martedì 27 ottobre 2009

Dog and Roses o della dignità felina

Non volevo scomodare Ken Loach per questo post, ma mai titolo mi pareva più adeguato.

Sabato scorso mia madre mi chiede di acquistarle del cibo per la nostra sorella pelosa che è leggermente sovrappeso.

Obesity, si chiama lo strano prodotto, e io mi reco al vicino ipermercato degli animali (grande più del supermercato a fianco) a svolgere la comanda.

C'ero entrata tante volte in quel magazzino, ma giusto per vedere con pena i poveri animali rinchiusi nelle gabbie (non avete idea di come i topi e gli scoiattoli impazziscano in quei pochi cm quadrati) e per progettare la loro fuga. Non avevo quindi mai contemplato il reparto "pet food".

Sarebbe stato meglio aver evitato la scoperta, perchè mi sono ritrovata tra lunghe e numerose file di scaffali piene di ogni sorta di cibo per animali. Che poi, se vai a guardare, si riduce a: croccantini, umido, snack, polveri. Per i più fortunati, bigattini e cavie vive o surgelate.

Quintali di roba che entrava a malapena in quei sofferenti cunicoli, cibopergattinidai3ai6giornichesonomaschihannoilpelomaculatoeunocchioapertoel'altrochiuso, croccantiniperaristocratichecagneanzianeconlacodaapomponeproblemidimeteorismo, bastonciniallapelledibufalodelpianetaVegaperdentisensibilidifurettidepressi.

Sono indecisa nella definizione di ciò che ho visto, oscillo tra lo schifo e la vergogna.

Mi chiedo se un furetto o un gatto in natura si possano mai porre il problema del tartaro ai denti piuttosto che del sovrappeso, e se nel caso lo facessero sarei curiosa di vedere se aspetterebbero l'arrivo del castoro farmacista o userebbero prodotti naturali, piuttosto che fare più movimento.

Umanizzare i nostri amici animali è sicuramente pratica contro natura, più grave di quella tanto odiata dalla Chiesa.

"Nutrire" gli animali che abbiamo in casa con cibo innaturale significa condannarli ad accusare centinaia di patologie, che poi verranno curate con farmaci (sperimentati su altri animali) che troppo spesso non hanno l'effetto sperato.

Ne sappiamo qualcosa noi in casa, abbiamo avuto una gatta curata (dopata?) con l'EPO che dopo costosissimi e penosissimi mesi di iniezioni è morta comunque, un'altra gatta martirizzata a causa delle cure inutili e costose come un mutuo contro la FELV (morta dopo pochi mesi di atroci sofferenze).

Nonostante ciò, quella che ci è rimasta continua ad essere nutrita con robaccia che costa un rene e che serve a poco.

 

Il business che gira intorno agli animali è identico se non più immorale a quello che gira intorno a noi: mangia roba che vale due soldi ma che bella impacchettata ti rivendo con un prezzo maggiorato del 3000%, cura le malattie che quel cibo ti procura con medicine che hanno disparati effetti iatrogeni, consuma consuma consuma.

Bene, se questo ci appare normale a noi umani, abituati ad essere considerati prima di tutto consumatori, poi cittadini, poi elettori, poi lavoratori e forse all'ultimo persone, non può andar bene per le bestie.

 

Se noi abbiamo desiderio di intossicarci tutti i santi giorni della nostra vita, lasciamo agli animali la possibilità di vivere secondo la loro natura, lasciamo loro il diritto di mangiare in maniera animale, e la dignità di ammalarsi e morire senza essere sviliti dalle inutili cure che con amore pensiamo di dovergli.

Lasciamo, quindi, che gli animali restino tali.

sabato 24 ottobre 2009

Gli additivi alimentari - parte prima

Quello che segue e seguirà per le n puntate che proporrò è frutto di uno studio durato diverse settimane dell'inverno 2007 e mai "riconosciuto" da chi l'aveva commissionato.

Il viaggio  nel mondo degli additivi è stato appassionante, interessante, sconvolgente. Sapere, ad esempio, che tutta una serie di additivi siano vietati da diverse nazioni perchè ritenuti altamente pericolosi mentre per altre sarebbero acqua fresca, ci può aiutare ad assumere uno spirito critico e selettivo nei confronti delle mille proposte che ogni giorno i venditori di pseudoalimenti ci propongono.

Uno studio su tutti, quello relativo all'associazione tra tartrazina (colorante giallo, E102) e i coloranti blu, ha puntato il dito sulla famosa sindrome ADHD che tanti bambini moderni sembra colpire: gli studiosi hanno messo in relazione l'iperattività con il consumo contemporaneo di questi due coloranti. Se ci sono dubbi, provate per qualche settimana a nutrire i bambini con alimenti naturali e verificate le differenze.

Vi propongo  questo argomento perchè dopo aver studiato l'argomento (in maniera artigianale, non essendo io chimica, scienziata o biologa) ho cambiato completamente il mio approccio alimentare; non più dispense piene di scatole ma di cereali e al massimo pasta e frigorifero ricco di frutta e verdura.

NB: Chiedo la cortesia, a chiunque volesse pubblicare in parte o per intero queste informazioni, di citarne sempre la fonte.

 


Premessa

 

Il ministero della Salute definisce così il termine additivo alimentare:

Per "additivo alimentare" si intende qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, di trasformazione, di preparazione, di trattamento, di imballaggio, di trasporto o immagazzinamento degli alimenti, che si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente. (http://www.ministerosalute.it/alimenti/sicurezza/sicApprofondimento.jsp?lang=italiano&label=addi&id=195&dad=s)

 

L’esigenza di trasformare il cibo accompagna l’uomo fin dalla preistoria, a partire dalle costituzioni dei primi clan. Per ovvi motivi di incerta presenza di cibo con l’alternarsi delle stagioni o di altri fattori esterni (guerre, carestie, eccetera), l’uomo tentava di garantirsi un costante apporto di generi alimentari tentando di conservarli per i periodi più difficili.

I primi additivi utilizzati per conservare il cibo sono stati:

sale

olio

aceto

spezie

 

Oggi esistono più di 2500 additivi, di cui oltre la metà è costituita da sostanze aromatizzanti, e un’altra buona fetta è necessaria per mantenere inalterati per lungo tempo gli alimenti.

 

 

Perché gli additivi sono così numerosi

 

Per i nostri antenati la conservazione degli alimenti permetteva di soddisfare l’esigenza di avere scorte di cibo sufficienti per tutto l’anno; in un contesto attuale, e nei paesi industrializzati dove l’abbondanza di prodotti freschi parrebbe infinita, ci risulta quantomeno superfluo ricorrere a centinaia di sostanze chimiche e naturali per insaporire, colorare e conservare ciò che mangiamo.

In realtà il sistema di distribuzione e le nostre abitudini sociali hanno bisogno di tutto questo: il primo perché spesso anche gli alimenti freschi percorrono migliaia di chilometri prima di arrivare alle nostre tavole (e quindi via alle atmosfere modificate, ai conservanti spruzzati sulle verdure, a pesticidi e fungicidi), il secondo perché abbiamo sempre meno tempo da dedicare alla preparazione di pasti freschi e completi, per cui sempre più spesso i nostri carrelli della spesa sono al 90% riempiti da cibi precotti, merendine, pane surgelato, sughi e conserve pronti, eccetera.

Molti alimenti, per poter essere assemblati nelle forme finali che ci vengono proposte o per poter essere commestibili a lungo, subiscono processi industriali che ne distruggono sapore, proprietà nutritive, consistenza; per questo motivo sorge la necessità di ricostruirli utilizzando sostanze migliorative, integratori, esaltatori di sapidità, addensanti, eccetera.

 

giovedì 22 ottobre 2009

Mense, stoviglie e alternative sostenibili

La quantità di cibo che passa ogni anno per le mense (scolastiche e aziendali) è enorme.

La quantità di stoviglie usa e getta che si consuma supera di grandissima misura il migliaio di tonnellate all'anno (basti pensare che nella sola Lombardia si arriva a 550 tonnellate).

Per ovviare a questa eccessiva produzione di immondizia che piatti, bicchieri e posate di plastica provocano, basterebbe ricorrere a poche, semplici regole di buonsenso, quale ad esempio, la buona abitudine di far portare ai bambini le stoviglie da casa. Stoviglie che saranno poi lavate a casa con costi minori per le mense e iniqui per noi, e che aiuterebbe senz'altro tutti a respirare un'aria meno satura di benzeni, idrocarburi, polveri sottili.

Ma la semplice realtà spesso viene offuscata dalla fervida fantasia dei nostri alacri industriali (o industriosi).

Un imprenditore ha creato il piatto che si mangia. Ebbene si, dopo le mutande, che però si vendono nei sexy shop, ci mangiamo pure i piatti.

Senza nulla togliere alla notevole invenzione del diretto interessato, e senza fare nomi che la cattiva pubblicità manda sempre cattivo karma indietro, vorrei fare delle piccole considerazioni.

Il costo: ogni piatto costa circa 30 centesimi, che moltiplicato per una media di 20 pasti al mese fa 6 euro al mese. Con 6 euro ci pago acqua e sapone per lavare il set portato da casa per un paio di anni circa.

Il sapore e il valore nutrizionale: si dice che abbia un sapore naturale, e che "ricordi" quello del pane. Il piatto ha un fondo impermeabilizzato, con cosa non si sa, e non v'è traccia nel sito del produttore degli ingredienti con i quali viene assemblato il prodotto (perdonatemi, non si può proprio parlare di cibo) e impermeabilizzato. Il produttore ci dice anche che viene realizzato con ingredienti simili a quelli dei crackers, che già di loro non sono poi una gran fonte di nutrienti. Sinceramente io guardo in maniera molto accurata l'etichetta di ciò che mangio, perchè sul sito del produttore non v'è accenno agli ingredienti? E' un alimento o altra cosa?

Il valore aggiunto: si può portare ovunque, riesce a contenere prodotti liquidi caldi fino a mezz'ora, è compostabile e quindi amico della natura.

Io dico che anche una fetta di pane è compostabile e la posso portare ovunque, e i liquidi semmai li metto nel thermos. Peccato che ancora una volta non vengano indicati i costi di produzione (forno, tecnologie, luce, gas e altre amenità). Per quello che mi riguarda quindi non c'è molto valore in questa nuova proposta. Ma, evidentemente, sono l'unica a pensarla così, dato che la trovata è pluripremiata.

La completa assenza di scrupoli etico/alimentari: combinare gli alimenti in maniera corretta è fondamentale per assorbire nel migliore dei modi ciò di cui ci nutriamo. Se faccio mangiare a un bambino un piatto di pasta e fagioli, gli ho dato un piatto completo; aggiungere del pane prodotto chissà quanto tempo fa, ricco di tecnologie alimentari ma non di nutrienti freschi, non aiuta affatto a far sì che quel piccolo apparato digestivo funzioni a dovere. Accompagnare le proteine animali con dei carboidrati rallenta di diverse ore la digestione, provocando gas, gonfiori, putrefazioni. Il solo fatto di risparmiare ai nostri polmoni polveri sottili non giustifica l'altro fatto, cioè quello di avvelenare in altro modo con prodotti di marketing mirati a fare notizia piuttosto che a preservare veramente il nostro pianeta e la nostra salute.

Troppo spesso per trovare una soluzione ci impelaghiamo in percorsi tortuosi, quando in realtà la soluzione semplice è lì a portata di mano.

Il genitore coscenzioso che ha a cuore la salute del proprio figlio e del pianeta non avrà nessuna difficoltà a preparare un bel cestino con piatti e forchette (anche di plastica rigida se si teme la rottura strada facendo) che poi verranno lavati a casa, magari con semplice bicarbonato addizionato di oli essenziali. Il genitore coscenzioso ci penserebbe due volte a far mangiare al proprio figlio un piatto commestibile del quale al momento non si conoscono gli ingredienti, a meno che lo stesso genitore non rimpinzi giornalmente il pargolo di merende merendine e piatti pronti.

Il piatto commestibile troverà quindi la sua collocazione in altri contesti, più raffinati o meno comodi, nel quale potrà dare sfoggio di tutta la sua utilità. Si, perchè in un contesto scolastico nel quale manca anche la carta igienica nei bagni, mi riesce difficile immaginare a mensa un oggetto così "di tendenza".

 

sabato 17 ottobre 2009

L'uomo moderno e la forza perduta

Uno studio condotto dall'antropologo australiano Peter McAllister e di cui ne dà notizia Repubblica sostiene, grazie all'apporto di numerosissime evidenze, che l'uomo moderno è il meno "forte" di tutta l'evoluzione umana.

Paragonando gli aborigeni australiani ai campioni mondiali di atletica, McAllister afferma che gli atleti perderebbero clamorosamente le ipotetiche gare che si dovessero svolgere con i preistorici abitanti della terra. Addirittura, prosegue Repubblica, non ci sarebbe neanche tanto bisogno di andare troppo lontano nella storia, ma guardare alla tribù dei Tutsi dei primi del Novecento: molti  dei giovani che dovevano partecipare ad un rituale di iniziazione che consisteva nel saltare in alto per almeno la loro altezza, superavano agevolmente i due metri e cinquanta, senza supertecnologie ad assisterli.

Le considerazioni di McAllister riguardo la nostra scarsa prestanza accusano il poco movimento e l'inesistente lavoro duro di averci reso così "inermi".

 

E' cosa nota che il movimento fa bene all'apparato muscolo-scheletrico ma anche a tutto il nostro organismo nella sua interezza, così come è noto che l'abitudine quotidiana a lavori di "fatica" ci porta gradualmente ad alzare pesi sempre più consistenti o a superare i nostri limiti fisici (fino ovviamente, a raggiungere il nostro limite massimo). Io personalmente mi stupisco di come, ad esempio, i traslocatori siano capaci di caricarsi sulla schiena un divano enorme senza quasi accorgercene, quando se io mi mettessi ad alzare solo i cuscini starei con il nervo sciatico infiammato per settimane.

Purtroppo, la maggior parte di noi è rinchiusa in negozi, uffici, sportelli al pubblico ed è seduta o ferma in piedi per la maggior parte delle sue ore di veglia. Poi, quando ci sarebbe la possibilità di muoverci, ci rinchiudiamo nei cinema, dentro i ristoranti, o a casa davanti la WII a fare sport sintetici. E così abituiamo anche i bambini e i giovani, li abituiamo a far sì che le loro natiche prendano la forma della sedia che li ospiterà per 40/50 anni di lavoro, se saranno così fortunati da trovarne uno, di lavoro. Probabilmente siamo nell'unica era nella quale gli abitanti dei cosidetti paesi civili ingeriscono più energia (sotto forma di cibo) di quanta gliene possa servire; così, invece di rimanere in forma e con la giusta quantità di muscoli, soccombiamo alla pigrizia e lasciamo che i nostri tessuti si infiltrino di grasso e tossine.

Il problema, infatti, è duplice: se da un lato non facciamo più movimento e lasciamo atrofizzare i nostri gruppi muscolari, dall'altro ci indeboliamo con una alimentazione sempre più artefatta e distruttiva per il nostro organismo. Sappiamo bene che mangiare nel modo corretto ci consente di avere energia sufficiente per svolgere i nostri poco faticosi compiti, ma quanti di noi si sentono pimpanti, in forma, e carichi di energia?

E, se si guarda anche l'aspetto più scabroso, una scorretta gestione del nostro apparato gastrointestinale porta a intasamenti che nemmeno con evacuazioni frequenti e/o regolari si riescono a mandar via. In poche parole, se gli intestini non sono ben puliti, e con l'alimentazione odierna carica di cibi morti e di additivi è obiettivo quasi irragiungibile, non riusciremo ad assimilare i nutrienti in maniera corretta, ci sentiremo stanchi e ingolfati e con il desiderio di continuare ancora a mangiare cibo spazzatura.

E' un secolo difficile, questo, tanto da indurmi a sollecitare Stato, istituzioni tutte, aziende e persone singole a rendere obbligatorie delle attività sportive quotidiane, fino a quando non ci faremo entrare in testa che il movimento serio (non quello dei tapis roulant) quando non è logorante ed eccessivo è solo salute.

E, già che ci sono, renderei pure obbligatorio il consumo di frutta e verdura. Ma al momento il tutto mi pare leggermente utopico, pertanto c'è solo da sperare che la sensibilità di noi singoli individui ci porti a fare qualcosa per la nostra salute.

Nel frattempo, godiamoci il triste primato...

giovedì 15 ottobre 2009

Chees connection - il processo

Fonte: informare per resistere

Si apre a Cremona il processo che riguarda uno degli scandali alimentari più gravi degli ultimi anni. A giudizio Domenico Russo, il titolare di un'azienda di lavorazione di prodotti caseari, la Tradel, che utilizzava merce scaduta per un 'semilavorato' che poi finiva di nuovo sulle tavole degli italiani sotto forma di formaggi filanti.


Tonnellate di chili di formaggio e mozzarella, scaduti da tempo, coperti di muffe e persino pullulanti di vermi, custoditi tra i topi. Merce da buttare via, trasformata invece in nuovo formaggio per le tavole degli italiani. Un'operazione sistematica, condotta per anni da una rete di aziende sparse su tutto il territorio nazionali, disposte a violare le regole fiscali e sanitarie per aumentare il guadagno ai danni dei consumatori: vi hanno preso parte colossi nazionali e ditte familiari, dalla Sicilia alla Germania, con la centrale della truffa nel cuore del distretto caseario della pianura padana.

E oggi a Cremona prende il via il processo per questo scandalo. Dieci le persone rinviate a giudizio, tra imprenditori e funzionari pubblici della Asl. Contestati i reati di adulterazione di sostanze alimentari, abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Al di fuori delle responsabilità penali, i video, le foto, le intercettazioni e i documenti che potrete leggere ed ascoltare dimostrano come la produzione sia proseguita in condizioni vergognose. E sia stata portata avanti per anni, almeno dal 2004 al 2007.

Scarti di prodotti lattiero-casearia, destinati alla discarica o a essere trasformati in mangimi per animali, sono invece stati mescolati ad altri formaggi e fatti ritornare nella catena distributiva: li lavoravano senza nemmeno toglierli dalle buste. E quanto un prodotto era scaduto, si cambiava l'etichetta. Perché ? come dice una segretaria nelle intercettazioni che potrete ascoltare ? "tutta la merce che vi mandiamo è scaduta".

L'attività sotto accusa, documentata dal 2004 al 2007, aveva risvolti nauseabondi: scarti di prodotti lattiero-caseari, destinati allo smaltimento o all'alimentazione animale, trattati e mescolati a formaggi destinati al consumo umano e reimmessi nella catena distributiva. La Guardia di finanza, che per prima ha fatto luce sul mercato degli scarti, ha potuto documentare
l'utilizzo di prodotti avariati e l'amalgama con muffe, inchiostri, residui di plastica, vermi, escrementi di roditori. Secondo l'accusa, gli amministratori e i responsabili delle due società accusate dell'attività di adulterazione, la Tradel srl e la Megal spa, hanno potuto agire indisturbati grazie alla connivenza di cinque funzionari pubblici del dipartimento di prevenzione veterinaria dell'Asl di Cremona. Controllato e controllore come topi nel formaggio, dati i guadagni che provenivano dal riciclaggio degli scarti. L'associazione Altroconsumo è parte offesa nel processo ed è presente in aula. Commenta il presidente Paolo Martinello: "In questa vicenda sono stati ridotti in poltiglia la tutela della salute dei consumatori, le regole nell'agire di imprese produttive e distributive, il ruolo di garante e controllore super-partes dell'azienda sanitaria pubblica".

 

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cheese-connection/2112129&ref=hpsp

martedì 13 ottobre 2009

Piccole strategie per pasti e spuntini sani

Lo confesso, ho preso lo spunto dai numerosi e decisamente interessanti scritti di Valdo Vaccaro, al quale va il mio ringraziamento per avermi aperto un mondo. Ma a leggere di "spuntini" e pranzi golosi m'era venuta l'acquolina in bocca, e quindi ho deciso di scriverci su anche io.

Si parla tanto di nutrizione ortomolecolare, di alimentazione energetica, di superfoods e di milioni di novità in campo alimentare. Tanto da spiazzarci e non farci più capire un tubo.

Ma (apro e chiudo parentesi), mi chiedo come facessero i nostri antenati a mangiare senza avere tutte queste nozioni... un mistero agli occhi dei nostri ahimè ipertecnologicizzati apparati digerenti.

"Chissà da quali alimenti potrei prendere vitamine e minerali in quantità", "mela o integratore", si chiede l' Amleto della forchetta.

Come direbbe quelo , la risposta è dentro di te. Peccato che è quella sbagliata.

Sbagliata perchè troppo spesso ci affidiamo agli scaffali del supermercato per comprare cibo mummificato con aggiunta di vitamine e minerali sintetici, sbagliata perchè pur di non rinunciare ad un piatto di pasta a favore di due frutti a pranzo, ci rimpinziamo eccessivamente di integratori.

 

Come salvare capra e cavoli, lasciando la capra sopra la panca e non consumando i cavoli a merenda?

Con dei gustosissimi panini totalmente vegetali a pranzo, oppure con dei ricchi centrifugati di frutta e verdura, o con cruditees da tenere davanti al pc per gli attacchi di fame.

Troppo semplice? Non direi, dal momento che raramente vedo persone che masticano beate cibi del genere, in casa e fuori.

Per aiutare la gente che è fuori casa, posso proporre dei panini ricchi di salute copiati dall'amico Valdo e che si possono personalizzare a piacimento; panini che hanno un sapore così speciale che vi invoglieranno sicuramente a replicare l'esperimento.

1) crema di olive pomodori freschi poco salati e mezza manciata di noci e/o pinoli

2) crema di topinambur, melanzane grigliate e germogli freschi

3) crema di avocado fresca (o fette di avocado maturo), pomodori secchi e mandorle in scaglie

4) maionese vegetale fatta in casa (o in alternativa un velo di crema di mandorle senza zucchero), funghi trifolati e origano

5) patè di zucchine e porcini crudi

Le idee sono tante, e gli ingredienti si possono mescolare all'infinito a seconda del gusto. L'accortezza che si deve avere nel preparare i panini è ovviamente quella di scegliere del pane fatto con farine non sbiancate/trattate industrialmente, se fosse integrale o semintegrale sarebbe decisamente preferibile. E' ovvio che tutti gli ingredienti devono essere rigorosamente freschi e fatti in casa (tranne la crema di mandorle che io non ho ancora mai riprodotto da me)

Con un pranzo del genere, posso assicurarvi che avrete la giusta energia per arrivare fino a sera, ma siccome chi ben comincia è a metà dell'opera, sarebbe bene procedere e precedere il pasto di metà giornata da succulenti centrifugati, da prendere lontano dai pasti per permettere ai nutrienti vegetali di essere assorbiti al meglio.

Qualche esempio:

1) mirtilli e uva, una vera bomba disintossicante

2) mirtilli, pera, limone (buccia compresa), una fonte di antiossidante e di fibre buone per l'intestino

3) mela, ananas, limone con buccia, fantastico apporto di enzimi digestivi (questo si può prendere per aiutarci dopo un pasto pesante)

4) carota, arancio, germogli di grano (o frumento o orzo), mela, un nutriente ricco di vitamine e sali

 

Nel caso in cui fosse impossibile un consumo quotidiano, è molto utile anche berne durante il weekend, e sostituirli durante la settimana con frutta, succhi rigorosamente freschi, acqua e limone, spremute di agrumi.

Mangiare carote e finocchi poi, ci aiuterà a completare l'opera e a raggiungere quotidianamente la dose minima di 5 porzioni di frutta e verdura consigliata ormai da tutti gli "esperti" ma che troppo spesso non viene recepita.

 

Tutti questi vegetali ci aiuteranno ad espellere tossine e scarti, ci aiuteranno ad avere una regolare funzione intestinale (iniziare partendo in quarta può provocare qualche dolore di pancia, è sempre bene fare le cose con gradualità), ci daranno una pelle e un incarnato sani ma soprattutto ci aiuteranno ad affrontare i rigori dell'inverno con una risposta immunitaria più forte, alla faccia di tutti coloro che da ogni dove ci vorrebbero vaccinati.

Buon appetito!

 

sabato 10 ottobre 2009

Carne - Ruth Ozeki

Ho letto questo libro dopo aver incontrato diverse recensioni favorevoli e l'ho trovato uno dei migliori romanzi che abbia mai letto.

Dove non arrivano i libri di divulgazione arriva questo libro.
Ben costruito, toccante, e maledettamente attuale.
La storia di una donna che attraverso il suo lavoro fa un percorso di crescita personale e di consapevolezza. La storia della carne americana e delle vittime che essa miete a causa dei tanti ormoni e medicinali somministrati agli animali.
Uno spaccato vivido dell'america moderna e della condizione della donna in Giappone.
Migliaia di chilometri dividono le due protagoniste, ma il filo conduttore che le lega (la carne) cambierà le loro vite per sempre.

La recensione più bella che ho trovato sul web è questa, che racconta in maniera eccellente la trama del romanzo:

http://digilander.libero.it/archiviorisveglio/Recensioni/rec-gb-61.html

 

Quello che io aggiungo è che il romanzo è un forte documento di denuncia verso il mercato della carne statunitense; quello che non tutti i cittadini sanno ma che i governi europei (e americani) sanno benissimo è che per anni si è usato un ormone per stimolare la crescita veloce dei bovini (il DES) che è un potente cancerogeno. Tale ormone è stato largamente usato fino agli anni 70 anche nelle donne, veniva loro dato per prevenire eventuali aborti spontanei; solo dopo molti anni si è scoperto che in realtà è un potente contraccettivo e che si è inoltre riscontrato nelle figlie delle donne che lo avevano assunto un aumento di casi di cancro all'utero.

Tratta inoltre la difficile questione della sicurezza alimentare, sicurezza che come si potrà leggere viene facilmente e scelleratamente disattesa.

E' un libro di denuncia oltre che alimentare anche sociale, perchè ci offre uno spaccato della vita giapponese che non è proprio rose e fiori (di loto). E' potente perchè unisce la narrazione molto scorrevole e di spessore a dati inconfutabili e, purtroppo, assolutamente documentati, e ci permette di crescere insieme alle protagoniste.

 

Assolutamente consigliato.

giovedì 8 ottobre 2009

Appuntamenti autunnali - ottobre

Apro con ritardo la stagione degli appuntamenti autunnali.

Anche quest'anno ritorna a Roma la Biofiera, vetrina che permette alle aziende Bio del Lazio e non solo di farsi conoscere al pubblico.

I riferimenti della manifestazione:

La Biofiera si terrà da giovedì 15 a domenica 18 ottobre 2009 nello stesso luogo degli scorsi anni, il Parco della Resistenza (Viale Aventino/Piramide), dalle 10 alle 23.

Per maggiori informazioni: http://www.biofiera.com/

 

Un'altra iniziativa degna di segnalazione è quella organizzata dalla cooperativa Ecociquà.

Per quattro lunedì consecutivi a partire dal 19 ottobre, si percorreranno gli step che faranno di noi un cittadino/consumatore responsabile e informato.

Traggo dal loro sito:

Dall'informazione all'acquisto consapevole:
imparariamo a comprare tutelando la nostra salute e il pianeta
- cibi, bevande, giocattoli e altri prodotti

Il programma:

Programma:

  • Lunedì 19 ottobre ore 21
    Giocattoli e prodotti di consumo (scarpe, tessuti, stoviglie…): scelte consapevoli e uso sicuro
    Maria Rosaria Milana, Istituto Superiore di Sanità, Roma

  • Lunedì 26 ottobre ore 21
    Quando (e quanto) le scelte alimentari interessano l'ambiente
    A) Le scelte consapevoli che possono limitare i cambiamenti climatici
    B) Vegano, vegetariano, latto-ovo vegetariano, consumatori moderati di carne... Implicazioni per l'ambiente e per la nostra salute

    Catherine Leclercq, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma

  • Lunedì 2 novembre ore 21
    Imballaggi, contenitori e utensili per alimenti: un rischio per il consumatore?
    Maria Rosaria Milana, Istituto Superiore di Sanità, Roma

  • Lunedì 9 novembre ore 21
    Concetti base di sicurezza alimentare. Additivi e aromi. Quando e perché è opportuno evitarli?
    Catherine Leclercq, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma

 

 

Mi auguro che queste iniziative abbiano la diffusione e la partecipazione delle grandi occasioni, perchè sono momenti che ci consentono di acquisire consapevolezza nei nostri atti.

 

domenica 4 ottobre 2009

Una pratica antica, lo Jala Neti

La medicina ayurvedica ci tramanda da secoli preziosissimi consigli per mantenerci in salute.

Uno di questi, sconosciuto alla maggior parte degli occidentali ma ripreso un po’ maldestramente con la pulizia dei seni nasali attraverso la soluzione fisiologica, è lo Jala Neti.

La pratica, che è poi una delle numerosissime pratiche Yoga, serve a pulire i seni nasali dalle impurità, dalle tossine, dal muco in eccesso e aiuta a liberare anche i dotti nasali.

Pulisce a fondo perché per l’appunto va a lavare anche i seni nasali oltre alle narici, e non ha controindicazioni eccezion fatta per chi soffre di epistassi e per i bambini troppo piccoli.

E’diversa dalla soluzione fisiologica che noi occidentali usiamo, perché la soluzione si ferma principalmente alla prima parte dell’apparato, non riuscendo ad arrivare in maniera efficace ai seni che sono, in caso di raffreddori, sinusiti, allergie ma anche mal di testa frontali, il “ricettacolo” (passatemi il termine) del problema.

La pratica fatta in casa ha anche un altro vantaggio: la soluzione fisiologica ce la facciamo in casa, con costi praticamente irrisori, a differenza di quella che compriamo in comodi contenitori monodose o pluridose (inquinanti) in farmacia.

 

Come funziona?

Prendo la descrizione da un sito estremamente affidabile, yogasurya:

ATTREZZATURA:
SI USA UNO SPECIALE RECIPIENTE CHIAMATO NETI LOTA. SE NON E' DISPONIBILE USATE UNA TEIERA.
RIEMPIRE IL CONTENITORE CON ACQUA TIEPIDA. AGGIUNGERE 1 CUCCHIAINO DI SALE PER MEZZO LITRO DI ACQUA (si ottiene così una soluzione salina allo 0,9%) E SCIOGLIERLO COMPLETAMENTE.

TECNICA
INSERIRE DELICATAMENTE IL BECCUCCIO IN UNA NARICE.
INCLINARE LA TESTA MENTRE ALZATE IL CONTENITORE IN MODO CHE L'ARIA SCORRA DENTRO LA NARICE.
L' ACQUA DOVREBBE SCORRERE ATTRAVERSO UNA NARICE E SCORRERE FUORI DALLA NARICE OPPOSTA.
LASCIARE FLUIRE L' ACQUA LIBERAMENTE ATTRAVERSO LE NARICI PER 20 SEC.
PULITE IL NASO E RIPETERE LA STESSA PROCEDURA VERSANDO L' ACQUA NELLA NARICE OPPOSTA.
RIPETERE 2 VOLTE PER NARICE
.

 

Successivamente, si soffia con decisione il naso ma senza forzare eccessivamente e, come consigliato da yogasurya, si possono associare alla pratica delle posizioni yoga per esaltarne l’efficacia.

Una interessante analisi del lavaggio nasale è stata fatta dal sito rossellagrenci, che descrive alla perfezione i molteplici vantaggi di questa pratica quotidiana.

 

Passiamo a sciogliere ragionevoli dubbi che possono cogliere l’ignaro lettore.

1)Non si rischia di affogare, ve lo garantisco. La pratica è a prova di bambino, l’acqua fluisce fluisce liberamente da un dotto all’altro e, purchè ci si ricordi di respirare con la bocca, non si avrà nessun problema

2)Le prime volte il lavaggio potrebbe bruciare, in quel caso suggerisco di diminuire le dosi di sale e/o di abbassare la temperatura dell’acqua

3)Lo strumento si acquista facilmente su internet, digitando neti lota, ma anche nei negozi di artigianato etnico che per fortuna iniziano a diffondersi in Italia, e il prezzo è decisamente contenuto (intorno ai 15 euro)

4)Si può fare due volte al giorno, soprattutto se si è fortemente raffreddati o si soffre di allergia, asma, influenza, fino ad arrivare a 4 volte in casi estremi.

5)Il beccuccio si appoggia alla narice e va a sigillare l’entrata, non sognatevi di infilarvelo dentro la narice

6)Iniziate e vedrete la differenza.

 

Ecco qui una foto dello strumento:

neti lota.jpg

martedì 29 settembre 2009

La scuola come nell'800

Qualche giorno fa leggo la repubblica, e mi imbatto in questo articolo, la scuola "zero euro"

Un articolo allucinante sotto diversi aspetti. La cronaca di una scuola che non esiste più, dell'assoluta mancanza di rispetto nei confronti di bambini e ragazzi, del totale menefreghismo per l'ambiente in cui le persone lavorano e apprendono.

Già è incredibile sapere che se vuoi andare al bagno la carta te la devi portare da casa, figuriamoci poi se la realtà è ben peggiore; con i tagli alla mannaia del ministro della (D)istruzione, non c'è più nemmeno il personale ad accompagnare i bambini in bagno, o a sorvegliarli durante le pause.

Niente materiale didattico, nessun laboratorio, strutture fatiscenti (e sappiamo bene cosa succede quando crolla la volta di un'aula) , aule addirittura senza banchi.

Mi chiedo dove sia l'etica in tutto questo, mi domando dove sia il rispetto in un'istituizione che è di fondamentale importanza per la formazione e l'educazione delle future generazioni.

Come può un bambino o un adolescente rispettare un giardino pubblico o riuscire ad apprezzare un roseto piuttosto che un tramonto quando cresce circondato da brutture, orrori, scempi?

Cosa può pensare una mente ancora da formare di un bel prato se ogni giorno per tante ore al giorno vede davanti a sè crepe, muri sporchi, sedie rotte, cessi invece di bagni?

Perchè permettiamo allo Stato questa violenza sui bambini?

E' preferibile forse comprare più auto blu piuttosto che istituire una biblioteca scolastica? Oppure è meglio tenere calmierati i prezzi dei bar del Parlamento piuttosto che dare ai bambini modo di esternare la loro creatività con una buona scorta di materiale didattico?

Non ne usciremo facilmente, soprattutto perchè tra l'altro (se non ricordo male) la scuola dell'obbligo è ancora, appunto, obbligatoria; cioè ti obbligano a stare per 4/6 ore al giorno in una discarica lurida e fatiscente senza che tu possa scegliere di istruirti a casa.

A voler essere fiduciosi, è bello leggere delle tante iniziative dei genitori che comunque cercano in ogni modo di far sì che l'anno scolastico proceda senza intoppi, ma non può sempre essere il singolo individuo a doversi occupare del lavoro che dovrebbero svolgere i pagatissimi ministri, assessori, parlamentari vari.

 

domenica 27 settembre 2009

Stiletico, come essere belle senza nuocere agli animali

Da pochi giorni, grazie alla segnalazione della rivista AAMTerranuova, ho conosciuto questo nuovo sito.

Stiletico è una coloratissima guida all'acquisto etico e consapevole (come da loro sottotitolo) e una fonte veramente interessante di siti, link, negozi dove finalmente potremmo comprare cruelty free e con coscienza senza andare in giro (cito le parole di una delle admin) "sempre a scarpe basse e scarmigliate" come vorrebbe l'opinione pubblica quando si pensa alle persone vegane.

Il sito è ben strutturato, la cosa interessante è che vengono recensite anche le riviste (estere) che parlano di bellezza etica; se ciò non bastasse, basta guardare le scarpe che vengono postate nei vari articoli per innamorarsi di Stiletico e di aggiungerlo a colpi di scalpello nella toolbar dei preferiti.

Oltre alle segnalazioni di negozi etici da tutto il mondo, c'è una sezione dedicata ai "crash test" effettuati dal sito e anche dagli utenti: un modo efficace per sapere se vale la pena comprare a New York piuttosto che a piazza San Giovanni (posto che nella piazza ci siano negozi del genere).

 

Finisco la "recensione", lascio a voi il piacere di scoprire le tante meraviglie di questo delizioso sito.

venerdì 25 settembre 2009

BOICOTTIAMO LA PUBBLICITA'

Un'iniziativa che condivido.

Fonte: LuigiBoschi

 

 

La News Corp. di Murdoch perde per il crollo delle entrate pubblicitarie. A Mediaset cala la pubblicità meno 12-13% primo semestre 2009, dopo che negli ultimi due mesi del 2008 aveva perso 40 milioni di raccolta. Il 57% degli Europei non è andato a votare. Il partito dei Pirati svedesi è entrato in Parlamento a Strasburgo... Vuoi vedere che qualcosa sta cambiando? Vuoi vedere che la crisi rende un po' tutti più consapevoli?

E mi chiedo: Perché non boicottiamo la pubblicità? Come?
Esattamente comportandoci all'opposto di cosa la pubblicità propone. Renderla inutile, anzi deprezzabile. Non compriamo prodotti di campagne pubblicitarie.
Compriamo invece chi fa informazione di prodotto, scientifica, in internet, sul punto vendita, chi utilizza packaging biodegradabile. Insomma chi adotta criteri di responsabilità e sostenibilità sociale.

Io penso che la pubblicità sia la tangente, pagata dai consumatori (questa è la tragicomica!), che appiattisce ogni volontà informativa. Chi è l'editore che pubblica qualcosa che potrebbe danneggiare l'immagine della società con cui detiene un importante contratto pubblicitario?
Non solo ma credo che a tutti i media con pubblicità debbano essere tolti ogni contributo o provvidenze pubbliche di qualsiasi tipo.
La pubblicità commerciale è divenuta il cancro di questa società. Se all'inizio dello sviluppo industriale poteva essere un volano di coinvolgimento, la sua massificazione e concentrazione è divenuta devastante. Abbinata alla tv di massa è una necrosi cerebrale. La devastazione sociale è stata radicale. E' la stupidità globalizzata. E' un processo di deresponsabilizzazione che impedisce, a una società capace, di intendere e volere. Produce dementi!! Zombie! E' la società del gossip e dello spettacolo integrato!
Le persone dovrebbero iniziare a contestare loro stessi, i propri consumi che li rendono schiavi a vita.

Senza pubblicità sarebbe un altro mondo. Provate a pensarci? Immaginatevi di dovervi informare anziché affidare a un iper prezzolato testimonial o a un claims seduttivo, a una scosciata consumistica, a un seno ammiccante.
Provate ad immaginarvi cosa sarebbe invece consultare informazioni in rete, sul packaging, sui luoghi d'acquisto con personale istruito per soddisfare le legittime pretese conoscitive di ciò che si mangia o si utilizza.

Provate a pensare a una informazione libera remunerata dai suoi lettori, sostenuta da editori responsabili del ruolo sociale, che percepisce sì contributi pubblici per la funzione svolta.
Nella società della pubblicità è sparita l'informazione. Tutto è celato e falsato. Chi detiene la pubblicità ha il banco in mano perché controlla consumi, informazione e produce adepti ripetibili! Il consumatore e i suoi bisogni si producono!
Provate per qualche tempo a non comprare prodotti pubblicizzati sui media, a non sottostare a questa ormai demenziale realtà. Possibile crescere in una società declinata sulla stupidità sociale e d'acquisto?

Le industrie serie che da sempre svolgono la loro attività responsabilmente non avrebbero nulla da temere, anzi! I valori dei propri contenuti sarebbero ancor più apprezzati, mentre la pubblicità appiattisce tutto!

Il mondo digitale credo, si indirizzerà verso questa meta, anche se oggi sembra quasi impossibile. E i consumi dovranno contenere una risposta sociale, favorire la crescita del potenziale individuale, coinvolgere le persone e valorizzarle nella loro sensibilità e nel loro talento.

Se l'interattività sta alla base della nuova realtà, sostituendo la distruttiva passività cerebrale, la pubblicità perde di significato, non ha più nessun appeal. Nessuno sano di mente è disposto a farsi raggirare e sottomettere le proprie scelte a un idiota, pagata testimonianza. Non solo, ma nemmeno farsi scippare le proprie risorse visto che la pubblicità è un costo per il consumatore che non solo lo abbindola, ma gli fa notare quanto è stupido ad alimentare le tasche altrui per la propria dabbenaggine.

Sono convinto che la caduta della pubblicità "regresso" può solo giovare all'umanità e alla ripresa di una civiltà consapevole e responsabile. Fra non molti anni ci volgeremo indietro e capiremo come eravamo!... e i nostri figli rideranno... per la tragicomica idea su cui si basava la società dei consumi.
Tutto dipende da noi dalla nostra forza di uscire da questa puzzolente palude! Divulgate questa idea, coinvolgete amici e conoscenti, dotiamoci di anticorpi: la pubblicità è uno dei peggiori virus, insieme alla finanza, che silente sta distruggendo la nostra società, le nostre menti. (Parma, 07/08/2009)

Luigi Boschi

mercoledì 23 settembre 2009

Cosa c'è nel caffè?

Stamattina apro yahoo e trovo un interessante articolo sui componenti del caffe:

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
22/09/2009 17.37.00

Per cosa il mondo spende 90 miliardi di dollari all’anno? Per una tossina vegetale nata come antibatterico che ha poteri stimolanti sugli esseri umani poiché blocca i nostri neurorecettori per l’adenosina, un composto che serve per addormentarci. Il caffè, in parole povere. Ma cosa c’è esattamente in una tazzina di caffè? Ce lo spiega la rivista WIRED.
Acqua
Una tazzina è costituita al 98,75% di acqua. Inoltre la caffeina è un diuretico, per cui i bevitori di caffè – soprattutto i neofiti – corrono spesso al bagno.
Etilfenoli
Gli scarafaggi li utilizzano come segnali chimici di pericolo. Noi li beviamo nel caffè.
Acido quinico
Conferisce al caffè il suo caratteristico, irresistibile aroma. Una curiosità: è tra i composti chimici dai quali viene sintetizzato il farmaco Tamiflu.
3,5 Acido dicaffeoilquinico
Un antiossidante dall’effetto benefico sul nostro organismo.
Dimetil-disulfide
Un prodotto della tostatura del caffè verde. È uno dei composti che dà alle feci umane il loro caratteristico odore, tra l’altro.
Acetilmetilcarbinolo
Un liquido giallo infiammabile presente anche nel burro e usato come aroma artificiale nei pop-corn.
Putrescina
Vi siete mai chiesti cosa dà alla carne marcia il suo mefitico odore? Eccola. E c’è anche nel vostro espresso.
Trigonellina
Dona al caffè il suo sapore e uccide i batteri Streptococcus mutans, responsabili della carie.  

Niacina
Ovvero vitamina B3, senza la quale vi amamlereste di pellagra.
Fonte: Di Justo P . What's Inside a Cup of Coffee? WIRED 22/09/09.
david frati

 

 

Cosa beviamo quindi?

Beviamo una tossina in grado di alterare l'equilibrio neurochimico e che, mentre ci dà una effimera sensazione di benessere, lavora all'interno scavando buche pericolose.

A fronte di un paio di componenti che possono essere validi ma che si trovano anche in altri alimenti più sani, c'è un inquietante elenco di sostanze chimiche da far spavento. Solo per citarne una, la putrescina.

La putrescina è il sottoprodotto della decomposizione della carne. E' un potente tossico per l'organismo e causa una serie di cattivi funzionamenti degli organi a partire dagli intestini. Solitamente si sviluppa quando mangiamo carne perchè la completa digestione della carne impiega tantissime ore (alcune fonti arrivano a contare oltre 160 ore, cioè quasi una settimana), e se pensiamo che una fetta di carne alla temperatura di 37 gradi va in putrefazione dopo due giorni al massimo, possiamo immaginare quante tossine (putrescine e altro) vaghino per il nostro corpo.

Come se non bastasse, ne aggiungiamo dell'altra bevendo caffè. Così, se per una disgraziata ipotesi fossimo riusciti a stare una settimana senza cibi carnei e quindi a detossinarci un pochino, ci beviamo una bella tazzina di caffè e passa tutto.

mercoledì 16 settembre 2009

Sana 2009 - pensieri sciolti

Sono andata al Sana, il salone internazionale del naturale che ogni anno si tiene a Bologna.

Sono tornata con un raffreddore stellare, ma questa è un'altra storia che non c'entra niente.

La fiera si prefigge di diffondere il biologico, il naturale e l'ecoetica sul territorio italiano, e devo dire che di carne al fuoco ce n'è sempre molta, sebbene ogni anno che passa diminuiscono gli stands di cultura, cosmesi, benessere per fare posto a sempre più numerosi stand gastronomici o di alimentari. Che poi, cosa c'è di più innaturale di un prodotto inscatolato, anche se lo stesso di fregia dell'etichetta del biologico?

Per non essere ipocrita, devo confessare che ho portato a casa un discreto bottino di guerra, composto per lo più da verdure trasformate in salse da bruschetta.

Mi sarei aspettata di tornare a casa con un consistente quantitativo di contatti, di spunti per fare meglio, ma più che altro sono tornata a casa rotolando per i troppi spunti...ni offerti dai generosi stand dell'alimentazione (sempre quella conservata o inscatolata).

Mi sarei aspettata di trovare nel padiglione della cosmesi un notevole numero di produttori ecobio, invece abbiamo notato con la solita vena di disillusione che su 100 stands ci saranno state si e no dieci linee ecobio.

Mi sarei aspettata che ci fossero diverse espositori di bioedilizia, invece c'era poco e niente, e quel poco erano per la maggior parte venditori di cuscini di noccioli di ciliege e di materassi.

Mi sarei aspettata di tutto, tranne che di trovare porchette, salumi, salsiccie (bio e non bio). Immaginatevi il mio stupore quando, arrivata davanti agli stands della regione Lazio, mi sono trovata una porchetta di un metro e mezzo affettata da un allegro esercente.

Ecco... qualcuno per favore mi spieghi dov'è il bio, il benessere, il naturale in una porchetta. Ma a quanto pare, il porchettaro di Ariccia sembra essere diventato un must in tutte le fiere, se anche la Biofiera a Roma lo accoglie con calore.

E' stata un'esperienza negativa? Assolutamente no. Perchè comunque si riesce a capire dove va l'interesse della gente, che si cura poco di quello che si mette sulla pelle o nello stomaco ma che comunque vuole cibo "sano".

Da parte mia, ho raccolto tutto sommato parecchio materiale informativo, gli stand dell'editoria sono stati i più generosi fra tutti e regalavano gli ultimi numeri delle loro pubblicazioni (alcune del prezzo di 6 euro all'edicola), le scuole alternative sono state molto disponibili e qualche chiacchierata me la sono fatta.

Menzione speciale per LaLeva, che offre un'informazione di altissima qualità.

Sono tornata a casa con chili di carta che mi sto leggendo piano piano ma con tre campioni di cosmetici. Gli espositori più tirchi d'Europa pare si fossero riuniti tutti al Sana perchè non c'era nessuno (a parte Hauscha) che ha regalato nemmeno una prova dei propri prodotti. Che poi, a cercare di capire la loro logica, se io non provo le tue cose come faccio a convincermi a comprarle?

 

mercoledì 2 settembre 2009

Scambiamo gli abiti dei nostri bambini

Di quanto abbigliamento hanno bisogno i bambini nei primi anni della loro vita?

Non so fare una stima precisa, ma quando vedo le mie amiche mamme mi viene da quantificare il tutto con una parola: TANTISSIMO.

Nei primi mesi soprattutto, quando ogni settimana aggiungo centimetri e peso ai loro corpicini, c'è necessità di decine di cambi, che magari vengono usati per pochi giorni prima di passare alla misura successiva: bodies, tutine, calzini, accessori...

Quando iniziano a crescere poi, si riesce a metter loro un capo per una decina di volte, per non parlare di eventuale abbigliamento invernale quale piumini, giacche, cappottini. A metà inverno gli escono già fuori le braccia dalle maniche, o li vediamo entrare a fatica in un giacchino chiuso. E' quindi un continuo alternarsi di tonnellate di abbigliamento che, a differenza di noi adulti, si riesce a usare solo per pochi mesi, se non per poche settimane.

Al di là del sentimentalismo che ammanta il primo pigiamino, il delizioso vestitino micro o il primo paio di piccole scarpe, sarebbe improponibile pensare di tenere tutto il vestiario dei propri figli da 0 mesi a 10 anni.

In tempi di crisi ci si arrangia, come facevano le nostre mamme, e ultimamente noto con piacere che tra famiglie ma anche tra conoscenti è ritornato prepotentemente di moda lo scambio degli abitini. Non è difficile trovare una futura mamma alla ricerca di cambi per il proprio pargolo, ma se proprio abbiamo delle difficoltà possiamo iscriverci a qualche community quale Suesu ma anche, se si è di Roma, al gruppo Freecycle, del quale avevo parlato tempo fa. E' facilissimo inoltre portare tutto ciò che ancora è in buone condizioni in centri per l'infanzia, ospedali pediatrici, case famiglia; questa forse dovrebbe essere la prima scelta che si potrebbe fare per donare le nostre cose.

Oltre ai vestiti e accessori, è facile pensare che possiamo facilmente "liberare" i nostri armadi anche di ingombri più grandi: giocattoli in buone condizioni, passeggini, seggioloni, eventualmente lettini.

Come sempre, lo spirito che contraddistingue il "riciclo", lo scambio o comunque la cessione a titolo gratuito, è quello di far si che un oggetto che avrebbe ancora molto da offrire in termini di servizio/resa arrivi alla fine della sua vita completamente utilizzato.

Last but not least, secondo me sapere che un capo che a noi e al nostro bimbo è piaciuto tanto possa coprire e riscaldare se necessario un altro bambino è un bellissimo gesto d'amore.

mercoledì 26 agosto 2009

Una seconda chance ai libri, riciclarli e risparmiare

Leggere è una gran cosa, ti apre gli orizzonti, ti riscalda il cuore, ti illumina la mente.

Pare che noi italiani leggiamo pochi libri, anche se ogni volta che vado in libreria trovo sempre un discreto numero di clienti.

Però, il prezzo di un piacere effimero o di un sapere duraturo inizia a diventare pesante per le nostre tasche, come niente ti arrivano bastonate da 22 euro per un romanzo che leggerai solo una volta o 60 euro per un manuale non universitario. Così noi compriamo questi invitanti tomi, spendiamo una tombola e magari li lasciamo lì, a impolverare insieme alla colpevolezza di aver "ucciso" un albero per un solo attimo di sapere.

Atteggiamento poco ecologico, soprattutto perchè molti libri non li apriremo mai più, e allora tanto vale liberarli e farli rivivere nelle mani di altre persone.

Per fortuna, cè una nutrita scelta che ci consente di fare questo, risparmiare carta, soldi e di rispettare l'ambiente.

Inizio subito scartando l'ipotesi "prestito agli amici" perchè sappiamo tutti come va a finire, ma il "prestito ai parenti" resta sempre una validissima opportunità, soprattutto quando i parenti (del mio amore) comprano decine di libri al mese  :-)

Per tornare quasi seri, sul web si è ampiamente diffusa la moda del bookcrossing, che consiste nel cedere un proprio libro a un'altra persona con la promessa che quest'ultima lo ceda a sua volta dopo averlo letto. In questo modo la stessa copia cartacea di un libro può arrivare a essere letto da decine di persone, le quali volendo potranno anche aggiungere frasi, note, messaggi che vanno ad arricchire la lettura.

Il sito più famoso di bookcrossing è http://www.bookcrossing-italy.com/

 

Altre alternative sono costituite dallo scambio di libri; su anobii ad esempio si mettono a disposizione degli utenti i libri che si vogliono scambiare o anche regalare, si cercano i libri che ci interessano e si contattano i possessori per chiedere se sono disposti a barattare i loro libri con i nostri.

Su bookmoch invece , un data base a livello internazionale, c'è un sistema a punti: inizi caricando nel db dieci libri che vorresti cedere e guadagni un punto, punto con il quale puoi richiedere un libro che ti piace. Quando effettui una spedizione a chi ti ha fatto richiesta di un libro, guadagni un punto, che ovviamente potrai usare in seguito. Un punto, un libro, semplice e rigorosamente gratuito.

 

Nel web poi, c'è un nutrito numero di siti che vendono libri usati a prezzi interessanti, oppure la catena di librerie Mel Bookstore ha un ampio catalogo di libri usati che offre al 50% se in buone condizioni o anche a prezzi inferiori, libri che molto spesso compra dai privati cittadini che si presentano in libreria con la loro sportina di libri (il prezzo che offrono è però molto basso, si aggira intorno al 10-15%).

Una grossa novità poi, è rappresentata dal libro in formato elettronico (e-book), che azzera completamente l'impatto ambientale e che dovrebbe consentirci di risparmiare sull'acquisto delle nostre letture. Direttamente sul pc o attraverso lettori appositi che non affaticano la vista e consumano meno dei pc (e consentono addirittura di scrivere appunti, memo, tag sul libro che stiamo leggendo), potremmo avere la possibilità di portare migliaia di libri in un contenitore grande come un'agenda e dello stesso peso.

Dico potremmo perchè in Italia non si è ancora diffusa la cultura dell'e-book, sono rarissime le case editrici che usano questa forma di diffusione e esiguo il numero di titoli messi a disposizione. Peccato, perchè se pensiamo alle centinaia di migliaia di libri che ogni anno le case editrici mandano al macero a me viene un pò di rabbia...

Per finire, c'è un'ultima via per dare nuova vita ai nostri libri o per accrescere la nostra cultura: donare alle biblioteche (ma anche alle scuole, ai carceri, agli istituti) e prendere in prestito dalle stesse.

 

 

Buona lettura!

 

 

 

venerdì 21 agosto 2009

Considerazioni sul caldo

A pensarci bene, quest'anno il caldo è veramente terribile.

Quanti di noi hanno giurato in primavera di non lamentarsi più dell'incessante pioggia e del freddo, per poi sbugiardarsi in queste torride giornate?

Lo confesso, sono la prima della lista. Non so se è la vecchiaia o il fatto che la maggior parte delle ferie ce le siamo fatte in città, ma proprio non tollero più la calura e l'afa. E allora, da queste onde che avvolgono e annebbiano la mia mente, sono uscite alcune cosiderazioni, alcune scontate tipo "non ci sono più le mezze stagioni", altre forse un pochino più strampalate.

E' così che ho iniziato a pensare che da bambina prima e da giovine poi passavo le ore a giocare sotto il sole cocente, senza soffrire minimamente; era forse che un organismo giovane reagisce meglio alle sollecitazioni climatiche? Il ragionamento non mi tornava, perchè andava a cozzare con il fatto che tante persone di età anche avanzata lavorano all'aperto con tutte le condizioni climatiche possibili (anche le elevate temperature dei mezzogiorni di luglio/agosto) epperò sopravvivono.

E allora ho iniziato a pensare che forse c'erano due motivi fondamentali alla mia/nostra disabitudine al caldo: l'aria condizionata che ormai ci accompagna ovunque e la maniacale attitudine dell'uomo a radere al suolo tutto ciò che è verde manco fosse Attila.

L'aria condizionata venti anni fa ce l'avevano solo gli uffici e i ricchi, adesso ce la portiamo ovunque. Siamo sotto il sole a 35 gradi ad aspettare un autobus, ed ecco che poi saliamo in un ambiente a 25 gradi per poi scendere di nuovo e ritrovarci i 35. Certo... se consideriamo le condizioni pietose del nostro sistema di trasporto pubblico, l'aria condizionata in metro e bus ti evita il collasso e le camicie zuppe di sudore alle otto di mattina.

Poi, entriamo in ufficio (questo discorso vale per tutti tranne per me, che lavoro in un fatiscente palazzo di vetro dove l'aria condizionata non funziona e c'è scarsissimo ricambio d'aria) e ci ristoriamo con le temperature spesso polari delle nostre stanze. Poi usciamo per un caffè o per il pranzo, saliamo magari in macchina che segna 40 gradi al sole e accendiamo l'aria condizionata, scendiamo al caldo e rientriamo in un ibernante centro commerciale. E così via fino alla sera a casa, dove a questo punto siamo costretti ad accendere la nostra aria sintetica per riuscire a dormire con un minimo di tranquillità.

Magari, e dico magari, il nostro sistema di regolazione termica non sa più a che santo votarsi con tutti questi sbalzi; certo, siamo tutti preoccupati dal mal di gola o dal raffreddore da aria condizionata, ma ce ne freghiamo allegramente del fatto che senza condizionamento non saremo più in grado di vivere come hanno vissuto per migliaia di anni fino a due decenni fa tutti gli umani.

E' anche vero che i nostri antenati non hanno mai costruito agglomerati urbani così grandi da provocare l'abbattimento di alberi, boschi, campagne, radure (fatta eccezione per gli antichi romani che pare abbiano contribuito a gettare le basi delle attuali deforestazioni).

Sappiamo tutti che gli alberi riescono a creare una sorta di protezione termica nella zona in cui vivono; la differenza tra lo stare con la capoccia al sole e sotto le fronde di un albero la conosciamo tutti... fa caldo anche sotto l'albero però molto meno. Inoltre provate, termometro alla mano, a misurare la temperatura di una città come Roma e quella di una zona verde nelle immediate vicinanze: la differenza c'è sempre, ovviamente non a vantaggio della città.

E' ovvio che queste strade deserte, cementificate amplificano e propagano il calore ovunque, è naturale che palazzi di vetro circondati dal nulla anzichè da alberi facciano da forni a microonde per i due neuroni rimasti sani di chi ci lavora dentro.

Cosa possiamo fare allora per sopportare meglio il caldo che si fa sempre più insistente e prolungato?

Provare a stare di più all'aria aperta, magari con un cappello, ed evitare di accendere l'aria condizionata in macchina anche per fare 200 mt.

Mettere, laddove possibile, delle tende che impediscono al sole diretto di battere sui vetri e se proprio si deve accendere l'aria, scegliere una temperatura non eccessivamente bassa, azionando magari il deumidificatore.

Piantare alberi: sembra assurdo e improponibile ma ci vuole poco. Comprare o scambiare dei semi di alberi è facile, seminarli e vederli crescere è un'ottima scuola per noi e per i bambini, scegliere il pezzo di terra dove farli dimorare non impossibile: i guerrilla gardener possono darci tante dritte, ma possiamo provare anche noi a metterli nei giardini comunali un pò spogli o anche in quelle strisce d'erba che dividono le corsie delle strade.

Piantando alberi contribuiamo a ridurre le emissioni di co2 e rendiamo la zona in cui abitiamo più bella e accogliente, e magari fra qualche anno potremo riposare sotto le fronde di quel piccolo seme che abbiamo accudito con tanto amore.

 

venerdì 7 agosto 2009

Ragionamenti Bio intorno a un piatto di prugne

E' incredibile come la natura ci metta di fronte a centinaia di variazioni su uno stesso tema.

E' meraviglioso scoprire che un frutto è uno, nessuno e centomila, e che per ogni tipo che si mangia si assume un colore diverso dello spettro; la prugna si presta benissimo a questa piacevolissima scoperta, offrendoci in questa stagione sempre un volto diverso.

Esistono le prugne piccole e selvatiche, gialle e rosse dal sapore zuccherino squisito; ci sono le susine, quelle viola a punta con una polpa gialla delicatissima e estremamente indicate per fare delle deliziose marmellate casalinghe; ci sono le prugne gialle giganti, un trionfo di dolcezza, le sangue di drago da colore esterno rosso/verde e dalla croccantissima e asprigna polpa rosso sangue; ci sono le prugne nere fuori e bianche dentro, un piacere affondarci i denti. E poi ce ne sono tantissime altre, che nel periodo estivo si alternano o si contendono i favori degli acquirenti.

Noi, per non sbagliare, ne compriamo sempre un pò di tutti i tipi, e quasi ogni giorno ci prepariamo un piatto coloratissimo e ricco di gusti sempre nuovi.

Noi, però, compriamo la frutta fresca al mercato, da un contadino che vende al pubblico e che non usa i metodi dell'agricoltura convenzionale. Il contadino lavora come lavorava suo padre e il padre di suo padre prima di lui, ha rispetto della sua terra al punto che mai e poi mai taglierebbe un albero per fare spazio a un "business" diverso da quello che ogni giorno lo fa stare piegato a contatto intimo con la stessa terra. Il contadino non è certificato Bio, ma le brave persone non hanno bisogno di certificazioni per dimostrare la loro buona fede. Soprattutto, sono i suoi prodotti che non mentono: ogni settimana espone frutta e verdura diverse dalla precedente, porta quello che la sua terra produce e non quello che tutti gli altri fruttivendoli hanno esposto in maniera identica in tutti i banchi d'Italia. Sarebbe inutile star qui a portare prove che avallano le mie tesi perchè non c'è bisogno di convincere nessuno; tuttavia, il sapore di questi ortaggi è nettamente superiore a quanto potremmo mangiare altrove, e chi ci viene a trovare si stupisce sempre della bontà di quello che mettiamo in tavola, e nel caso di frutta è ovvio che non può essere "frutto" delle nostre doti culinarie.

Per tornare a noi, un altro indizio tradisce l'animo antico di questo contadino: espone sempre frutti che difficilmente si riescono a scorgere altrove.

E qui torniamo alle nostre amiche prugne, le quali insieme a tanti altri vegetali gli fanno onore: in quarant'anni di (presumibile) onorata vita masticatoria, mai e poi mai avevo visto in un mercato (e tantomeno nei negozi di pseudoalimenti chiamati supermercati) tanta varietà, ma soprattutto mai e poi mai avevo mangiato le sangue di drago o le dolcissime selvatiche.

Perchè, mi viene da pensare? Ma perchè l'agricoltura convenzionale è monocultivar, non si mette lì a curare piante secolari ma riduce i campi di frutta e verdura in filari ordinati di una sola specie di ortaggio per poterla gestire al meglio, farla maturare nello stesso tempo, propinare le stesse dosi di fertilizzanti al petrolio, insetticidi al petrolio, conservanti al petrolio. Così si riducono i costi e con tutto quel petrolio riescono pure a semimbalsamare il prodotto e farlo durare per settimane anzichè pochi giorni come la natura avrebbe previsto.

 

E quindi, quale potrebbe essere la differenza tra il contadino che preserva le sue varietà per offrire a sè stesso e a noi frutti antichi ma ahimè sconosciuti ai più, e l'imprenditore convenzionale?

Potrebbe essere la stessa differenza che c'è tra un racconto che riscalda l'anima e un sms pubblicitario

Potrebbe essere la differenza che passa tra un mondo di colori che rallegrano gli occhi e distendono la mente e un triste nonchè inutile volantino  in bianco e nero

Potrebbe essere la stessa differenza che c'è tra un bagno in un mare limpido e cristallino e quello fatto nella piscina condominiale 4x4 mt, ricca di dannosi miasmi e sempre con la stessa acqua.

 

Abbiamo perso molto negli ultimi 50 anni "grazie" all'agricoltura convenzionale e ai jet che portano il cibo da un angolo all'altro del continente...

Aabbiamo perso migliaia di specie di piante, sacrificate in nome della resa agricola, abbiamo perso la capacità di percepire decine e decine di sfumature di gusto perchè a tavola ci arrivano sempre le stesse 30/40 specie e tra l'altro pure maturate artificialmente perchè vengono raccolte quando sono ancora verdi, abbiamo perso la gioia di aspettare la stagione estiva per mangiare il cocomero, quella autunnale per le castagnate, e quella invernale per le mele.

Abbiamo perso la possibilità di vivere in mezzo a mille colori e nutrirci delle loro differenti  e vitali vibrazioni, abbiamo perso il piacere di andare per boschi e scoprire tra i rovi dei frutti deliziosi, abituati come siamo a mangiare quelli "allevati" che sanno di acqua, abbiamo perso il contatto con la terra che solo chi la ama sa trasmetterci, e per questo consentiamo alle imprese convenzionali di inquinare i nostri corpi, i nostri sogni, le nostre scelte.

Abbiamo perso la naturalezza di giocare con la terra, di sporcarci e di rivoltarci dentro di essa, temiamo di staccare un frutto dall'albero e mangiarlo così com'è perchè "se non c'è l'amuchina ci prendiamo germi e batteri", siamo asettici, asfittici, stitici dentro e fuori.

Per quello che mi riguarda, non è poco, e sinceramente non me ne faccio nulla di dieci, cento, diecimila articoli che denigrano o tentano di sputtanare l'agricoltura biologica, perchè quello che questi signori non capiscono è che comprare cibo non è solo sborsare quantità il più possibile minime di denaro o nutrire il proprio corpo per sostentarci e andare a lavorare 12 ore al giorno.

Il cibo è vita, gioia, poesia, contatto con la madre terra, nutrimento per l'anima e molto altro. E le prugne del mio amico contadino oltre a nutrire il mio corpo riescono a fare tutto il resto. La lattuga radioattiva, proprio no.

martedì 28 luglio 2009

Dietro lo steccato... parte I

Cosa c'è dietro quel bellissimo steccato che vediamo da lontano, tutto verniciato di nuovo e tirato a lucido? Un giardino rigoglioso, uno splendido orto o del terreno incolto pieno di sterpaglie essiccate e tristi?

Vi è mai capitato di andare in giro e vedere delle belle case con una siepe curata o qualcosa di molto ricercato atto a difendere la privacy degli abitanti? A me si, e curiosando nonostante l'ostacolo, talvolta sono rimasta delusa nel vedere dei terreni disastrati, color paglia, con ciottoli scalzati e pure qualche crepa nel terreno. Delusa perchè l'interno stride con la facciata, delusa perchè la tua immaginazione ha "visto" in prospettiva una realtà diversa da quello che poi gli occhi hanno proposto.

Divago un attimo per dire che gli occhi di ognuno di noi "vedono" secondo gli schemi mentali che ci siamo costruiti, e che la realtà visiva di ciascuno cambia effettivamente a seconda delle esperienze, dei ragionamenti, delle emozioni vissute; ma questo è argomento che tratta meglio Joe Dispenza, io non sono in grado per ora...

Per tornare in argomento, così come lo steccato copre il deserto dei tartari, molto spesso una bella faccia truccata/stuccata (ormai non si fanno distinzioni tra uomini e donne) a regola d'arte potrebbe nascondere una situazione interna... preoccupante.

Ci preoccupiamo di proteggerci dal sole con l'ultimo ritrovato della tecnologia a schermo totale/definitivo, quando al sole ci si potrebbe stare senza protezione usando solamente il buon senso e restando il meno possibile intossicati.

Ci preoccupiamo di comprare l'ultimo ritrovato dell'estetica, nutriceutica, nanocosmesi, arriviamo addirittura ad anelare prodotti ecobiologici che perlomeno non creano ulteriori danni; osiamo, se costrette dalla moda,  perfino il trucco minerale, che solo a poche persone ormai parrà una trovata frizzante ma che in realtà è, se non addizionato di plastiche o petrolati o olii, l'unico trucco che fa respirare la pelle.

Rasoi elettrici, pinze del demonio estirpapeletti, creme corpo ultrasatinanti, scrub ai sali del mar giorgio con oligoelementi provenienti da marte, sedute psicoanalitiche dall'estetista che ti fa l'elettroshock coi cavetti per toglierti l'adipe, e ancora fanghi, stucchi, rossetti catarifrangenti, profumi stordenti.

Facciamo di tutto per apparire tirati a lucido neanche fossimo una macchina metallizzata appena uscita dalla fabbrica.

Però... poi non curiamo nello stesso maniacale modo il nostro interno, quasi volessimo dimenticarci di funzionare ed esistere grazie al gran lavoro che dentro di noi fanno i nostri organi, i nostri vasi, le ossa, i muscoli, le cellule. Abbiamo aliti fetidi, feci orribili, rumori di interiora agghiaccianti, ma non ci preoccupiamo perchè a tutto c'è una soluzione: colluttori spaccacervelli, spray deodoranti per ambienti, carbone vegetale contro i "gas" impertinenti.

Ed è grazie alla soluzione pronta e facile per ogni problema che poi si trovano poche persone seriamente interessate ad avere prodotti che "tolgano le imperfezioni" dall'intestino, ad esempio. Se da un lato è un bene perchè ho paura di cosa potrebbero tirar fuori le industrie del (petrol)chimico, dall'altro non curarsi del proprio intestino pensando che tanto bene o male tutto va avanti senza il mio controllo è grave errore.

Ma è grave errore sottovalutare anche tutti gli altri organi e ghiandole endocrine, e tutto il costante lavorìo che quotidianamente fanno. Sappiamo bene che se qualcosa inizia a perder colpi poi tutto l'organismo gli va appresso, e sappiamo bene che spesso quando prendiamo delle medicine, poi ci scappa qualcos'altro e aumentiamo quantità e varietà di farmaci.

 

Per un aspetto sano, ma che sano lo sia davvero grazie al perfetto stato di salute e non all'ultimo fondotinta con pigmenti di scaglie di orata, è necessario che ognuno di noi si assuma la responsabilità di quello che mangia, che pensa, che respira.

Per non fare un topic chilometrico, direi che oggi possiamo iniziare parlando di cibo...

Trovo abbastanza controverso il fatto che a chi si cura della propria alimentazione gli si affibbino nomignoli simpatici quali maniaco, malato, ortoressico, mentre si consente allegramente a donne e uomini di stipare ettari di armadietti con decine di prodotti cosmetici e inquinanti. Voglio dire... se chi pensa alla sua salute è malato, cosa dovrei pensare di chi impiega due ore per prepararsi a uscire?

Perchè, allora, è fondamentale curare in modo attento e "maniacale" la nostra alimentazione? Per consentire al nostro organismo di ricevere le giuste quantità di nutrienti necessarie a far sì che tutto vada al meglio e che non si abbiano carenze o che, peggio, non si creino troppe tossine che poi dovranno essere eliminate. Molte persone si stanno convincendo dell'importanza di assumere frutta e verdura fresche più volte al giorno, ma non tutte. Tante sostengono che la frutta e la verdura hanno prezzi che non si possono permettere, ma dieci chili di anguria costano 4 euri, quando una fettina di carne da 200gr, con la differenza che, volendo, con l'anguria ci mangiano tre persone, con la fettina mi sa tanto di no.

E', come sempre, una questione di scelte e di informazione; è anche, come spesso capita, una questione di pigrizia mentale o abitudini troppo radicate. Le persone che comprano al discount (e di questo ne abbiamo già parlato) hanno l'illusione di pagare meno la merce che acquistano, ma il costo sociale ripartito sulla collettività  e quello personale che cibo privo di nutrienti e di scarsa qualità provoca (http://biosipuo.myblog.it/alimentazione/) sulla salute delle persone è almeno dieci volte superiore al pagato iniziale.

Ma anche chi compra ai supermercati non ha molto da ridere: riempire i carrelli di pasti pronti, patatine, merendine, roba in scatola e insaccati non aiuta il nostro corpo a operare nel modo giusto. Lo sapevate che ogni anno ingeriamo chili di additivi?

Ci preoccupiamo di nascondere il brufolo che spunta, ma non di guardare lo scempio che provochiamo ad ogni pasto con un cibo sbagliato?

La prossima volta che entriamo in profumeria, farmacia, bocca del leone, pensiamo che forse per avere un bell'incarnato potremmo spendere i 50 euro che stiamo destinando alla cipria a una bella cesta di frutta per fare una settimana di dieta disintossicante. Oppure:

così come ci curiamo dell'esfoliazione della pelle, ricordiamoci che anche gli intestini hanno bisogno di fare uno scrub con fibre buone, per togliere i residui di feci dalle pareti

così come assorbiamo impurità e tossine dal viso con le maschere, ricordiamo che anche il fegato ha bisogno di un bel trattamento assorbigrasso e tossine con cure cicliche da ripetersi due volte l'anno

così come vogliamo controllare la cellulite spalmandoci e rispalmandoci per "depurare" i tessuti, ricordiamo che anche i reni hanno bisogno di essere depurati e, ogni tanto, lasciati riposare dagli stravizi e dalle bevute notturne.

 

Non è facile, non è argomento di conversazione parlare di come stanno le nostre interiora, anzi è tabù. Ma solo iniziando a conoscere e a capire che un bell'aspetto non può mai prescindere da una bella salute, riusciremo a ottenere pelle splendente e coloriti sani.

 

venerdì 24 luglio 2009

Bolle di sapone, tra gioco e terapia

Chi di noi da bambino non ha mai soffiato con tutto il fiato che aveva per fare le bolle?

Alzi la mano inoltre chi, complici nipotini o figli, ancora oggi lo fa con estrema soddisfazione ;-)

C'è qualcosa di magico nel protendere le nostre labbra fino quasi a sfiorare il velo di sapone e poi soffiare e vedere quelle incantevoli ed effimere creazioni del nostro respiro; gesto forse liberatorio, se andiamo a ben guardare... è come se svuotassimo una parte di noi e la lasciassimo andare nell'aria, imprigionata per pochi secondi nella fragile sfera e poi liberata.

Un sogno che si libera nell'etere, o una preoccupazione che con lo scoppio dell'involucro sparisce.

Aspetto psicologico a parte, le bolle di sapone incantano grandi e piccini, e rappresentano un gioco divertente, curioso e sempre in voga, oltre che molto economico ed ecologico se le autoproduciamo. A tale proposito, vi indico un sito dove c'è la bolla di sapone dalla a alla z, ovviamente pregandovi sempre di far attenzione a usare materiali biodegradabili, non inquinanti e assolutamente ecobio quali sapone di marsiglia naturale, detersivo bio, eccetera:

http://www.waybricolage.net/root/282_1403.asp

 

Accingendoci a soffiare le nostre nuove bolle, mi soffermerei un attimo sulla respirazione. La respirazione è determinante quanto la materia prima per la riuscita, sappiamo bene infatti che i bimbi, non riuscendo a modulare l'intensità dell'espirazione, non riescono a far uscire nulla.

Noi adulti o bambini un pò scafati, senza più ricordare come abbiamo imparato, facciamo una profonda inspirazione e poi, lentamente, "buttiamo fuori" con la bocca l'aria. Che ci crediate o no, questa pratica si avvicina pericolosamente a una delle tante  tecniche respiratorie delle discipline orientali (ma anche occidentali) che hanno lo scopo di rilassarci e di fare le seguenti cose:

1) riempire i polmoni di ossigeno significa acquisire una quota maggiore di questo gas che può essere distribuita in tutto il corpo. Così facendo ossigeniamo i tessuti

2) prolungare e controllare l'espirazione fino a svuotare i polmoni consente all'organismo una maggiore espulsione di tossine attraverso il respiro.

Se ci avete mai fatto caso dopo tre o quattro respiri presi e rilasciati per soffiare il sapone, ci si sente un pochino  più leggeri,  rilassati, talvolta si comincia a sorridere. E' l'effetto potente della respirazione e del sempre rinnovato stupore di fronte a un "miracolo" che è a disposizione di tutti.

Quindi, se volete prendervi una pausa zen, o semplicemente ritrovare il sorriso e un minimo di carica dopo una giornata stressante, il consiglio che ho da darvi è di mettervi seduti su una sdraio in balcone (o anche in strada o affacciati alla finestra) e iniziare a soffiare, soffiare, soffiare.

Se qualche vicino ci vedrà e penserà che siamo matti peggio per lui, noi sappiamo cosa si perde :-)

 

 

 

lunedì 13 luglio 2009

Incendi in allegria, la salute se la portan via

Ieri,

domenica 13 luglio, in quel di Roma, un deposito di autodemolizione (anche riportato come deposito di auto e gomme) è andato a fuoco.

L’incendio, forse doloso, si è sviluppato intorno alle 15.00 e per ore e ore ha diffuso i suoi fumi letali in un’area vastissima: vi basti pensare che si vedeva da più parti del raccordo e che a dieci chilometri di distanza il cielo era ricoperto da una patina grigia quasi fosse una giornata di plumbee nuvole. A vedere da (quasi) vicino l’incendio, pareva di essere sul set di un film post atomico, tanto era densa e terrificante la colonna di fumo che s’innalzava.

La notizia è questa:

http://roma.repubblica.it/dettaglio/Fiamme-in-deposito-auto-e-gomme-I-vigili-al-lavoro-da-sedici-ore/1672606

La considerazione è un’altra… Giorni fa su rassegnaecobio (http://rassegnecobio.myblog.it/archive/2009/07/07/incendio-all-inceneritore-di-piacenza-i-media-tacciono.html) ho pubblicato la notizia di un incendio non controllato a un inceneritore di Parma dove pare sia bruciata della carta non “filtrata” o comunque non pulita da scarti di plastica legno e metallo. Terranauta ha giustamente segnalato il fatto e ha anche evidenziato che c’era il rischio di alte emissioni di diossina.

Sul sito del WWF, trovo che la combustione dei soli copertoni delle tante macchine andate a fuoco domenica provoca il rilascio nell’atmosfera di tante simpatiche sostanze tossiche nonché come al solito cancerogene (http://www.wwfroma11.it/documenti/INCENERITORI.htm#Cemento%20e%20copertoni); c’è poi la sorpresa degli onnipresenti metalli pesanti a farci gioire ancora di più.

Non oso pensare cosa la combustione di lamiere, vernici e sedili/cruscotti/motori possa aver rilasciato nell’ambiente.

Eppure, le tante notizie che oggi (e per la cronaca, dopo 24 ore ancora ci sono dei focolai d’incendio nel deposito) si susseguono, non hanno minimamente tenuto conto del pericolo che questo evento può aver causato a migliaia di cittadini… sotto quella enorme nuvola ieri passeggiavano molte persone, e chissà cosa abbiamo respirato e respireremo nei prossimi giorni. Però, tutto tace.

Così come è accaduto altre volte in passato.

Tanto per fare un esempio, il 31 dicembre 2008 si è sviluppato un incendio in due capannoni nei pressi della Romanina (http://www.instablog.org/ultime/37565.html); cosa contenessero non ci è dato saperlo, cosa abbiamo respirato solo pochi lo sanno.

A questo punto, viene da chiedere per quale motivo fatti così gravi avvengano in una città che tra le più popolate d’Italia senza che nessuno paghi le giuste conseguenze per aver avvelenato l’aria dei cittadini. Viene da chiedere perché non si facciano controlli di sicurezza più che seri in posti che rappresentano un rischio per la popolazione e per quale motivo le amministrazioni tacciono sulle conseguenze che incidenti simili hanno sulla salute dei cittadini.

Sarà nostro diritto essere tutelati sotto questo aspetto o dobbiamo rivolgerci al santo patrono?

martedì 7 luglio 2009

Una pallina d'amido molto versatile

Dopo aver letto l'ennesima notizia di coloranti tossici nei giochi dei bambini, e di partite di giochi contraffatti provenienti dalla Cina, la triste constatazione che nemmeno quando giocano e si divertono sono al sicuro dalle contaminazioni ambientali è piombata sulla mia testa.

Bisfenolo, coloranti derivati dal petrolio, parti che possono essere ingerite facilmente... ma insomma, giocare è un momento ludico o un attentato alla salute?

Per fortuna in nostro aiuto arriva Happy Mais. Di cosa si tratta?

Happy mais è un giocattolo multifiunzione, che consente ai bambini di esprimere la loro fantasia utilizzandolo come costruzione, colore, disegno tridimensionale...E' per bimbi ma a esser sinceri solo a guardare il sito vien voglia anche agli adulti di giocarci!

E' un prodotto completamente ecologico e assolutamente biodegradabile, composto principalmente da amido di mais e privo di ogni tossicità.

I colori che compongono le singole unità sono alimentari, e secondo il produttore ovviamente senza controindicazioni.

Come giocarci? Come detto prima, in tanti modi, e consultando il sito ne scopriremo parecchi; va da sè che è anche molto bello consentire ai bimbi piccoli di giocare come meglio credono con questi puff, magari anche solo buttandoli in aria come fossero coriandoli o schiacchiandoli tra le mani (tutte cose che ho provato e che danno una goduria incredibile)

Il gioco è reperibile abbastanza facilmente sul territorio italiano, io l'ho visto da NaturaSì e in qualche erboristeria, e quanto prima lo comprerò per iniziare a giocarci e fare qualche Mandala tridimensionale!

happymais.jpg

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venerdì 3 luglio 2009

Più Bio

A chi avesse la fortuna di abitare a Roma e in una zona piuttosto vicina alla fermata metro Numidio Quadrato, oggi vorrei consigliare questo negozio :

PiùBio

E' un graziosissimo negozio/emporio di prodotti biologici e ovviamente naturali, dove la cortesia e l'attenzione del personale solo di prim'ordine.

PiùBio fa parte della catena di negozi del biologico B'io , rete di distribuzione creata dal marchio Ecor, da poco più di un anno fusosi con NaturaSì.

E' abbastanza logico quindi associare i negozi B'io ai supermercati Naturasì... sotto l'aspetto delle merci è plausibile accettare un pensiero del genere, ma essendo il negozio in questione un locale più piccolo dei supermercati Naturasì, questo consente a chi vi entra a far spesa di stare in una dimensione più familiare e confortevole.

Più Bio ha una buona scelta di verdure, una sfiziosissima varietà di salse, condimenti e scatolame e un trionfo di paste, cereali, farine e prodotti da forno. Non manca ovviamente il reparto bibite, dove ci sono dei vini decisamente interessanti, il reparto carni e prodotti da frigo (paste, latticini, uova, seitan tofu eccetera), il distributore di detersivi alla spina (fondamentale direi), e un corpulento reparto cosmetico che soddisferà parecchie esigenze. Ci sono anche integratori di altissima qualità (non quelli commercialissimi, insomma) dei quali ovviamente ho fatto "largo uso".

Come dicevo all'inizio, a parte l'ordine perfetto (mai una cosa fuori posto o roba pericolante) che regna nel locale e che ispira all'acquisto, il sorriso del personale e l'estrema disponibilità sono la prima cosa che colpisce l'avventore.

Detto questo, e giuro che non ho rapporti di affari o familiari con il negozio, vi invito a fare una visita per sperimentare di persona.

Più Bio

Via Marco Papio 82-84

telefono: 06/7141335

 

giovedì 25 giugno 2009

Eco pensieri di inizio estate

Se il meteo ce lo permette, possiamo dire di essere finalmente entrati nella stagione estiva.  Per i più fortunati, si avvicinano le vacanze, per molti o tutti è comunque un periodo di relax.

Relax che viene puntualmente insediato dalle troppe pubblicità che ci insinuano (molto) più o (poco) meno velatamente la possibilità di innumerevoli catastrofi estive.

Così, tra la radio e la pubblicità su giornali e internet, veniamo a sapere che:

1) abbiamo bisogno di assicurarci contro la rottura di vetri da parte di bambini che in estate giocano a pallone e con la fionda (?)

2) abbiamo bisogno di assicurare la nostra casa contro i furti che d'estate sanno tutti che sono più numerosi

3) abbiamo bisogno di assicurare le nostre vacanze da ogni eventualità, perchè ci vuole poco a beccarsi un'infuenza, una dissenteria, un braccio rotto. A proposito di influenza, mi pare veramente poco etico spingere sulla recente influenza suina per spingere le persone a comprare assicurazioni.

4) abbiamo bisogno di assicurare l'auto, i nostri cani, tra poco pure le posate e le piante che se dovesse cascarci un coltello o un vaso dal balcone non si sa mai cosa potrebbe succedere.

 

Questi sono ovviamente solo pochissimi esempi presi dalle martellanti pubblicità che rischiano di trasformare la stagione più gioiosa e ludica dell'anno in un trimestre di ansia estrema.

Eh si, perchè è ovvio che leggiamo questi messaggi con l'occhio assonnato e ascoltiamo la radio con mezzo orecchio,  ma alla fine lo stillicidio arriva seppur inconsciamente a minare le nostre spensieratezze.

Voglio dire, ma quanti di noi partono con l'idea che in vacanza sicuramente gli succederà qualcosa?

Io credo che la maggioranza parta con il desiderio di riposarsi, ritemprarsi, rilassarsi; c'è sempre qualche ipocondriaca eccezione, e c'è sempre la possibilità che si verifichi un incidente, ma a pensarci (e ad assicurarsi) su rischiamo di aprirci la strada verso l'accadimento dell'evento... In poche parole, rischiamo di tirarci addosso la sfiga.

Ma allora perchè permettere a questi tarli insidiosi di farsi largo nelle nostre menti e cedere al ricatto psicologico che "e se poi non ci assicuriamo e ci succede qualcosa?"

Per quale motivo si permette alle compagnie assicurative di rovinare le vacanze alle persone e di giocare sull'ansia e le paure?

Questi sono pensieri decisamente poco ecologici, e che ci riempiono di tossine emotive di difficile rimozione; così, carichi di preoccupazione sui probabili danni/furti/malanni, partiamo alla volta delle nostre mete (anche per una scampagnata fuori porta) carichi di pensieri da aggiungere a quelli relativi al sole che fa male, al cibo che in estate si avaria più in fretta, all'attenzione da porre al bagno post pranzo, alla gita nei boschi con l'ansia di incontrare una vipera.... E che vacanze sarebbero queste? Tanto vale restare in casa, blindarsi dentro e non uscire nemmeno per fare la spesa, tanto ce la facciamo consegnare a domicilio.

 

Bene faremmo a spazzare via tutto questo pattume, pensare in positivo e essere convinti del fatto che il sole e tre meravigliosi mesi di estate porteranno solo benefici e tante buone notizie. E sarebbe opportuno che ognuno di noi protestasse presso le associazioni dei consumatori contro questi messaggi apocalittici che ci tolgono l'allegria.

 

 

PS: in questo periodo di vacanza, ricordiamo che migliaia di persone a distanza di due mesi dal terremoto vivono ancora in condizioni più che precarie. Non dimentichiamoli.

venerdì 19 giugno 2009

Una mela al giorno... ma bio e di stagione

Prendo spunto da una traccia letta sul web, nel quale si consigliava di mangiare a fine pasto una mela ben matura.

A scanso di equivoci ribadisco una volta di più che la frutta di qualsiasi tipo non va mai mangiata a fine pasto perchè, a causa della differente digeribilità degli alimenti (la frutta se ne va dallo stomaco in mezz'ora/un'ora massimo, carne, grassi e cereali impiegano diverse ore), permanendo nello stomaco oltre il suo limite naturale inizia a fermentare e a produrre il tanto temuto gonfiore postprandiale che tutti temiamo e attribuiamo sempre alla non colpevole frutta.

Per tornare in tema, è bene sapere che le mele maturano sugli alberi verso la fine dell'estate (settembre-ottobre), e che si definiscono prodotti freschi fino a gennaio.

Dopo, inevitabilmente, sulle nostre tavole avremo solo frutta conservata con metodi più o meno controllati.

Come evidenziato nel blog Rassegnaecobio, tendenzialmente le mele vengono conservate in atmosfera modificata, soprattutto se parliamo di produzioni industriali, e nelle parti evidenziate che qui riporto ci sono dei punti che mi indurrebbero da oggi in poi a consumare le mele solo per pochi mesi l'anno:

..La conservazione in atmosfera modificata di fatto non garantisce una maggiore conservabilità, ma piuttosto permette una migliore presentazione del prodotto, perché si mantengono più a lungo certe caratteristiche che sono percepite dal consumatore come indice di freschezza: ad esempio, la carne di bovino di un colore rosso vivo piuttosto che tendente al rosso scuro...

Ma occorre anche tenere presente che il gas, dissolvendosi nel prodotto, si combina con i diversi componenti del prodotto alimentare in modo lento ma irreversibile e tende ad abbassare il pH con ripercussioni, come la denaturazione di enzimi, che possono causare cambiamenti sulle caratteristiche organolettiche del prodotto, come l’odore.  (fonte: torinoscienza)

 

C'è un altro discorso da considerare, anche quando le mele sono semplicemente conservate in celle frigorifere a una temperatura di pochi gradi ma che non arriva mai alla congelazione del frutto... Secondo voi, dopo mesi e mesi che la mela è stata staccata dall'albero e che non vede la luce del sole ma anzi è conservata a basse temperature, che proprietà nutrizionali potrebbe avere? Come facciamo a mangiare senza pensarci un frutto colto dieci mesi prima? Ci stiamo mangiando una mummia e non ne siamo consapevoli...

Per fortuna ci penserà nel futuro prossimo il Codex Alimentarius che irradierà tutto il cibo ammazzando virus batteri e proprietà nutritive per portare sulle nostre tavole roba raccolta due anni prima ma dall'aspetto sanissimo e lucentissimo!

 

Affrontiamo il discorso bio: gli alberi di mele sono alcune tra le coltivazioni più irrorate di pesticidi/anticrittogamici e chi più ne ha più ne metta. Ti dicono di togliere la buccia, ma la buccia è ricca di fibre e sarebbe bene mangiarla; perchè dovrei comprare un prodotto che naturalmente sarebbe completamente edibile ma che l'uomo ha talmente avvelenato tanto da costringerci a spogliarlo di una sua buona parte?

Ma non è finita... per evitare di mangiare i pesticidi (guardate il rapporto di Legambiente pesticidi nel piatto per rendervi conto di quanto in Italia cresca ogni anno il consumo di chimica nell'agricoltura), non sarebbe sufficiente rimuovere solo la sottile buccia, ma dovremmo (soprattutto se è destinata ai bambini) togliere anche parte della polpa sottostante, perchè i prodotti chimici superano la barriera della buccia e si depositano sui primi millimetri del frutto; quindi, ulteriore spreco che ci porta a buttare via almeno un 10% del frutto comprato.

Lasciando perdere i costi sociali che si dovrebbe aprire un vaso di pandora, qual'è il costo personale di una mela proveniente da agricoltura convenzionale? Di sicuro alto, in salute se non si adottano gli accorgimenti di cui sopra (ricordiamoci che pesticidi e concimi e altro si depositano nelle parti grasse del nostro corpo e ci vuole l'FBI per toglierceli di dosso), e nel portafoglio perchè compriamo un prodotto e ne dobbiamo scartare un bel pò.

A chi conviene?