frutta in modo sano e naturale, magari cercandola in qualche negozio bio un po’ più distante. E allora le allergie si diffondono e a guadagnarci sono gli industriali e, naturalmente, i medici.

mercoledì 14 aprile 2010

Puliamo il nostro organismo

Puntuale come la bolletta del gas, su questo blog arriva il consueto post  dedicato alle pulizie di primavera.

A pensarci bene, se in primavera cogliamo l'occasione per alleggerire la nostra casa da rifiuti e cose vecchie, perchè non farlo anche con il nostro corpo? Non ci riuscirà di buttar via il colore degli occhi o la forma del naso, ma di sicuro riusciremmo ad ottenere grosse soddisfazioni.

La primavera è il periodo migliore per ripulirci e aiutare tutto l'organismo a funzionare meglio, ma è bene farlo col sale in zucca (e solo lì, perchè dovremo limitare molto l'apporto di sale da tavola in questo periodo).

Non è difficile eliminare le tossine, basta seguire un regime alimentare a base di frutta, verdura (possibilmente cruda), spremute e centrifugati.

Trovo molto utile ad esempio, fare delle cene leggere, prive di grassi e proteine animali e con un uso moderato di farinacei: se si aggiunge una buona quantità di verdure cotte e crude, il giorno dopo ci si ritrova visibilmente sgonfi.

Ma spesso, per dare il "calcio d'inizio" e consentire l'avvio del drenaggio,  è a mio avviso opportuno usare dei fitoterapici coadiuvanti.

Lo dico perchè noto spesso su di me e sulle mie amiche che, nonostante l'impegno, i primi dieci giorni si fa davvero fatica a perdere peso e sgonfiarci; anzi, spesso succede che, con le tossine e i materiali di scarto in circolo, ci sentiamo più gonfie, brutte, umorali del solito.

Ai consigli dati un anno fa, aggiungo che in sostituzione della betulla può essere utile usare dei fitocomplessi che svolgano più azioni in contemporanea, tutte ovviamente mirate verso lo stesso obiettivo (es: mix di erbe atte a sgonfiare, mix di erbe ad azione lipolitica, etc), mentre è sempre opportuno secondo me uscire da questo periodo con il fegato rigenerato, che lavora meglio e gestisce meglio il cibo che ingeriamo.

E' ovvio che noi che soffriamo di inestetismi cutanei quali la cellulite, troveremo giovamento anche da applicazioni locali di creme o gel specifici, ma teniamo bene a mente che una crema non fa miracoli e che la salute e il gradevole aspetto si conquistano sempre e comunque a tavola; in ogni caso, creme ecobio contenenti oli essenziali e fitoestratti contribuiranno nel loro piccolo a migliorarci e a trovare la "scusa" per fare più attenzione a quello che succede al nostro corpo.

Se non si hanno patologie particolari (e comunque è sempre bene fare delle visite mediche preventive),può essere d'aiuto fare dei cicli di bagno turco (uno/due a settimana per una decina di sedute) che contribuiranno in maniera significativa ad espellere le tossine smosse da dieta e prodotti. E' sempre fondamentale fare attività fisica (anche una semplice passeggiata) e cercare di stare all'aria aperta; sono cose scontate ma alzi la mano chi lo fa quotidianamente ;-)

Non mi resta altro da dire se non augurare una buona disintossicazione e ottima salute a tutti noi!

domenica 11 aprile 2010

La mercificazione degli esseri viventi

Giorni fa mi è capitato di vedere una pubblicità locale di un negozio di animali. Facevano vedere dei bellissimi pesci in acquari affascinanti, sottolineando l'aspetto terapeutico che un acquario può avere sullo stress e su disturbi di altra natura.

Poi, stamattina, ho visto due meravigliosi pappagalli rinchiusi in una gabbia. Se qualcuno ancora pensa che gli animali non provino emozioni e non sappiano esprimerle attraverso i gesti o gli atteggiamenti, allora non ha visto la tristezza che ho visto io in uno dei due pappagalli, una pena veramente grande.

E, ultima tra gli ultimi, mi sono chiesta con quale diritto noi umani facciamo del business sulla vita degli animali, con quanta noncuranza riusciamo a catturarli e trasformarli (quando gli va bene) in oggetti da compagnia solo per esigenze economiche/estetiche. A noi piacerebbe essere catturati ed essere rivenduti a qualcuno che ci tiene per tutta la nostra vita in 4 metri quadrati? Grideremmo all'orrore, diremmo che vivere in quattro metri (o nell'equivalente gabbiesco) non sarebbe vita.

Eppure, pare non ci rendiamo conto che quei poveri pesci che impazziscono in una boccia di vetro o dentro un favolosissimo acquario, prima di noi avevano lo spazio sterminato degli oceani. E che quei disgraziati uccelli che stanno in prigione potevano volare ovunque sopra di noi.

O, peggio ancora, che quella triste pelle di zebra che adorna una casa di vip vista di recente su un sito, rende macabra l'intera casa.

Mercifichiamo tutto, diamo un mero valore economico alle nostre vite e alle vite degli altri esseri viventi: schiavizziamo, torturiamo, togliamo dignità e libertà solo in nome di uno status sociale. E' umano, questo?